Si chiama Cerberus la start up che ha vinto il premio messo in palio da DVR Capital Lab, il laboratorio di idee lanciato da DVR Capital, lo scorso 9 maggio in occasione del primo degli incontri che saranno via via organizzati sui temi più vari ma tutti allo scopo di condividere alcune passioni dominanti: lo sviluppo dell’Italia, lo sguardo positivo verso il futuro, la tecnologia digitale e l’innovazione.
A contendersi il premio, che è stato assegnato dal pubblico presente all’incontro di DVR Capital Lab, c’erano Cerberus e EZDriver, entrambe start up che stanno crescendo nell’ambito dell’acceleratore d’impresa del Politecnico di Milano e che sono accompagnate nel loro percorso da Andrea Rangone, professore ordinario di Business Strategy ed E-business del Politecnico di Milano, ma soprattutto fondatore e direttore degli Osservatori ICT Management della School of Management dello stesso Politecnico, nell’ambito dei quali ha lanciato il progetto Start-up Boosting, una nuova iniziativa finalizzata a supportare la nascita e lo sviluppo di nuove imprese in ambito digitale in Italia.
“L’Italia è il Paese europeo con il minore tasso di imprenditorialità. Lo studente americano per studiare si indebita, quello italiano ha il family incubator”, ha detto provocatoriamente Rangone in occasione del suo intervento all’incontro del DVR Capital Lab. Ma Rangone ha però corretto anche il tiro: “I grandi venture capital in Italia non vengono, ma c’è una ricchezza del Paese che in parte deve andare alle start up, che ci sono. E dovrebbero essere molte di più. Lo spirito di imprenditorialità in Italia ce l’abbiamo eccome, è solo atrofizzato”.
Di giovani con idee buone infatti ce ne sono. Cerberus, per esempio, è una start up fondata dal giovane Luca Sagarìa che l’anno scorso ha lanciato un’applicazione per smartphone e tablet che utilizzano Android che, se scaricata sul proprio apparecchio, permette di ritrovarlo se perso o rubato. L’app permette non solo di individuare il luogo dove si trova il telefono o il tablet, ma anche di fare una serie di operazioni, come quella di fotografare l’eventuale ladro a sua insaputa. Al momento l’app, che è tradotta in 30 lingue, è già installata su un milione di apparecchi a livello internazionale, con l’Italia che è solo il quinto bacino di clienti, e Cerberus ha già venduto 200 mila licenze da 2,99 euro l’una.
Quanto a EZDriver, anche in questo caso si tratta di una start up creata per lanciare un’applicazione per smartphone e tablet. L’app permette all’utente di individuare e chiamare la macchina con autista privato più vicina, che faccia parte della rete EZDriver. Il tutto con pagamento con carta di credito e a un prezzo del 20-30% inferiore a quello delle normali auto blu, con prezzi fissi per tratta e possibilità di prenotare in anticipo. Il servizio partirà a Milano il prossimo 23 maggio e poi sarà esteso alle principali città italiane.
Ma dall’acceleratore del Politecnico di Milano è passata anche Jusp, società che propone agli esercenti un device compatto, provvisto di display e tastiera numerica, che, inserito nella presa audio dello smartphone, permette di avere a disposizione un vero e proprio POS, offrendo la possibilità di accettare carte di credito e bancomat in mobilità e in totale sicurezza.
A raccontarne l’esperienza è stato il ceo Stefano Calderano (un passato in BNL, Banca Intesa e Poste Italiane), tra gli investitori come business angel dal 2011, così come lo è il cfo Paolo Guida, e altri rappresentanti del mondo dei pagamenti e delle startup, come Bruno Spadoni (ex DG Setefi), Giulio Valiante (Saldi Privati, Jobrapido) e Simone Ranucci Brandimarte (Glamoo). Jusp, fondata da Jacopo Vanetti e Giuseppe Nicola Saponaro, proprio lo scorso aprile si è assicurata un finanziamento da 6 milioni di dollari da parte di Vertis Venture e di Principia II, due venture capital italiani che insieme hanno condotto quello che è stato sinora il più importante investimento di venture in Italia (si veda altro articolo di BeBeez). “Non è stato per nulla facile. Ci abbiamo messo un anno per trovare i soldi”, ha spiegato Catalano, che ha continuato: “All’inizio siamo andati dai pochi venture italiani che ci sono, ma nessuno poteva investire singolarmente una simile cifre. Allora siamo andati dai venture stranieri, ma per loro invece si trattava di una cifra troppo piccola. Alla fine siamo riusciti a trovare la quadra, grazie alla collaborazione dei due venture italiani che hanno deciso di lavorare insieme”.