Vale 140 miliardi di euro il mercato dei minibond italiani. Il calcolo è di Cerved Group, che in un report appena pubblicato (clicca qui per scaricarlo) stima in poco più di 34 mila il numero delle piccole e medie imprese potenzialmente adatte all’emissione di minibond, per un giro d’affari complessivo di 785 miliardi, margini operativi lordi di 58,4 miliardi e appunto esposizione verso le banche per 140 miliardi, dei quali 58,3 miliardi a breve e 81,7 miliardi oltre un anno, cui corrispondono oneri finanziari per 7,6 miliardi. Lo ha anticipato lo scorso giovedì 31 ottobre MF-Milano Finanza.
Il calcolo, basato sugli ultimi bilanci disponibili, prende in considerazione le 34 mila società con ricavi compresi tra 5 e 250 milioni di euro alle quali Cerved assegna un rating uguale o superiore a B1.2, che nella scala Cerved comprende due classi dell’area “solvibilità” (21 mila aziende con rating B1.1 e B1.2) e cinque classi dell’area “sicurezza” (14 mila aziende con rating compreso tra “eccellenza” A1.1 e A3.1). Teoricamente le società emittenti di minibond sono anche di più, perché la normativa si applica a tutte le società non quotate ad esclusione delle microimprese, il che significa, secondo gli archivi Cerved, ben 156 mila aziende. E’ molto improbabile, però, che aziende con un fatturato inferiore ai 5 milioni emettano dei bond e quindi, escludendo queste, si arriva a 52 mila società. Se poi si considerano soltanto quelle con rating investment grade, allora si arriva a 35 mila, dalle quali vanno poi escluse le 737 società che hanno fatturato superiore ai 250 milioni di euro, le quali, pur potendo beneficiare delle nuove norme sui minibond, certo non erano l’oggetto dell’azione di stimolo per cui è stata introdotta la nuova disciplina a fine 2012. La maggior parte della carica delle 34 mila società non raggiunge comunque i 50 milioni di fatturato (31 mila aziende) e ha sede soprattutto in Lombardia (11 mila aziende), Veneto (4,6 mila) ed Emilia Romagna (4 mila).
Un’anteprima di questo spaccato lo aveva dato a MF-Milano Finanza lo scorso luglio Gianandrea De Bernardis, amministratore delegato Cerved, quando con i dati allora disponibili il calcolo relativo ad aziende con un fatturato compreso tra i 2 e i 50 milioni considerate solvibili risultavano essere 54,6 mila, cioè il 47% del totale delle aziende di quelle dimensioni. «Si tratta di un numero di imprese solvibili analogo a quello calcolato nel 2007 (54,5 mila), cioè prima dello scoppio della crisi, ma allora quel numero rappresentava una percentuale più bassa del totale, il 43%», aveva detto De Bernardis, sottolineando che “quel dato sta a indicare che nel frattempo la crisi ha provocato una selezione naturale delle imprese e che quelle che sono sopravvissute oggi sono più solide». In effetti, il trend è stato confermato. In termini assoluti, i dati indicano una forte riduzione dell’area di rischiosità (8,5 società in meno da 26,6 mila tra il 2007 e il 2011) e una più lieve dell’area di vulnerabilità (3,6 mila società in meno da 44,5 mila).