I crediti deteriorati (Non performing exposure o NPE) nei portafogli delle banche italiane si sono ridotti dai 341 miliardi di euro a fine 2015 a circa 180 miliardi a fine 2018. Tuttavia questi crediti non sono evidentemente scomparsi. A oggi, infatti, ci sono oltre 200 miliardi di euro di deteriorati nei portafogli degli investitori.
Lo ha calcolato PwC, con Pier Paolo Masenza, Financial Services Leader di PwC, e Alessandro Biondi, co-head of Npl and distressed assets PwC, che hanno presentato i dati venerdì scorso in occasione dell’evento NPE R-Evolution organizzato da Credit Village nella sede di Borsa Italiana a Piazza Affari a Milano (si veda qui la presentazione di Masenza e qui la presentazione di Biondi).
Più nel dettaglio, secondo PwC, a oggi gli NPE in Italia sono 390 miliardi di euro, considerando i 188 miliardi nei bilanci delle banche (di cui 105 miliardi sofferenze e 83 miliardi UTP) e i 202 miliardi in portafoglio agli investitori.
Secondo Masenza, il 2019 potrebbe essere una nuova era per il mercato NPE italiano, alla luce del rinnovo della Gacs, dei multi-origination deal, che permettono alle banche meno importanti di vendere portafogli crediti in modo efficace, del consolidamento del mercato del servicer e delle possibili transazioni di UTP.
Alessandro Biondi ha sottolineato, invece, che il mercato del servicing sta acquisendo masse in gestione sempre maggiori: i 10 top servicer per masse gestite (AuM) sono infatti passati a gestire dai 121 miliardi di euro del primo semestre 2016 ai 171 miliardi dello stesso periodo del 2018, con un tasso di crescita medio annuo del 19%. Le leve per l’espansione futura dei servicer sono l’espansione verso esposizioni ipotecarie, l’ingresso nel mercato UTP e performing, crescita del sub-servicing, espansione geografica, ampliamento dell’offerta e integrazione verticale.
(Articolo modificato lunedì 8 aprile 2019 alle ore 15.00; si precisano le masse gestite dai 10 top servicer).