Lunedì 22 luglio gli Stati membri dell’Unione Europea avrebbero dovuto adottare le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva 2011/61/Ue (direttiva sugli Alternative investment fund manager, Aifmd) relativa ai gestori di fondi di investimento alternativi. Si tratta dei fondi chiusi immobiliari, di private equity, di private debt, i fondi infrastrutturali e gli hedge fund. Insomma i fondi diversi da quelli aperti tradizionali, disciplinati dalla direttiva Ucits IV.
In sostanza, la direttiva prevede l’applicazione ai gestori stessi di regole di condotta, di trasparenza informativa e di requisiti patrimoniali, organizzativi e di controllo del rischio analoghi a quelli previsti per le società di gestione di fondi comuni armonizzati. In
base alle nuove norme, i gestori europei autorizzati ai sensi della AIFMD potranno commercializzare liberamente in tutta l’Unione Europea, nei confronti di investitori professionali, fondi di investimento alternativi da essi gestiti; essi potranno inoltre gestire
fondi alternativi riservati a investitori professionali negli altri paesi dell’Unione Europea su base transfrontaliera o con stabilimento di succursali.
Contemporaneamente i l 22 luglio 2013 è entrato in vigore anche il Regolamento delegato (UE) n. 231/2013, che contiene disposizioni attuative della AIFMD in tema di deroghe, condizioni generali di esercizio, depositari, leva finanziaria, trasparenza e sorveglianza, il cui contenuto risulta sostanzialmente coerente con la normativa regolamentare nazionale attualmente vigente. E. sempre il 22 luglio, sono entrati in vigore i due regolamenti sui fondi europei di venture capital (n. 345/2013) e ai fondi europei per l’imprenditoria sociale (n. 346/2013). Anche in questo caso gli Stati membri devono designare per tempo le autorità competenti per l’autorizzazione e la vigilanza dei gestori e per sanzionare le violazioni.
In un ampio servizio pubblicato su MF-Milano Finanza sabato 20 luglio, si sottolinea che come al solito l’Italia è in ritardo nel recepimento delle direttive, anche se questa volta il ritardo dovrebbe essere limitato, visto che da inizio luglio sul sito del ministero dell’Economia e delle Finanze è stata pubblicata, per consultazione sino allo scorso luglio, la bozza di documento contenente le principali modifiche da apportare al Testo unico della Finanza, in modo da adeguarlo alla disciplina europea. Il tutto è stato fatto per accelerare i tempi, mentre la delega legislativa è ancora in corso di approvazione in Parlamento.
Detto questo, mentre per l’applicazione della direttiva Ue in Italia è necessaria una legge che la recepisca, i regolamenti europei sono invece immediatamente efficaci nei Paesi membri, una volta entrati in vigore. Quello sui fondi di venture capital recepisce le proposte della Commissione Ue in tema di passaporto europeo per i venture con l’obiettivo di stabilire regole standard per i fondi, che potranno così avvantaggiarsi rispetto ai concorrenti nella raccolta dei capitali in tutto il territorio della Ue. Allo stesso modo il Regolamento sui fondi per l’imprenditoria sociale stabilisce norme uniformi applicabili a veicoli di questa categoria che desiderino raccogliere risorse in tutta l’Unione, e impone obblighi corrispondenti ai loro gestori in tutti gli Stati membri.
Lo scorso 26 luglio Consob e Banca d’Italia in una comunicazione congiunta (scarica qui la Comunicazione Consob-Bancad’Italia) hanno quindi annunciato le norme transitorie che fissano il 22 luglio 2014 come data entro la quale i gestori di fondi alternativi dovranno adeguarsi alle nuove norme. In particolare, nella Comunicazione, si legge che “considerata l’efficacia diretta, nell’ordinamento nazionale, del Regolamento UE (n. 231/2013, ndr) nonché di quelle disposizioni della direttiva che devono ritenersi, per costante giurisprudenza, selfexecuting in virtù del loro contenuto positivo, chiaro, preciso e dettagliato (tra cui quelle concernenti la disciplina transitoria e l’operatività transfrontaliera dei gestori), la Banca d’Italia e la Consob, in qualità di autorità competenti, forniscono, secondo un’impostazione condivisa dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, alcuni chiarimenti e indicazioni tesi a chiarire le regole applicabili dal 22 luglio 2013 e sino all’entrata in vigore delle disposizioni nazionali di recepimento della AIFMD. Le indicazioni contenute nel presente documento risultano coerenti con le disposizioni contenute nello schema di decreto legislativo posto in consultazione dal Ministero dell’Economia e delle Finanze”.
Nei documenti (per accedere ai documenti clicca qui ) che accompagnano lo schema di decreto del Tesoro in consultazione, si legge anche che «le numerose modifiche da apportare al Tuf per adeguarlo alla disciplina europea in materia di fondi alternativi e l’uso sempre più frequente, in ambito europeo, dello strumento del regolamento delegato della Commissione Ue in materia di gestione collettiva del risparmio, rendono necessario un ripensamento della struttura del Titolo III del Tuf nonché dell’impianto definitorio presente nel Testo unico». Nel dettaglio si propone una suddivisione delle norme sulla gestione collettiva del risparmio secondo macro aree: soggetti autorizzati italiani e attività esercitabili ai sensi delle direttive Ucits e Aifmd; disciplina degli Oicr italiani; operatività transfrontaliera dei gestori italiani ed esteri; commercializzazione in Italia di Oicvm e fondi alternativi; obblighi supplementari per le sgr i cui fondi alternativi acquisiscono partecipazioni rilevanti e di controllo; disciplina del depositario.
«La sensazione è che il ministero stia anticipando nelle norme italiane i contenuti della prossima direttiva Ucits V, che applicherà anche ai fondi armonizzati aperti molti dei concetti introdotti dalla direttiva Aifmd in relazione ai soli fondi alternativi», ha spiegato a MF-Milano Finanza Riccardo Lamanna, managing director di State Street Global Services in Italia, che ha proseguito: «In generale, però, vale il concetto che sgr e banche italiane sono soggette a norme e regolamenti nazionali più restrittivi di quelli introdotti dalla Aifmd, che però a loro volta risultano più severi rispetto a norme e regolamenti al momento in vigore in altri Paesi europei. Ciò significa che su alcuni temi per gli attori italiani ci troviamo di fronte a una sorta di liberalizzazione dell’attività».
La Aifmd, che si applica alle società di gestione di fondi di investimento alternativi, ma non ai fondi stessi, dispone procedure operative e sistemi di gestione del rischio e della liquidità più severi rispetto a quelli oggi esistenti per i gestori in molti Paesi Ue. Inoltre incentiva la trasparenza nei confronti degli investitori e introduce requisiti di capitale minimo e regole sulla remunerazione dei gestori più stringenti. Come contropartita dell’aumento delle regole, la direttiva introduce un passaporto europeo per i gestori alternativi che vogliano collocare i propri fondi presso gli investitori professionali. Ma il punto è che i fondi alternativi di diritto italiano rispondono già ai requisiti imposti dalla normativa comunitaria. Dunque, per il nostro ordinamento, la novità più importante è rappresentata dall’istituzione del nuovo passaporto europeo, che consentirà ai fondi alternativi italiani di essere commercializzati in tutta la Ue e, viceversa, a quelli europei di essere commercializzati in Italia. Il che significa più possibilità di concorrenza da parte dei gestori esteri nei confronti di quelli italiani.