Sono in due pretendenti a contendersi il controllo di Sirti, l gruppo leader nel settore dell’ingegneria e dell’impiantistica di reti tlc. Da un lato c’è il gruppo industriale di telecomunicazioni Zte (cinese) e dall’altro il fondo Orlando Italy, specializzato in ristrutturazioni aziendali. Lo ha scritto nei giorni scorsi Il Sole 24 Ore.
Oggi Sirti è partecipata al 26,84% da Intesa Sanpaolo (socia dopo aver convertito anni fa un prestito convertendo di 40 milioni ma anche creditrice per circa 200 milioni) e per il restante 73,16% dalla holding Hiit spa, nella quale sono concentrati gli investimenti dei soci industriali (la Techint in particolare e Stella Jones Partecipations), i fondi di private equity (Euraleo, Investindustrial, Clessidra e 21 Investimenti) e dei fondi di mezzanino (Ver Capital, Emisys Capital, Industrial Opportunty e Blue Skye).
Gli azionisti di Sirti da mesi si stanno confrontando sulla strategia da adottare e a tal fine hanno dato mandato all’advisor Lazard di affiancarli. Secondo quanto riferito da MF-Milano Finanza, Intesa Sanpaolo ha già fatto sapere di essere pronta a supportare la ricapitalizzazione, mentre il fondi avrebbero intenzione di disinvestire. da qui la necessità di un nuovo socio forte. Sirti, però, potrebbe essere anche il candidato ideale per il nuovo Fondo Salvaimprese, sempre che il fondo diventi operativo a brevissimo. Peraltro proprio Orlando Italy è uno dei fondi candidati a partecipare al capitale del nuovo veicolo di investimento promosso dal governo (si veda altro articolo di BeBeez).
I conti di Sirti in effetti sono da emergenza. Il debito finanziario netto è salito dai 189,5 milioni di fine 2013 ai 280 milioni del 31 agosto 2014. E proprio i conti dei primi otto mesi del 2014 sono stati l’elemento che ha portato Sirti ad abbattere il capitale e a ricorrere all’utilizzo di parte delle riserve, dopo che il rosso complessivo come emerge dal verbale dell’ultima assemblea straordinaria di metà dicembre ammontava a oltre 64 milioni.
La perdita è legata essenzialmente a poste finanziarie straordinarie (come i 22 milioni di svalutazione dei goodwill inseriti nel bilancio 2013 e i 16 milioni di accantonamenti per il contenzioso aperto dal fisco in seguito all’operazione di leverage buy out). Industrialmente, infatti, il business del gruppo non ha problemi: a fine agosto i ricavi ammontavano a 387,1 milioni con un ebitda di 19,1 milioni mentre a fine 2013 i ricavi erano di 635,2 milioni e il mol di 25,48 milioni.
La storia di Sirti. Risale alla fine del 2000 il primo buyout che ha riguardato Sirti. In quell’occasione Sirti, quotata a Piazza Affari, era stata oggetto di un’opa da parte di Wiretel spa, una società veicolo controllata dalla lussemburghese Wiretel International sa, che a sua volta faceva capo per il 61% alla lussemburghese Hilux sa e per il 39% ai fondi di private equity di Interbanca, 3i e 21 Investimenti, tutti con quote paritetiche. Hilux, a sua volta, faceva capo alla lussemburghese 21 Tech sa (66,6% Techint, 33,3% 21 Investimenti) e a Stella Jones Partecipations, a sua volta controllata da Stella International e da James Jones & Sons ltd. Il finanziamento dell’operazione, del valore complessivo di circa 165 milioni di euro, era stato organizzato allora da Interbanca. Al termine dell’opa, Wiretel spa aveva acquisito il 50,13% del capitale di Sirti.
Successivamente, nel luglio 2003, gli stessi azionisti di Wiretel International sa, tramite la nuova società veicolo Wiretel 2 spa, avevano lanciato una nuova offerta pubblica di acquisto parziale (nel frattempo però anche Investindustrial era entrato nella partita, perchè aveva rilevato da 21 Investimenti un 16,7% di 21 Tech, e insieme a 21 Investimenti era entrato anche nel capitale di Wiretel International, si veda qui il documento di offerta). A seguito dell’opa, Wiretel 2 otteneva il controllo di un pacchetto del 20% del capitale di Sirti, che, sommato a quello in capo a Wiretel spa, rappresentava il 70,13% del capitale del gruppo tlc.
