Tra il 2017 e i 2019 le società di leasing hanno ceduto crediti deteriorati per circa 6,5 miliardi di euro, su un totale di crediti deteriorati delle istituzioni finanziarie italiane passati di mano nello stesso periodo per 197 miliardi di euro (scarica Tqui la tabella con tutte le operazioni). Lo ha calcolato BeBeez aggiornando il suo contributo al report To Lease 2020 (scarica qui l’intero report, focus Npl da pag. 81, e vedi qui il video), pubblicato da Assilea e presentato nei giorni scorsi in occasione di una web conference dell’associazione.
La stessa web conference durante la quale il direttore generale di Assilea, Luigi Macchiola, ha annunciato il lancio di un fondo immobiliare ad apporto per crediti deteriorati leasing e i corrispondenti immobili ripossessati, in partnership con Polis sgr, nell’ambito di un più ampio progetto Npl per i propri associati, a cui l’associazione offrirà a breve servizi di analisi dei portafogli e consulenza di gestione che si spingerà appunto sino alla promozione del fondo, in modo da poter offrire gli associati anche una soluzione chiavi-in mano di cessione delle posizioni deteriorate (si veda altro articolo di BeBeez).
Il dato dei 6,1 miliardi di euro di cessioni si confronta con una discesa dello stock di crediti deteriorati sui libri delle società di leasing del 43,6% a 14,5 miliardi di euro dai 25,7 miliardi di fine 2016 (fonte Assilea) , mentre i deteriorati sui libri di tutte le istituzioni finanziarie sono passati da 325 miliardi a fine 2016 a circa 145 miliardi, con un calo del 55,4%. In tre anni, quindi, le cessioni di Npl e altri deteriorati a livello di intero mercato delle istituzioni finanziarie hanno superato in valore lordo quella della riduzione dello stock a bilancio, con la differenza che è evidentemente dovuta al fatto che nel frattempo nuovi crediti sono stati classificati come deteriorati. Per contro, le cessioni di crediti non-performing leasing hanno rappresentato soltanto una frazione della riduzione complessiva dello stock a bilancio delle società del settore, il che significa che il resto della discesa va spiegato con la chiusura delle posizioni deteriorate in essere o perché sono state passate a perdita o perché il bene è stato rivenduto.
In ogni caso, sul fronte delle cessioni delle posizioni, nel 2019 si sono registrati deal poco più di 2,4 miliardi di euro lordi. Le operazioni più significative sono state quella su un portafoglio da 689 milioni di euro ceduto da UBI Banca a Credito Fondiario e quella su un portafoglio da 650 milioni di euro ceduto da Banco Bpm a Illimity. Entrambe le operazioni sono state perfezionate utilizzando sia una spv per la cartolarizzazione dei crediti sia una leasing company (LeaseCo) che ha comprato rapporti e beni, applicando la nuova disciplina delle cartolarizzazioni introdotta dal Decreto crescita dell’aprile 2019, che ha apportato una serie di modifiche alla legge 130/1999, in particolare in tema di inadempienze probabili (Utp) e di Reoco (Real Estate Owned Company), cioé le società immobiliari costituite appositamente per acquistare e valorizzare gli immobili a garanzia di crediti deteriorati di proprietà della banca che abbia erogato quei crediti o di un investitore che quei crediti li abbia acquistati in un secondo tempo (per un approfondimento, si veda qui la nostra Insight View, riservata ai sottoscrittori dell’abbonamento Combo o a BeBeez News Premium, scopri qui come abbonarti).
I dati del 2019, però, mancano di una quota di quei 3 miliardi di euro di Utp corporate che Intesa Sanpaolo si è accordata di cedere con una cartolarizzazione nell’ambito del più ampio accordo sottoscritto con Prelios e che riguarda un portafoglio di Utp corporate da 9,7 miliardi. Di quel totale 6,7 sono stati dati in gestione a Prelios, mentre 3 miliardi erano da cedere attraverso una cartolarizzazione. A inizio marzo 2020 Intesa Sanpaolo ha ceduto Utp corporate leasing a una spv per la cartolarizzazione dei crediti (Kerma SPV srl) e a una leasing company (Kerma LeaseCo srl) che ha comprato rapporti e beni, applicando quindi anche in questo caso la nuova disciplina delle cartolarizzazioni. Si è trattato peraltro dell’unica operazione su Npl leasing annunciata quest’anno.
L’operazione più importante in assoluto nei tre anni passati è invece quella su un portafoglio da 900 milioni ceduto a dicembre 2018 da Mps (il cosiddetto Progetto Morgana) a Bain Capital Credit. Sempre da Mps, poi, a fine dicembre 2018 Credito Fondiario insieme a Fire ha comprato il cluster mid del cosiddetto Progetto Merlino, che valeva complessivamente 704 milioni lordi e include 27.500 contratti, distribuiti in Italia, riguardanti per la metà persone fisiche e per la metà persone giuridiche e comprende conti correnti, leasing e mutui. Proprio Credito Fondiario e Bain Capital Credit si sono rivelati i principali acquirenti di crediti leasing non performing in questi tre anni, per circa 1,73 miliardi di euro ciascuno, mentre MBCredit Solutions (gruppo Mediobanca) si colloca al terzo posto, seguita da Illimity.
