L’e-commerce cresce anche in Italia, ma c’è ancora tanta strada da fare prima di raggiungere i numeri di fatturato dei Paesi anglosassoni. Per una volta, però, questo ritardo potrebbe rivelarsi un’opportunità a vantaggio degli italiani. Le aziende italiane, infatti, possono fare tesoro dell’esperienza straniera e impostare sin dall’inizio le strategie che hanno dimostrato di essere le più apprezzate dai consumatori. Così, per esempio, risulta chiaro che la strada da percorrere è quella della completa integrazione dei vari canali di vendita, e-commerce compreso, e che le aziende non possono esimersi dall’utilizzo dei social network. Non solo. Grande attenzione va posta alle politiche di consegna e dei resi che a loro volta devono potersi integrare con i canali di vendita tradizionali.
E’ quanto emerge da una ricerca fresca di stampa condotta da PwC a livello globale (sono stati intervistati circa 15 mila consumatori in 15 Paesi), ma con un ampio focus sull’Italia (scarica qui l’intera ricerca di PwC), che è stata presentata la scorsa settimana da Oriana Colombo, esperta di strategy di PwC, in occasione del quarto webinar di BeBeez (per rivedere il webinar clicca qui). Al webinar è intevenuto anche Matteo Cascinari, amministratore delegato e angel investor di Blomming, startup innovativa fondata nel marzo 2011 da Nicola Junior Vitto e Alberto D’Ottavi, che ha sviluppato una piattaforma che permette a chiunque, individui e aziende, di aprire un negozio online, attraverso il proprio sito, blog, pagina Facebook, account Twitter e direttamente su Blomming . La start up ha ottenuto un l’investimento di 1,3 milioni di euro da parte del fondo Vertis Venture nel 2012, che ha acquisito in aumento di capitale una quota del 46,5% in Blomming, con l’accordo che questa quota potrà aumentare sino al 70% a seguito di successive iniezioni di capitale (si veda altro articolo di BeBeez).
Che l’e-commerce ormai sia in crescita inarrestabile anche in Italia lo dimostra il grafico qui in pagina (fonte PwC), che evidenzia che il 2012 è stato per l’Italia l’anno in cui il numero dei consumatori interessati al canale digitale ha superato quello dei consumatori tradizionali. Un passaggio che per altri Paesi è avvenuto qualche anno prima. E infatti non è un caso che una piattaforma come Blomming abbia registrato nell’ultimo anno una crescita esponenziale nel numero dei venditori affiliati (27.500, +89%), nel numero dei prodotti in vendita (450 mila, +168%), nel numero degli ordini di acquisto (25 mila, +179%), nel numero di prodotti venduti (78 mila, 173%) e quindi nel fatturato della stessa piattaforma (1,1 milioni, +174%), che ora è operativa, oltre che in italiano, anche in inglese, spagnolo, portoghese e francese e gestisce 38 diverse valute.
Più nel dettaglio, la ricerca di PwC rivela che la frequenza d’acquisto degli italiani sul web è paragonabile a quella di altri Paesi europei, con il 25% degli intervistati che usa il canale digitale almeno settimanalmente (paragonato al 26% della media globale). Non solo. Ha aggiunto Colombo: “Grazie alla penetrazione dei mobile device, la propensione all’acquisto con smartphone e tablet è invece superiore alla media con il 12% dei consumatori italiani che li utilizza almeno una volta alla settimana verso il 9% a livello globale ed europeo”. Unìaltra caratteristica italiana, ha aggiunto l’esperta di PwC, è che “rispetto alle medie globali ed europee, il consumatore italiano mostra una più alta predisposizione all’utilizzo del canale diretto di vendita da parte del produttore. L’85% dei nostri intervistati afferma infatti di acquistare direttamente da siti di produttori di marca, contro il 78% della media globale e comunque maggiore rispetto a quella registrata in altri Paesi europei ( 78% in Francia, 75% in Olanda, 76% in Germania e 62% nel Regno Unito). Il brand è sempre, per noi, di grande rilevanza”.
La ricerca evidenzia anche che il 32% dei consumatori italiani preferisce che quelli che vengono battezzati “consumer journey”, cioé letteralmente viaggi online da parte dei consumatori, si concludano con una transazione appunto online. Ma Colombo sottolinea che “questa percentuale risulta essere circa 10 volte superiore rispetto alle vendite online effettuate in Italia nel 2013 (circa il 3% del totale, secondo i dati degli Osservatori del Politecnico di Milano); da qui, quindi, l’ipotesi che in Italia sia presente una forte domanda digitale che oggi, probabilmente a causa dell’assenza di offerte online strutturate, ancora non si è concretizzata in domanda reale. Un riferimento al canale digitale non si limita infatti al solo tradizionale PC, ma comprende anche tablet e smartphone”. Non a caso la ricerca PwC dimostra che il consumatore italiano utilizza tablet e smartphone per effettuare acquisti online in modo addirittura maggiore rispetto ad altri Paesi europei, nonostante una minore abitudine nell’utilizzo del PC: la percentuale di utenti che ha effettuato almeno un acquisto tramite smartphone è passato dall’1% nel 2012 al 10% nel 2013 nella categoria elettronici e dallo 0.5% al 7% nella categoria abbigliamento.
Detto questo, il dato cruciale che emerge dalla ricerca globale e che si conferma anche a livello italiano, ha spiegato Colombo, è che “I consumatori chiedono di interagire con l’azienda indifferentemente sui vari canali, sia esso il negozio fisico, il PC o dispositivi mobili. Non hanno preferenze predefinite sul canale di contatto e si attendono di poterlo scegliere di volta in volta sulla base della convenienza, della comodità e delle circostanze. In questo nuovo contesto, i consumatori premiano chi permette loro piena libertà di azione”.