Alla fine del 2004 alcuni dei fondi azionisti di Sirti volevano uscire dall’investimento. Così nel dicembre di quell’anno aveva luogo un nuovo riassetto azionario del gruppo, con l’ingresso nel capitale anche di Clessidra. Nel dettaglio, Wiretel spa e Wiretel2 spa, che a quel punto controllavano il 69,5% del capitale di Sirti, cedevano il loro pacchetto di azioni Sirti a Sistemi tecnologici holding (Sth), una società veicolo controllata al 57% dai fondi di Investindustrial e di Clessidra di Claudio Sposito e partecipata al 3% dal fondo Giada Equity della 21 Partners sgr di Alessandro Benetton e al 40% dai soci industriali Techint e Stella Jones. Dalla vecchia compagine azionaria, dunque, uscivano Interbanca e 3i. Il pacchetto della maggioranza di Sirti era stato girato al prezzo di 1,91 euro per azione, per un esborso complessivo di 294,7 milioni di euro che veniva finanziato per circa due terzi con ricorso al debito erogato da un pool di banche organizzato dall’allora Banca Intesa, Interbanca e Bnl.
A fine 2007 gli azionisti finanziari e industriali di Sirti decidevano di salire ulteriormente nel capitale di Sirti per poter meglio guidare lo sviluppo del gruppo anche in attività industriali complementari e sinergiche a quelle core, sia in Italia sia all’estero. In quella fase era entrata in scena anche la francese Euraleo. Per questo avevano lanciato un’opa obbligatoria utilizzando una nuova società veicolo, la Viit spa (Veicolo Italiano Investimenti Tecnologici spa), al quale avevano preventivamente ceduto il pacchetto di azioni di Sirti detenuto tramite Sth, che allora aveva raggiunto il 69,8% del capitale del gruppo tlc.
Nel dettaglio, Viit era un veicolo controllato al 70% da Siit srl (Società italiana investimenti tecnologici srl ) e partecipato al 15% da Stella Jones industrial sa e ancora al 15% da Opportunity investment sa, una holding lussemburghese parte del gruppo industriale Techint. Con Siit che a sua volta era controllata da veicoli dei fondi di Euraleo, 21 partners, Clessidra e Investindustrial. Viit lanciava così un’ opa obbligatoria su Sirti a 2,65 euro per azione, conclusasi a febbraio 2008, con la quale acquisiva il 24,165% del capitale di Sirti e la controllante HIIT (Holding Italiana Investimenti Tecnologici spa) raggiungeva il 93,933% (tra azioni detenute direttamente e quelle detenute indirettamente con Sth).
A quel punto, secondo quanto promesso nel documento informativo, Viit avrebbe dovuto ricostituire il flottante, ma i crolli di borsa dell’estate e dell’autunno 2007 avevano fatto cambiare idea agli azionisti. Nel periodo immediatamente successivo alla chiusura dell’offerta obbligatoria, il titolo Sirti aveva subito infatti notevoli oscillazioni, toccando un minimo a metà febbraio 2008 a 2,25 euro. A quel punto i soci ritenevano che un ripristino del flottante in misura tale da consentire la riduzione della propria partecipazione diretta e indiretta al capitale sociale al di sotto della soglia del 90% , così come promesso in un primo tempo al mercato, sarebbe potuto risultare eccessivamente penalizzante soprattutto sotto il profilo economico
E visti anche i numeri portati a casa da Sirti a fine 2007, il delisting sembrava assolutamente un affare. Il valore della produzione tipica consolidata era salito a 785 milioni con un incremento di circa l’8,5% rispetto ai 723 milioni del 2006, mentre l’Ebit, al netto di eventi contabili non ripetitivi, era salito a 68 milioni dai 59 milioni del 2006. Il tutto in presenza di un debito finanziario netto di soli 91 milioni, in diminuzione del 32,6% dai 135 milioni del 2006, soprattutto grazie ai rimborsi effettuati mediante l’utilizzo dei proventi della cessione delle partecipazioni in TeSir srl e Ansaldo STS spa, ma anche grazie cassa prodotta dall’attività corrente del gruppo Sirti.
Così gli azionisti di controllo di Sirti decidevano di lanciare un’offerta volontaria sulle poche azioni rimaste in circolazione, alla fine della quale Viit raggiungeva il controllo del 97% circa del capitale di Sirti e quindi , essendosi verificati i presupposti di legge per l’adempimento dell’obbligo di acquisto e del diritto di acquisto (squeeze out) rispettivamente ex art. 108 e 111 del TUF, Viit arrivava nel giugno 2008 a detenere la totalità delle azioni di Sirti e quindi a delistarla da Piazza Affari.
