Tim “ha garantito un periodo di esclusiva al fondo KKR Infrastructure in qualità di partner finanziario per lo sviluppo della rete in fibra in Italia, a seguito della presentazione di una un’offerta non vincolante per l’acquisto di circa il 40% della rete secondaria fibra/rame di Tim e in vista dell’auspicata integrazione con Open Fiber”.
Lo si legge nella nota diffusa da Tim martedì 10 marzo, che delineava le linee guida del piano industriale 2020-2022 (si veda qui il comunicato stampa). Un’operazione, ha spiegato ieri in conference call agli analisti l’amministratore delegato di Tim, Luigi Gubitosi, che prevede la costituzione di una newco wholesale, battezzata FiberCop, in cui Tim farà confluire la rete secondaria in fibra e rame, dai cabinet fino a casa. Ai fini dell’operazione con KKR, l’asset è stato valorizzato 7,5 miliardi, incluso il debito, pari a 4,5 miliardi dii equity value, con la conseguenza che nelle casse di Tim potrebbero finire 1,8 miliardi (scarica qui la presentazione gli analisti). Il fondo aveva presentato a Tim nel febbraio scorso un’offerta non vincolante per rilevare la minoranza della sua rete secondaria (si veda altro articolo di BeBeez).
La transazione, ha spiegato sempre Gubitosi nella conference call, rappresenta un primo passo verso una possibile integrazione con OpenFiber, oggi controllata pariteticamente da Enel e Cassa Depositi e Prestiti e di cui si parla da mesi. Lo scorso novembre erano arrivate le offerte non vincolanti di fondi infrastrutturali per Open Fiber, per Flash Fiber (joint venture tra Telecom, che la controlla all’80% e Fastweb, che detiene il restante 20%) e per gli asset FTTH (Fiber to the Home, ossia fibra fino a casa) di Tim (si veda altro articolo di BeBeez). L’idea, si diceva allora, sarebbe che i fondi potrebbero rilevare circa la metà di Open Fiber mentre il restante 50%, o poco sotto, potrebbe andare a Tim anche attraverso il conferimento degli asset FTTH a una newco partecipata da Tim e dai fondi. Ora per portare avanti questo progetto è stato scelto appunto KKR, con il quale in primo luogo Tim sta trattando per concludere l’operazione sulla rete secondaria, per poi integrare l’asset con Open Fiber.
Quanto alla valutazione di Open Fiber si è parlato inizialmente di almeno 3 miliardi di euro, ma addirittura già a giugno uno studio di Mediobanca, commissionato da Enel, forniva per Open Fiber una valutazione di 8 miliardi, di cui 2 miliardi di sinergie. Quanto a Tim, secondo Reuters avrebbe valutato l’asset 5-6 miliardi. In ogni caso, ieri Gubitosi ha chiarito che Telecom Italia non intende essere socio di minoranza né in FiberCop né in una nuova ipotetica combinazione di quest’ultima con Open Fiber.
Quanto agli attuali azionisti di Open Fiber, l’amministratore delegato di Enel, Francesco Starace, ha dichiarato nel febbraio scorso in un’intervista a Börsen Zeitung che non intende cedere la sua partecipazione, mentre Cdp, al contrario, sarebbe disposta a vendere la sua (si veda altro articolo di BeBeez). Ieri Gubitosi in proposito ha detto che i negoziati “con Enel, Cdp si sono prolungati perché è noto che Cdp era più favorevole, Enel meno. Enel deve decidere se sono interessati o meno, comunque ritengo si sia stabilita una relazione di grande valore con KKR, sono un fondo ben rispettato, preparato, la proposta ha senso, siamo pronti a considerarla”. Quanto alla fusione con Open Fiber, “ha senso per noi, per gli azionisti di Open Fiber, per il Paese, soprattutto in un momento storico in cui avere un’azienda con ottima infrastruttura ben integrata può aiutare molto”.
KKR è anche uno dei fondi interessati a comprare il 25% di Inwit (Infrastrutture Wireless Italiane) spa, la società proprietaria delle torri di telefonia mobile di Tim quotata a Piazza Affari, che incorporerà e si fonderà con Vodafone Towers srl, la società proprietaria delle torri di telefonia mobile di Vodafone, una volta ottenuto il via libera dell’Antitrust europea. I teaser sono partiti a fine gennaio 2020, quando i primi nomi di fondi interessati che circolavano era quelli di Ardian Infrastructure e F2i (si veda altro articolo di BeBeez), mentre era ancora atteso il via libera dell’Antiturst all’operazione tra Telecom e Vodafone.
Il via libera della Commissione europea è arrivato alla fine della scorsa settimana (si veda qui il comunicato stampa). L’integrazione delle infrastrutture passive di rete di Inwit e Vodafone Italia darà vita alla seconda più grande towerco quotata in Europa, con un portafoglio di oltre 22 mila torri. Per effetto dell’integrazione, il cui completamento è atteso per la fine di marzo, Vodafone incasserà 2,14 miliardi di euro, come già annunciato a luglio 2019, oltre a 360 milioni di azioni Inwit, cosicché Tim e Vodafone deterranno lo stesso numero di azioni, pari al 37,5% ciascuno del capitale, per un totale del 75%. A quel punto Tim e Vodafone scenderanno al 50,1%, cioé a circa il 25% ciascuno, ed è a questo fine che stanno cercando una sponda tra i fondi. Per quanto riguarda Tim, è stato spiegato ieri in conference call, cederà il 12,4% della nuova Inwit per il quale intende incassare circa un miliardo di euro.
Infine c’è un’ultima possibile operazione alla quale è al lavoro Telecom Italia e che potrebbe coinvolgere i fondi. Si tratta del carve-out delle attività di sviluppo del segmento Data Center e Cloud, grazie alla partnership con Google Cloud e alla prevista costituzione di una newco che gestirà la relativa infrastruttura e agirà come factory dei servizi.
La scorsa settimana Tim e Google Cloud avevano annunciato la firma dell’accordo ufficiale che darà il via a una collaborazione tecnologica congiunta, a seguito del protocollo d’intesa firmato a novembre 2019 tra le due società (si veda qui il comunicato stampa). Tim e Google Cloud hanno concordato di lavorare insieme alla creazione di innovativi servizi di cloud pubblico, privato e ibrido per arricchire l’offerta di servizi tecnologici di Tim.
Come risultato di questa collaborazione, Tim intende estendere la propria leadership nei servizi di Cloud ed Edge Computing. Tim punta a un’accelerazione nella crescita dei suoi ricavi da servizi tecnologici, con l’obiettivo di raggiungere un miliardo di euro di ricavi e 400 milioni di euro di ebitda entro il 2024. Ieri in conference call è stato spiegato che Tim sta offrendo ai fondi infrastrutturali tre proposte di coinvestimento: quella sulla fibra, quella sulle torri e appunto quella su data center e cloud.