FSI sgr punta sul fintech e chiude la prima operazione del fondo FSI Mid‐Market Growth Equity, acquistando il 27% di Cedacri spa, società specializzata nella fornitura in outsourcing di servizi di IT per le banche, sinora controllata da un gruppo di istituti di credito di piccole e medie dimensioni (scarica qui il comunicato stampa).
Secondo quanto riferito da MF Milano Finanza in edicola da sabato 23 dicembre, il fondo investirà 99 milioni di euro di equity e ha un’opzione per salire al 33% del capitale nel medio termine.
L’asta era stata avviata a inizio anno ed è era entrata nel vivo a cavallo dell’estate. In pole position insieme all’offerta di FSI sgr c’era anche quella di Warburg Pincus.
“Obiettivo dell’operazione è stabilizzare l’azionariato, semplificare la governance e consolidare il settore, puntando poi alla quotazione in borsa. Il tutto sulla falsariga di quanto fatto negli ultimi anni con Sia dallo stesso management team”, ha detto il ceo di FSI sgr, Maurizio Tamagini, che prima gestiva il Fondo Strategico Italiano (si veda altro articolo di BeBeez) e che aveva appunto condotto l’investimento in Sia insieme ai fondi di F2i sgr e Orizzonte sgr (ora HAT-Orizzonte sgr), investimento che è rimasto in portafoglio a Cdp Equity (si veda altro articolo di BeBeez). Anche nel caso di Sia, infatti, si trattava di un gruppo con una compagine azionaria molto frammentata e composta da banche, che ne erano anche principali clienti.
Nel dettaglio dell’operazione Cedacri, FSI sgr comprerà quote da tutte le banche azioniste, con alcune di queste che sono uscite definitivamente dal capitale della società, come Banca Etruria, CR Ferrara, Banca Popolare Puglia e Basilicata e Cassa Padana. Il restante 73% del capitale farà quindi ora capo a 14 banche fra cui, come azionisti con quote superiori al 3% del capitale, Banca Mediolanum, CR Asti, Banco di Desio e della Brianza, Banca Popolare di Bari, Unipol Banca, CR Bolzano, Banca del Piemonte e Credem.
Advisor finanziarii di FSI sgr sono stati Partners di Guido Corbetta e Deutsche Bank, mentre advisor legale è stato BonelliErede. Cedacri è stato invece supportato da Rothschild sul piano finanziario, Pedersoli sul piano legale e Kpmg su quello industriale.
L’operazione è stata volutamente condotta senza leva per lasciare alla società la flessibilità finanziaria per condurre acquisizioni. Cedacri ha una posizione finanziaria netta positiva (cassa netta) per ben 59 milioni, a fronte di un fatturato consolidato stimato a fine anno di 318 milioni e un ebitda di 42 milioni, dopo ricavi per 275 milioni nel 2016 e un ebitda di circa 40 milioni. La società è stata valutata circa 8 volte l’ebitda, quindi un po’ sotto i multipli di settore che girano anche a 10 volte, proprio in vista dell’impegno successivo del fondo a supportare la crescita sia organica sia per acquisizioni.
Sul primo fronte si stima che su un mercato dei servizi tecnologici per le banche da 4,4 miliardi di euro, ci siano 2,3 miliardi di servizi IT internalizzati alle grandi banche, circa 800 milioni di euro di servizi già esternalizzati da banche medio-piccole e 1,3 miliardi ancora da esternalizzare da parte di questi ultimi soggetti. L’obiettivo è anche quello di espandere la base clienti oltre le banche e offrire servizi anche agli asset manager, alle assicurazioni e anche alle utility.
Sul secondo fronte, in Italia al momento il competitor principale di Cedacri è CSE, società a sua volta posseduta da un gruppo di banche, che nel 2016 ha registrato 164 milioni di euro di ricavi. E secondo quanto riferito da MF Milano Finanza è poi in arrivo sul mercato la piattaforma IT di Mps, con ricavi stimati per 350 milioni. Le lettere per sondare l’interesse dei potenziali investitori sono state inviate nei giorni scorsi.