Non ci sarà nessun canale regolatorio preferenziale per le banche fintech. Anzi, potrebbero avere bisogno di capitali in più. Lo scrive oggi MF Milano Finanza, riferendo sui contenuti della Guida per la verifica delle richieste di licenza bancaria provenienti da società del mondo fintech stilata dalla Banca Centrale Europea e pubblicata per consultazione lo scorso 21 settembre.
Giovedì 26 ottobre 2017 la Bce terrà un’audizione pubblica presso la sua sede a Francoforte, che sarà trasmessa in streaming nella sezione dedicata alla consultazione sul sito internet della vigilanza bancaria della stessa Bce. Una volta chiusa la consultazione, il prossimo 2 novembre, la Bce renderà noti i commenti pervenuti unitamente a un resoconto della consultazione (si veda qui il comunicato stampa).
La guida riguarda soltanto le banche fintech, cioè i soggetti fintech la cui attività consiste nel raccogliere depositi o altri fondi rimborsabili dal pubblico e nel concedere crediti per proprio conto. Soggetti, quindi, che si classificano come enti creditizi, secondo l’art. 4.1 del Reg. UE/575/2013.
Ebbene nella guida la Bce innanzitutto chiarisce che a questi soggetti fintech si applicano gli stessi criteri previsti per le strutture tradizionali, per mettere tutti i soggetti regolati sullo stesso piano. Ma non basta, perché l’Autorità di vigilanza europea prende garbatamente le distanze dal settore, evidenziando alcuni rischi specifici delle banche fintech e segnalando quindi un maggior bisogno di capitalizzazione per fronteggiare presunte maggiori potenziali perdite e un maggior bisogno di liquidità.
Si tratta della seconda doccia fredda in due giorni per le società fintech, dopo le parole del direttore generale di Banca d’Italia, Fabio Panetta, in occasione del suo intervento martedì 26 settembre all’inaugurazione del Fintech District a Milano (si veda altro articolo di BeBeez). Panetta aveva infatti già chiarito che “va garantita la parità di condizioni tra operatori tradizionali e nuovi operatori, per stimolare una concorrenza sana, basata sul principio secondo cui a rischi uguali si applicano norme anch’esse uguali. In questo quadro, una regolamentazione ad hoc per le fintech non risponderebbe a criteri di efficacia”(clicca qui per il testo integrale dell’intervento).
Alessandro M. Lerro, esperto di finanza alternativa, presidente dell’Associazione Italiana Equity Crowdfunding e cofondatore della neonata associazione di settore AssoFintech, commentando il documento ha segnalando che “i criteri indicati dalla Bce per analizzare i rischi sono tipici della banca tradizionale e piuttosto lontani dai modelli che si vanno affermando nel fintech, caratterizzati dall’attenzione ai servizi più che agli impieghi. Peraltro, anche le banche tradizionali fanno ampio uso della tecnologia, del cloud, di servizi in outsourcing, e quindi fronteggiano i medesimi rischi delle nuove realtà imprenditoriali”. Soprattutto, ha aggiunto Lerro, “il documento della Bce sembra ignorare le conclusioni del Comitato di Basilea sulla Supervisione Bancaria, che ha chiaramente delineato nuovi ruoli per gli operatori finanziari, disegnando profili quali quello della ‘banca disintermediata’ o della ‘banca distribuita’, senza appiattire i modelli di business delle fintech a una banale evoluzione informatica della banca tradizionale”.
La Bce pare particolarmente preoccupata del fatto che lo startup della banca fintech possa fallire e che quindi i correntisti vengano salvaguardati sin dall’inizio, chiedendo alla startup di dotarsi sin da subito dei capitali necessari a coprire le perdite (si veda il Box 7 del documento). In sostanza la startup dovrà dimostrare alle Autorità di vigilanza di essere dotata di sufficienti capitali a riserva per coprire le perdite fisiologiche legati al lancio del business nei primi tre anni di vita e, in alcuni casi, anche per coprire i costi relativi a un eventuale piano di uscita dal business che non imponga perdite ai depositanti, ma venga tutto condotto attinendo ai fondi propri della banca fintech. A questo fine alle Authority andrà fornito un business plan che vada a dettagliare tutte le perdite previste nei primi tre anni di vita e i flussi finanziari del periodo che porti al punto di breakeven.
C’è poi la questione del rischio di fuga dei depositi. Secondo la Bce, chi deposita i propri risparmi online è per definizione un correntista meno fedele di quello della banca tradizionale e quindi più propenaso a chiudere il proprio conto web e riaprirne un altro online, se trova una banca fintech concorrente che offre condizioni più interessanti. In sostanza, quindi, i depositi della banca fintech sono più volatili di quelli di una banca tradizionale e quindi la banca fintech dovrebbe dotarsi di un cuscinetto di capitale in più, per proteggersi dal rischio di liquidità.