Soltanto sette fondi pensione negoziali su 32 censiti hanno investito o hanno intrapreso i primi passi per investire nell’economia reale, tramite fondi di investimento o mandati specializzati. Si tratta di Alifond, Byblos, Eurofer, Laborfonds, Pravaer, Priamo e Solidarietà Veneto.
E’ emerso ieri dal “Rapporto sui fondi pensione negoziali 2017” presentato a Roma in occasione dell’Assemblea annuale di Assofondipensione, dove hanno fatto gli onori di casa il presidente Giovanni Maggi e il vice presidente Roberto Ghiselli e a cui sono intervenuti tra gli altri il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia, il ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali Giuliano Poletti, il sottosegretario del ministero dell’Economia e delle Finanze Pierpaolo Baretta, il responsabile Servizio Politiche Previdenziali della Uil Fabio Porcelli e il presidente della Covip Mario Padula. I lavori si sono aperti con la relazione del presidente di Assofondipensione (si veda qui il comunicato stampa).
Più nel dettaglio, al 30 giugno 2017 l’ammontare complessivo degli investimenti già effettuati dai fondi pensione italiani attraverso strumenti specializzati in private debt, private equity, infrastrutture ed energie rinnovabili ammontava a 122,5 milioni di euro, pari allo 0,3% degli investimenti diretti e in gestione totali dei fondi pensione.
Degli investimenti italiani di private capital, la quota maggiore va agli investimenti in private debt (74,1%), seguiti dal private equity (16%), dalle energie rinnovabili (7,2%) e dall’housing sociale (2,8%). L’impegno complessivo assunto era invece pari a 331,7 milioni, di cui 181,7 milioni in Italia.
Va sottolineato, però, che da soli Laborfonds e Solidarietà Veneto e pesano per rispettivamente per il 36,6% e il 22,8% del totale degli impegni in private capital e per il 39,3% e per il 41,4% del totale degli impegni in private capital italiani.
Dei 181,7 milioni di euro di impegni in economia reale focalizzati sul territorio italiano, la quota maggiore spetta sempre agli investimenti in private debt (74,1%), seguiti dal private equity (16%), dalle energie rinnovabili (7,2%) e dall’housing sociale (2,8%). Non vi sono investimenti infrastrutturali in Italia da parte dei fondi pensione negoziali.
Più in particolare, gli impegni di investimento più importanti sono stati presi da parte di Labofonds (53,4 milioni) nel Fondo Strategico Trentino Alto Adige dedicato al private debt e gestito da Finanziaria Internazionale Investments sgr e da parte di Solidarietà Veneto (46,256 milioni) come mandato di gestione in private debt sempre a Finanziaria Internazionale Investments sgr. Segue poi l’impegno del fondo Priamo per 15 milioni di euro nel fondo di fondi private debt gestito da Fondo Italiano d’Investimento sgr. Ci sono poi i 13 milioni di euro di impegni di Laborfonds nel fondo dedicato alle energie rinnovabili gestito da Quadrvio Capital sgr; i 10 milioni di impegni di Solidarietà veneto in Alcedo IV, gestito da Alcedo sgr; i 7 milioni ciascuno investiti sempre da Solidarietà Veneto sia in Assietta Private Equity III gestito da Assietta Private Equity sgr sia in Fondo Sviluppo pmi gestito da FVG sgr; e poi i 5 milioni sottoscritti da Solidarietà Veneto in Alto Capital IV gestito da Alto Capital Partners sgr, i 5 milioni di impegni di Alifonds nel fondo di direct lending dedicato alle fatture comemrciali Supply Chain gestito da Groupama Asset Management sgr e altri 5 milioni sottoscritti da Byblos sempre nel Supply Chain fund.
Si tratta però in generale di numeri ancora molto piccoli rispetto agli asset in gestione dei fondi in questione. Gli investimenti diretti e indiretti dei fondi pensione negoziali, infatti, a fine giugno ammontavano a 47,3 miliardi di euro. Di questo totale, il 45,9% era investito in titoli di Stato, il 20,4% in azioni e altri titoli di capitale, il 17,6% in obbligazioni, l’8% in fondi comuni e Etf, il 7,2% in depositi bancari e il restante 0,9% in altre attività. Rispetto a fine 2016 si era ridotta notevolmente la quota di titoli di Stato (dal 55,1%) a favore di una maggiore presenza in portafoglio di obbligazioni, azioni e altri titoli di capitale, fondi e depositi bancari.
Tuttavia, se si restringe il punto di osservazione all’Italia, soltanto il 32,3% degli investimenti dei fondi pensione negoziali era allocato nel nostro Paese e di questa quota la stragrande maggioranza era rappresentata da titoli di Stato (83,5%), seguiti da depositi bancari (9,3%), obbligazioni (3,8%), azioni (3,3%), quote di fondi e Etf (0,1%) e dai depositi bancari (9,3%). Questo significa che il 7,1%, ossia poco meno di 1 miliardo di euro, risultava investito dai fondi pensione negoziali in aziende italiane tramite l’acquisto di titoli di capitale o titoli di debito.
Maggi ha poi sottolineato che “i fondi negoziali sono ormai investitori istituzionali maturi, capaci di essere doppiamente utili all’economia del Paese: da una parte come collettori del risparmio previdenziale, dall’altra come finanziatori dell’economia produttiva. Tenendo in considerazione gli incentivi fiscali introdotti dalla recente normativa, l’Associazione si propone di trovare una sintesi di sistema che crei le condizioni per consentire ai fondi pensione di destinare, liberamente e volontariamente, almeno una parte del risparmio previdenziale al finanziamento dell’economia reale e allo sviluppo infrastrutturale. Ciò in cambio di buoni rendimenti e adeguate condizioni di controllo del rischio per gli aderenti”.