Il valore economico delle startup e delle pmi in portafoglio agli investitori o potenzialmente oggetto di investimento da parte degli investitori di venture capital è in realtà molto più elevato di quello che sembra, in particolare per due ragioni.
In primo luogo perché l’indotto generato da molte aziende con il proprio business è più alto dei ricavi che registrano. In secondo luogo, quando si parla di startup e pmi innovative, spesso vengano prese in considerazione dalle statistiche e dalla politica soltanto le startup e le pmi innovative iscritte negli appositi registri, dando per scontato che solo quelle rappresentino opportunità interessanti di innovazione per gli investitori di venture capital. Nella realtà, però, sappiamo che per vari motivi sono molte le startup e le pmi che non si registrano. Il tema è sottolineato nell’ultimo Report sul Venture Capital di P101-BeBeez appena pubblicato, che riprende anche i principali trend del mercato e i numeri dei deal del 2019 (si veda qui il comunicato stampa).
In particolare, per cercare di mappare questo mondo di startup e pmi innovative di atto ma non iscritte nei registri, altrimenti mai considerato nel suo insieme, P101 ha chiesto a Cerved di condurre un’elaborazione sui bilanci 2017 e 2018 sia dell’insieme delle startup e delle pmi innovative regolarmente registrate sia dell’insieme di quelle non registrate, ma che per una serie specifica di caratteristiche di innovatività dei prodotti e processi possono essere considerate come innovative.
Lo studio è stato condotto da SpazioDati, una startup innovativa controllata da Cerved e specializzata nella gestione di big data e nell’analisi semantica di dati open e proprietari provenienti dal web e dai social media. SpazioDati ha stilato un innovation index che, grazie a sistemi di analisi semantica applicati a migliaia di siti internet di imprese italiane, ha individuato imprese con caratteristiche simili a quelle delle società iscritte alla sezione speciale del Registro e quindi ad alta propensione innovativa. Nello specifico, a ogni sito internet delle aziende è stato associato uno score (alto, medio, basso) che indica quanto ciascuno di essi è simile a quello delle imprese iscritte alla sezione speciale del Registro. In questo modo, a metà febbraio 2020, oltre alle 10.863 startup e alle 1.401 pmi innovative registrate, sono state individuate altre 6.756 startup e 43.576 pmi potenzialmente innovative, per un universo totale di 62.416 aziende (di cui 17.439 startup e 44.977 pmi), per un fatturato di 107,44 miliardi di euro contro i soli 4,5 miliardi di fatturato cumulato delle società registrate.
Ovviamente gran parte della differenza è spiegata dal dato cumulato delle pmi innovative potenziali, che nel 2018 è stato di ben 99,1 miliardi. La differenza è notevole anche in termini di lavoratori dipendenti: le sole startup e pmi innovative impiegavano infatti a fine 2019 poco meno di 40 mila addetti, mentre considerando anche il gruppo delle startup e pmi potenzialmente innovative il dato arriva a 520 mila addetti. Dal punto di vista della crescita, però, il gruppo delle startup e pmi innovative registrate si è dimostrato più reattivo: le startup hanno visto infatti un aumento dei ricavi del 66,6% tra il 2017 e il 2018, contro una crescita limitata al +46,2% per le startup potenzialmente innovative; mentre le pmi registrate sono cresciute del 24,9% nel periodo, contro le pmi potenzialmente innovative che sono cresciute solo del 9,1%. Quanto ai segmenti più dinamici, considerando il dato complessivo delle startup innovative e di quelle potenzialmente innovative, in testa alla classifica ci sono biotecnologie e big data, mentre tra le pmi (innovative e potenzialmente innovative) quelli di biotecnologie ed ecosostenibilità.
Tornando invece al tema dell’indotto delle startup, che è ben più grande di quello che la percezione generica a immaginare, gli esempi più calzanti provengono dai settori fintech (specialmente dalle piattaforme di finanziamento a privati e imprese), proptech ed equity crowdfunding. Queste piattaforme, infatti, oltre ad attrarre investitori direttamente nel loro capitale, ne attraggono altri interessati a investire in economia reale, a fornire cioè alla piattaforma i capitali necessari per finanziare le imprese che si presentano con una richiesta. I casi studiati sono molto diversi tra loro, ma il concetto alla base è lo stesso per tutti.
Si parla per esempio di Casavo, la proptech italiana leader nell’instant buying immobiliare, che interviene come acquirente diretto. A oggi Casavo ha raccolto in totale più di 100 milioni di euro da vari venture capital internazionali e dall’inizio dell’attività nel 2017 al febbraio 2020 ha effettuato più di 300 acquisizioni immobiliari per un valore di oltre 85 milioni di euro(si veda altro articolo di BeBeez). Il team è composto da circa 100 persone, mentre più di 1.000 agenzie immobiliari a Milano, Roma, Torino, Firenze e Bologna hanno aderito al network. Da gennaio 2020, inoltre è attiva anche in Spagna. Nel 2018 il fatturato di Casavo è stato solo di 2,17, ma risulta evidente che il valore economico del suo indotto sia molto più ampio.
Un altro esempio è quello di Credimi, la piattaforma di invoice financing e lending alle pmi, che ha raccolto 18 milioni di euro di capitali dagli investitori, tra i quali United Ventures e Vertis Ventures, ma che nel 2018 ha registrato ricavi solo per 900 mila euro. Nella realtà, però, l’impatto di Credimi sull’economia è ben più ampio: dall’inizio dell’attività nel 2017 allo scorso giugno ha cartolarizzato oltre un miliardo di euro tra acquisto di fatture e prestiti (si veda altro articolo di BeBeez).
E poi c’è di BorsadelCredito.it, piattaforma di intermediazione di prestiti alle pmi, partecipata da P101 xxx, che ha chiuso il bilancio 2018 con soli 400 mila euro di ricavi, ma che dall’inizio dell’attività a fine 2019 ha transato prestiti per un totale di 77,5 milioni, di cui 25,1 milioni soltanto lo scorso anno. Infine, la piattaforma di equity crowdfunding BacktoWork, partecipata dallo scorso anno da Neva Finventure, il corporate venture capital di Intesa Sanpaolo che vi ha investito 4 milioni, dall’inizio della sua attività sino a fine luglio 20,8 milionni di euro per startup in piattaforma (fonte CrowdfundingBuzz.it). L’ultima campagna in particolare ha costituito un record nel panorama italiano con 7,65 milioni raccolti per Fin-Novia, di pochissimo al di sotto della soglia degli 8 milioni a partire dalla quale scatta l’obbligo di pubblicazione del prospetto informativo (si veda altro articolo di BeBeez).