Euraleo, 21 partners, Clessidra,Investindustrial, Stella Jones e Techint avevano messo in conto un esborso totale massimo per l’opa obbligatoria di 177,8 milioni di euro e di altri 35,7 milioni per togliere dal listino la società . In entrambi i casi la cifra era stata inizialmente finanziata per metà facendo ricorso a mezzi propri e per la restante metà con ricorso a un prestito di Intesa Sanpaolo sia a livello di Viit sia a livello della controllante HIIT. Su un importo complessivo massimo di 89 milioni di euro di finanziamenti, come risultava dal prospetto informativo d’opa obbligatoria, e di altri 17,9 milioni come da prospetto d’opa volontaria, Intesa Sanpaolo aveva poi sindacato circa 50 milioni di euro a finanziatori mezzanini, con Mezzanove capital che aveva acquisito la tranche più importante da 19 milioni, mentre il resto era stato suddiviso tra Blue Skye Special Opportunities fund (12 milioni), Ver capital (9 milioni), AF Mezzanine (6,5 milioni) e Nem Mezzanine (3,5 milioni). Mezzanove spa, guidata da Philippe Minard e Andrea Cappuccio, era anche l’operatore più vicino ai protagonisti dell’operazione, visto che, su una dotazione di poco superiore ai 150 milioni di euro (senza considerare la leva di uno a uno) raccolti dal fondo tra il 2006 e la primavera del 2007, ben 80 milioni rappresentavano l’impegno di Intesa Sanpaolo e BI-Invest, la holding della famiglia Bonomi, che è anche il maggiore investitore nei fondi Investindustrial. Il fondo AF mezzanine faceva invece capo all’omonima sgr guidata da Edoardo Professione e controllata da Banco Popolare e da Fineurop. Nell’ottobre 2013 AF Mezzanine e Mezzanove Capital si erano poi fusi in un’unica società di gestione di fondi mezzanini, battezzata Emisys Capital sgr e i fondi precedenti erano stati spostati sotto la gestione di Emisys (si veda altro articolo di BeBeez).
Tornando all’acquisizione e al delisting del 2008, la società controllante Hiit aveva utilizzato mezzi propri per 73,5 milioni e debito senior per 15,1 milioni. Da parte sua Hiit nel 2008 aveva sottoscritto anche un finanziamento mezzanino da 50 milioni con Intesa SanPaolo, che era poi stato sindacato ai quattro fondi di cui sopra, a scadenza 2017 e tasso cash pari all’euribor più un tasso pik del 10,75%.
Il 2008 non era stato però granché: a fronte di ricavi consolidati per 780,3 milioni contro i 785,2 milioni del 2007, si era registrato un ebitda di 76,5 milioni (87,4 milioni nel 2007) e un utile netto di 27 milioni (da 52,5 milioni). Però l’ebitda era stato meglio di quanto previsto dal piano industriale che lo stimava in 74,9 milioni. E, vista la partenza del 2009, era realistico immaginare che l’anno si potesse chiudere con un ebitda in linea con la previsione di 82,1 milioni. Quanto alla posizione finanziaria netta, grazie a una cartolarizzazione di crediti, a fine 2008 era positiva per 1,1 milioni (da -91 milioni nel 2007).
In ogni caso i soci 21 Partners, Clessidra, Investindustrial, Euraleo, Stella Jones e Techint si erano mossi per tempo all’inizio del 2009, facendo presente a Intesa Sanpaolo che probabilmente la società non avrebbe rispettato i covenant sul debito alla fine del primo trimestre in modo da gestire la situazione anche in vista della doppia fusione dei veicoli in cima alla catena di controllo (Sth e Viit) con la società operativa e del rifinanziamento del bridge loan a supporto del buyout di fine 2007 per 295 milioni di euro più 50 milioni di linea revolving. I soci si erano detti disponibili a sottoscrivere un aumento di capitale da 30 milioni, poi deliberato a giugno, in cambio di una rinegoziazione del debito con Intesa Sanpaolo stimato a fine anno in 393 milioni (275,5 milioni al netto di 117,5 milioni di cartolarizzazione di crediti), un debito che, dopo la doppia fusione inversa delle due controllanti Sth e Viit, era passato alla fine tutto in capo a Sirti. Senza contare i 50 milioni di mezzanino in capo alla holding Hiit.