Spunta un “paesaggio invisibile” sul retro con la diagnosi dell’Opificio delle Pietre Dure
La diagnosi dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, eccellenza a livello mondiale nell’analisi delle opere d’arte, rivela nuovi aspetti del cosiddetto disegno 8P di Leonardo da Vinci delle Gallerie degli Uffizi: se dopo pochi giorni la conferma delle due fasi della realizzazione ben distinte; all’Auditorium Vasari a Firenze lunedì scorso sono stati presentati i risultati definitivi con la rivelazione di un nuovo “paesaggio” sul retro e la conferma del fatto che Leonardo fosse ambidestro. Ma non solo.
Il direttore delle Gallerie degli Uffizi Eike D. Schmidt (qui sopra) ha sottolineato come la ricerca sia al centro della missione di tutela e valorizzazione del patrimonio dell’arte già dal Settecento quando Leopoldo di Toscana dichiarava lo scopo dell’Opificio delle Pietre Dure allora ancora centro di produzione del cosiddetto “commesso fiorentino” e collocato presso gli Uffizi. Nell’anno leopardiano è evidente l’attenzione alle opere del Genio fiorentino il cui cosiddetto disegno 8P conservato alle Gallerie degli Uffizi ha rivelato nuovi particolari. Dopo pochi giorni si è compreso che il lavoro, da molti considerato il primo disegno noto e certamente il suo primo lavoro data. 5 agosto 1473, è stato realizzato in due fasi ben distinte. Più singolare la rivelazione di un secondo paesaggio sul retro del disegno e la conferma della scrittura ambidestra di Leonardo.
Sono intervenuti per raccontare le indagini il soprintendente dell’Opificio, Marco Ciatti e Cecilia Frosinini, storica dell’Arte e funzionario dell’Opificio che hanno tenuto a precisare come le indagini non siano state invasive e come a dire il vero non si tratti solo di un “paesaggio”, anche perché la pittura di paesaggio a quei tempi non era ancora un genere codificato. Se il primo stadio è quello noto della rappresentazione lacustre, un secondo foglio è stato utilizzato per aggiungere dettagli. La scena originaria fluviale con al centro un corso d’acqua e due rive collegate da un ponte e a sinistra una formazione di rocce aguzze e frastagliate era stata realizzata con nero fumo. Successivamente alcune forme sono sottolineate con l’inchiostro, aggiungendo anche dei picchi montuosi. L’utilizzo del nero fumo (in forma di pastello) testimonia che Leonardo usava questo materiale in un periodo antecedente a quanto ritenuto dagli studiosi fino ad oggi; così come i disegni a sanguigna sembrano riferibili al 1473 e non più a partire dal 1492 come avveniva fino ad ora.
Dall’esame del retro emergono alcuni di segni a punta di piombo come un fiore stilizzato e alcuni motivi geometrici, evidenti all’infrarosso. Il disegno ha rivelato inoltre alcune tracce solo incise con uno stilo cosiddetto “cieco” o “acronomo” – che non lascia tracce colorate – alcune delle quali identificabili ad esempio un cavallo.
Per quanto concerne il fatto di essere ambidestro, sembra che Leonardo sia nato mancino ma fin da ragazzino viene educato all’uso della mano destra. “Dall’osservazione dei suoi scritti, incluso quello sul disegno, ha sottolineato Cecilia Frosinini, si capisce che la sua calligrafia da destra è colta e ben fatta. Quanto alla scrittura specchiata, con verso da destra a sinistra, è probabile che Leonardo stesso, da adulto, abbia scelto volontariamente questo stile originale, che è infatti, nei primi esempi, molto elaborato, perfino artificioso.”
La ricerca diagnostica ha portato alla luce anche le tecniche grafiche utilizzate da Leonardo a cominciare dall’introduzione del pastello della Francia allora disponibile in poche tonalità. Il disegno è stato sottoposto ai raggi infrarossi con un modello molto avanzato in grado di acquisire 32 bande cromatiche diverse, ideato dal Cnr-Ino (Istituto nazionale di ottica). E’ stato usato anche un sistema innovativo di raggi X a fluorescenza, con illuminazione ad area anziché a punti localizzati come avveniva finora (il prototipo è stato costruito dall’Istituto nazionale di fisica nucleare dell’Università di Firenze); ed un rilevatore portatile di materiali organici (messo a punto dal Cnr Ifac, Istituto di fisica applicata); oltre alle “classiche” osservazioni al microscopio e all’utilizzo di foto diagnostica ad elevata risoluzione,con il supporto di elaborazioni informatiche.
A cura di Giada Luni