Vedremo ora quest’anno che cosa accadrà. Indubbiamente, quello dei crediti deteriorati è un tema caldo per le società di leasing, perché il peso dei crediti deteriorati leasing sul totale degli impieghi è ancora molto elevato: secondo Assilea, a fine dicembre 2019 l’NPE ratio lordo era sceso al 19% su uno stock complessivo di 76,5 miliardi dal 21,6% di fine dicembre 2018. Il rapporto è molto elevato se lo si confronta a quello medio sui libri di tutte le istituzioni finanziarie, sceso al 6,5% a fine 2019 dal 7,7% di fine 2018. Ma risulta molto elevato anche quando confrontato con l’NPE lordo del solo portafoglio di prestiti bancari corporate e pmi e di prestiti bancari retail e microimprese. Quei segmenti, infatti, presentavano a fine 2019 un’incidenza di crediti deteriorati ben più elevata della media dell’intero mercato, rispettivamente il 14,9% e il 12,6%, ma comunque più bassa rispetto a quella registrata dal mercato leasing. Ciò significa che c’è ancora parecchio da fare, soprattutto sul fronte immobiliare, visto che circa l’80% dei crediti deteriorati leasing riguarda questo segmento.
Nel dettaglio, i crediti deteriorati leasing immobiliari, a fine 2019 ammontavano a 11,5 miliardi di euro, pari a ben il 79,42% del totale dei crediti deteriorati, di cui 7,8 miliardi sofferenze (82% delle sofferenze totali), 3,6 miliardi di Utp (75,4% degli Utp complessivi) e 160 milioni di scaduti (45,8%). La situazione non era molto diversa in termini percentuali sul totale dei deteriorati un anno prima: su un totale di 19,3 miliardi di crediti deteriorati leasing, quasi 15,6 miliardi erano di tipo immobiliare, pari all’80,7% delle esposizioni deteriorate leasing di quell’anno.
Quello che però è migliorato molto è stato l’NPE ratio, sebbene, con una media pari al 24,4%, resti ancora il secondo più elevato tra tutti i settori, con una punta al 27,9% per gli importi dai 5 milioni di euro in su, mentre percentuali più ridotte si registrano per importi superiori a 2,5 milioni e sotto i 5 milioni (24,9%) e per quelli inferiori o uguali a 2,5 milioni (22,9%). Per contro, l’auto si conferma il comparto che mostra la percentuale più bassa di deteriorato (7,3%).
Complessivamente, infatti, l’esposizione lorda del settore leasing a fine 2019 nel comparto immobiliare risultava pari a 47,3 miliardi di euro, oltre 6 miliardi e mezzo in meno rispetto a quanto osservato a dicembre 2018. A fine marzo 2020 la situazione era cambiata di poco, con 11,4 miliardi di euro di crediti deteriorati leasing immobiliari su un totale di esposizioni leasing immobiliari per 46,1 miliardi.
Infine un focus su tempi e modi dei recuperi. Quando si è effettuato il ripossessamento del bene, infatti, si prova poi a cederlo sul mercato, in modo da rientrare dei canoni di leasing non pagati. In alternativa, la posizione viene chiusa con passaggio intero a perdita oppure .
Per quanto riguarda gli immobili, per esempio, i dati del 2014-2018 mostrano che gli asset immobiliari rivenduti sono passati dai 391 nel 2014 a 844 nel 2018, dopo un picco a 846 nel 2017. La rivendita diretta a terze parti è stata la soluzione adottata nel 72,7% dei casi nel 2018, una percentuale in netto aumento rispetto al 63,7% del 2017. Da segnalare, inoltre, che nel 2018 è crollata la quota relativa alla vendita a fondi immobiliari all’1,3% nel 2018 dal 19,5% dei casi nel 2017, mentre quasi si equivalgono le locazioni ordinarie (13,5%) e le rilocazioni finanziarie (12,5%). Tuttavia, il tasso di recupero sulla totalità dei contratti chiusi è sceso al 46,1% nel 2019 dal 47,3% del costo base nel 2018 (era 52,4% nel 2017) e al 66,8% dell’esposizione nel 2018 dal 67,9% del 2017. La diminuzione, poi, è ancora più marcata se si confrontano queste percentuali con quelle del 2014. Per contro, se si limita l’osservazione ai soli beni immobili venduti, il tasso di recupero sull’esposizione si limita al 54,9% nel 2018 e quello sul costo base a solo il 43,5%. Quanto al tempo di remarketing degli immobili oggetto di ripossessamento è salito dai poco più di 2 anni e mezzo del 2014 ai 5 anni del 2018 sia nel caso dei beni venduti sia in quello dei contratti chiusi e il prezzi medi di vendita sono scesi attorno ai 500 mila euro nel 2018 dagli oltre 800 mila del 2015.