Bastano 25 artisti per avere il 50% del ricavato delle aste del mondo relative all’arte postbellica e contemporanea, stando ad una analisi congiunta di artnet Analytics e artnet News. Nei primi sei mesi del 2017, i lavori di questo piccolo gruppo di artisti sono stati venduti all’asta per un valore combinato di 1,2 miliardi di dollari che rappresentano il 44.6 % del totale di 2,7 miliardi di dollari generato da tutte le aste di arte contemporanea nel mondo. Vedi Artnet News. Quanto appena detto, emerso dalla ricerca, non è altro che ciò che da tempo viene osservato da molti protagonisti professionali del mercato: Con lo scontrarsi del crescente numero di acquirenti col rarefarsi di opere interessanti da comprare, il mercato si concentra verso l’alto. Tuttavia, la realtà, ovvero che il lavoro di appena 25 artisti generi lo stesso ammontare di denaro in asta rispetto alla forza combinata di migliaia, può arrivare ad essere ancora più estremo di quanto chiunque possa immaginare. Olav Velthuis, professore di sociologia e antropologia all’Università di Amsterdam, sostiene che il fenomeno appena descritto non vale solo nell’arte ma anche in altri settori come quello degli atleti, degli attori e dei musicisti. La lista dei primi 25 artisti, la vendita in asta delle cui opere rappresenta quasi il 50% del totale, include i grandi nomi del pop e dell’espressionismo astratto tra i quali Andy Warhol, Roy Lichtenstein, e Cy Twombly, così come artisti viventi come Gerhard Richter, Peter Doig, Christopher Wool, e Mark Grotjahn. Le uniche donne presenti nella lista sono Agnes Martin e Yayoi Kusama. La definizione di arte postbellica e contemporanea prende in considerazione lavori fatti dopo il 1945 e la nostra analisi si basa sui prezzi del database di artnet relativi a 420 case d’asta nel mondo battuti nella prima metà del 2017. I dati includono 70.507 lavori offerti durante il periodo. Il peso dei primi 25 artisti è più elevato anche rispetto allo scorso anno, quando con un numero anche in quel caso significativo, non si andava oltre il 37,4% contro un peso di quest’anno pari al 44,6%. Cosa hanno in comune questi artisti emergenti che guidano la dinamica descritta del 21mo secolo? Forse senza sorpresa quasi tutti sono maschi e bianchi. Tredici, ovvero poco più della metà sono americani. Questa statistica ha sorpreso Scott Nussbaum, responsabile presso Phillips dell’arte contemporanea e del 20mo secolo. Scott Nussbaum sostiene di aver notato negli ultimi anni un movimento sempre più forte composto da artisti di colore, di artisti femminili, e più in generale artisti al di fuori dei canoni che siamo stati abituati a vedere mentre i numeri predetti asseriscono il contrario“. Nussbaum ha infatti notato che nelle lista ci sono lo stesso numero di donne (2) e lo stesso numero di afro-americani (1 – Jean Michael Basquiat) che c’erano nelle liste del 2007, 2016 e 2017. Al di là però delle loro similitudini di natura demografica, la maggioranza degli artisti citati nella tabella a margine hanno uno stile riconoscibile rendendo i loro lavori un qualcosa che gli ospiti del proprietario sono in grado di riconoscere come se fossero importanti trofei. Peer molti acquirenti, ha poi notato Velthuis, la cosa importante è che i propri “pari” siano in grado di riconoscere le opere o quantomeno l’autore da soli, e questo è possibile solo in presenza di un numero di artisti limitato. Detto questo, nell’ultima decade alcune cose sono cambiate. Nuove entrate come Keith Haring e Jean Dubuffet mostrano come il mercato sia alla ricerca comunque di nuove stelle se le opere top di artisti nel frattempo usciti dalla classifica come Lucian Freud e Jasper Johns mancano dalla offerta del mercato. Un’altra osservazione è poi degna di nota. E’ quella di Benjamin Mandel, strategista globale di J.P.Morgan, che, confrontando i dati del primo semestre 2016 col primo semestre di quest’anno, ha notato che il numero dei lotti venduti è sceso del 17%, ma la media dei prezzi spuntati dalle opere vendute è stato invece più elevato del 25,6%. Mettendo in mostra una dinamica che dovrebbe in generale far riflettere. Questo perché quando c’è domanda, fatto dimostrato dall’aumento medio dei prezzi, di solito aumentano coerentemente anche i lotti aggiudicati. In questo caso invece, a prezzi in salita sono corrisposti lotto in discesa come numero. L’interessante spiegazione che danno gli esperti al fenomeno descritto è che si nota una mancanza di offerta per l’arte postbellica e contemporanea. Così, quando un buon pezzo esce, i prezzi salgono per la lotta tra i compratori affamati. Chiaro che guardare solo alla parte alta non dà una visione esaustiva. Un’opera venduta per 20 milioni di dollari può scaraventare l’autore tra i top 25 anche se le sue opere non è garantito che continuino a vendere a tali prezzi stratosferici. E’anche opportuno ricordare che i prezzi vengono forniti dalle case d’asta un piccolo numero delle quali, soprattutto in Cina, sono state accusate di riportare prezzi che in seguito non si sono rivelati essere quelli realmente pagati. I numeri, inoltre, non tengono conto delle vendite private da parte delle case d’asta o dalle gallerie, fatto questo che non tiene conto di una significativa porzione dell’arte contemporanea. Schwartzman dice che esiste un numero cospicuo di artisti che vende le proprie opere sul mercato primario ma i cui risultati nelle aste non sono gran che perché magari sono passati per le case d’asta solo lavori minori (e ha fatto il caso di Kai Althoff).