È in attesa di firma il decreto attuativo dell’articolo 7 dell’Investment Compact che vara il cosiddetto Fondo Salvaimprese, la cui dotazione sarà a regime di 2 miliardi di euro. Lo ha scritto nei giorni scorsi MF-Milano Finanza, precisando che la spa promossa dal governo per la patrimonializzazione e la ristrutturazione delle imprese italiane in temporanee difficoltà patrimoniali e finanziarie, ma con buone prospettive industriali ed economiche, infatti, sarà sostenuta inizialmente con capitali pubblici di Cassa Depositi e Prestiti e di altri enti (per esempio circola il nome dell’Inail).
Ci saranno poi altri 250 milioni che saranno investiti nelle principali quattro-cinque banche italiane, che metteranno sul piatto i loro crediti verso le aziende in questione. Gli ultimi 250 milioni saranno messi a disposizione da investitori specializzati e cioè da fondi cosiddetti di turnaround.
Al momento la ricerca degli investitori è ancora in fase informale. Soltanto dopo la firma del decreto, infatti, gli advisor del governo, Vitale e il top manager Andrea Guerra, si attiveranno nella gestione di una gara pubblica formale, che sarà preceduta dalla pubblicazione di un bando internazionale.
«Ci stiamo concentrando sulla definizione di una società che opera secondo i principi di economicità e convenienza propri degli operatori privati di mercato», aveva detto a fine marzo Claudio De Vincenti, l’allora viceministro allo Sviluppo Economico (oggi nuovo sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri, al posto di Graziano Delrio), in occasione del suo intervento al convegno annuale di Aifi (si veda altro articolo di BeBeez), aggiungendo: «Stiamo mettendo anche a punto i dettagli della garanzia statale che potrà essere richiesta dagli azionisti in possesso di particolari categorie di azioni». Secondo quanto riferisce MF-Milano Finanza, la garanzia statale sulla quale si è trovato un accordo è la copertura fino al 20% delle perdite eventualmente sofferte dagli investitori di emanazione pubblica.
Quanto ai potenziali soggetti interessati a concorrere, tra i private equity esteri si fanno i nomi di Kkr, Cerberus e Apollo Management, mentre tra gli italiani l’unico operatore attivo è Orlando Italy, guidato da Enrico Ceccato, Andrea Nappa e Paolo Scarlatti.
Quest’ultimo ha appena lanciato la raccolta del secondo fondo con un target di 150-200 milioni, in linea con il fondo precedente, oggi totalmente investito. Nel momento in cui dovesse essere selezionato per partecipare al Fondo Salvaimprese, Orlando girerebbe sulla nuova iniziativa i capitali raccolti per questo nuovo fondo. Orlando potrebbe essere particolarmente gradito alle banche italiane, visto che per le sue ultime operazioni ha proposto agli istituti finanziatori una soluzione particolarmente innovativa in tema di write-off (cancellazione) dei crediti.
A parità di condizioni, infatti, il write-off richiesto alle banche in cambio dell’investimento di nuovo equity da parte del fondo per il rilancio delle aziende da acquisire a rischio di fallimento è stato più basso di quanto di norma si sarebbe visto in operazioni simili. E questo perché Orlando ha chiesto e ottenuto dalle banche che il proprio equity avesse una seniority superiore rispetto al debito bancario e che quindi venisse remunerato prima. Una soluzione simile è stata per esempio adottata nel caso della ristrutturazione del debito delle profumerie Limoni (si veda altro articolo di BeBeez) e in quello di Fnac (si veda altro articolo di BeBeez).