Perché l’equity crowdfunding possa decollare in Italia sarebbero necessarie alcune modifiche chiave al regolamento Consob. E’ quanto emerso lo scorso martedì a Milano in occasione del dibattito tra addetti ai lavori organizzato dall’European Crowdfunding Network (si veda altro articolo di BeBeez).
Come già evidenziato in un’inchiesta di MF Private Equity (si veda altro articolo di BeBeez), a un anno e mezzo dal varo della normativa Consob sull’equity crowdfunding, il bilancio dei risultati non è proprio positivo. Sebbene le piattaforme registrate presso gli elenchi dell’Authority siano in realtà parecchie, quelle già operative sono soltanto 4 (Unicaseed, StarsUp, AssitecaCrowd e SmartHub) e al momento i progetti finanziati con successo si contano sulle dita di una mano.
A ribadire questi numeri è stato anche Giancarlo Giudici, responsabile dell’Osservatorio del Politecnico di Milano sul Crowdfunding, in occasione del convegno di Ecn. Giudici, riferisce Crowdfundingbuzz che per BeBeez era presente all’evento, ha sottolineato in particolare che le startup innovative finanziate con successo sono state solo quattro in tutto, mentre cinque sono stati i progetti chiusi senza successo. I fondi raccolti sono stati in totale 1.3 milioni di euro, grazie a 134 investitori a fronte, mediamente, di un capitale in offerta pari a circa il 25%. Dato ancora più allarmante è che i cinque casi chiusi senza successo hanno raggiunto solo il 4,8% del target.
All’atto dell’iscrizione al convegno, i partecipanti avevano la possibilità di votare le modifiche al regolamento da proporre al Ministero dello Sviluppo Economico e a Consob, nonché di proporne di proprie.
Claudio Bedino, fondatore e ceo di Starteed, ha illustrato i risultati del sondaggio evidenziando che le modifiche più sentite riguardano l’allargamento ulteriore delle società autorizzate a raccogliere sulle piattaforme di equity crowdfunding, l’innalzamento del limite di investimento di 500 euro per evitare gli obblighi Mifid, l’abolizione dell’obbligo che il 5% del round sia sottoscritto da almeno un investitore istituzionale e la possibilità di aprire un secondo mercato per negoziare le quote delle società finanziate al fine di renderle meno illiquide.
Sull’ultimo punto, però, le discordanze sono state parecchie. Piattaforme e consulenti specializzati tendono infatti a sostenere l’abolizione del 5% obbligatorio per gli investitori istituzionali, mentre gli esponenti del mondo finanziario tradizionale, ne sostengono addirittura l’innalzamento, alcuni sostenendo che serve ancora più tutela per il risparmiatore, altri che si dovrebbero invece obbligare banche e sim a investire a fronte del raggiungimento di una quota minima del target. In ogni caso, una trattazione più completa della materia, anche con un confronto con quanto accade invece nel Regno Unito, si può trovare in questo articolo di Crowdfundingbuzz,
A conclusione del convegno, Irene Tordera, coordinatrice dell’evento per Ecn, ha ribadito che le indicazioni rilevate verranno raccolte in un libro bianco che verrà sottoposto al Mise e a Consob