Questo concetto è stato battezzato da PwC “total retail” e finisce con il permeare ogni fase del “consumer journey”. Ha spiegato infatti ancora Colombo che “i consumatori, anche quando alla fine decidono di acquistare off line nei punti vendita, si informano prima on line sui prodotti e sui prezzi nei siti dei produttori sia in quelli di rivenditori sia infine sui sui social network”. Inoltre i consumatorihanno smesso di ricoprire il ruolo di soggetto passivo, vogliono far sentire la propria voce e comunicare feedback, siano essi positivi o negativi.
I social media vengono utilizzati per molteplici attività, non solo per un confronto tra utenti, e i consumatori italiani si mostrano particolarmente attivi a riguardo. Nel dettaglio, le attività preferite dai consumatori sui social media sono: informarsi su un brand specifico (69% dei consumatori italiani, 59% dei consumatori globali); seguire un brand e relativi aggiornamenti (62% dei consumatori italiani, 59% dei consumatori globali); partecipare attivamente nel fornire commenti o interagire direttamente con produttori e distributori (60% dei consumatori italiani, 55% dei consumatori globali). Un ulteriore dato interessante della ricerca PwC è come i social media possano permettere anche discovery di nuovi brand, con il 67% dei consumatori italiani (58% a livello globale) che dice di aver ha scoperto nei social network un’azienda precedentemente sconosciuta.
Quindi, ha concluso Colombo, “questo nuovo contesto ha cambiato le attese dei consumatori, che ora si aspettano di essere ascoltati dall’azienda indipendentemente dalla natura del feedback, sia esso positivo o negativo. E gli operatori non possono certo rimanere indifferenti ma devono strutturarsi per essere in grado di recepire questi commenti e essere proattivi nel dialogo. Un consumatore ignorato è un consumatore scontento e indotto a diffondere pubblicità negativa, mentre un consumatore ascoltato vedrà aumentare sensibilmente la propria soddisfazione verso l’azienda ponendo le basi per una trasformazione in potenziale ambasciatore“.
Blomming ha capito molto bene questo concetto e lo ha applicato al modello di business che propone ai venditori suoi aderenti siano questi privati o piccole aziende. “Partiamo dal presupposto che il venditore abbia una propria rete di relazioni sul proprio sito internet o per esempio sulla propria pagina Facebook e su questa rete di relazioni si inserisce il nostra modulo e-commerce”, ha detto Cascinari. Non a caso tra gli utenti business di Blomming ci sono anche Technogym, il produttore di attrezzi professionali da allenamento in palestra, e Jeckerson, il produttore dei noti pants. Entrambi hanno aperto il loro negozio su Facebook proprio utilizzando la piattafoma di Blomming.
Non solo. Cascinari ha spiegato che “i venditori che hanno aperto un negozio online tramite la piattaforma Blomming possono decidere se avere maggiore visibilità attivando il servizio di affiliazione. Ogni venditore, cioé, può permettere che degli agenti (in pratica dei blogger) promuovano per lui il suo prodotto sul web. In questo caso il venditore riconoscerà al promotore una percentuale sul valore del prodotto. A oggi 2.100 venditori hanno scelto di attivare il servizio e sono 8 mila i promotori-blogger che lo forniscono”. Chiunque può insomma far parte della community di Blomming, anche se non possiede niente da vendere, ha aggiunto Cascinari: “Solo iscrivendosi sul forum apposito è possibile anche condividere i propri prodotti preferiti, guadagnando. Bastano un Like su Facebook, un Tweet oppure un Pin per guadagnare una commissione sui prodotti che verranno venduti”.
Sempre sul fronte del total retail, i consumatori hanno dimostrato di apprezzare soluzioni che colleghino i canali digitali a quelli tradizionali (circa l’80% dei consumatori intervistati, l’83% tra quelli italiani). Le soluzioni più apprezzate sono la possibilità di controllare lo stock in maniera veloce, o di collegarsi alla rete wi-fi del negozio, disporre di metodi di pagamento semplici e veloci. acquisendo un’importanza sempre più elevata per i consumatori, che si aspettano soluzioni sempre più convenienti. L’80% dei consumatori globali (e il 77% di quelli italiani) si attende un servizio di consegna gratuito. La soluzione, anche se svantaggiosa per i distributori, è talmente richiesta da essere diventata sostanzialmente la norma (in molti casi viene previsto un limite minimo di spesa).
Il tema return non è meno complesso. Le soluzioni di restituzione della merce (una complicazione del canale online, con numeri che nell’intorno del 25% nel campo dell’abbigliamento sulla base dell’ esperienza PwC con operatori globali del settore), devono soddisfare richieste sempre più esigenti. “La restituzione deve essere gratuita e prevedere diverse possibilità d’esecuzione. In particolare spesso i consumatori pretenderebbero di consegnare i resi nei punti vendita vicini a casa, invece di rispedirli in sede, oppure in punti di raccolta fisici comodi da raggiungere, come un ufficio postale”. ha spiegato ancora Colombo.
Infine, un momento importante nel consumer journey, quello finale, è rappresentato dall’acquisto e quindi dalla scelta di una modalità di pagamento sicura e dai costi contenuti. Gli strumenti di pagamento devono quindi necessariamente accompagnare le preferenze delle modalità di acquisto dei consumatori. Ad esempio, la possibilità di utilizzare il mobile (20%) e le app (21%) per finalizzare il pagamento sono ritenuti aspetti migliorativi anche presso il punto di vendita fisico.