Gli investimenti di private equity hanno reso un po’ meno l’anno scorso, rispetto al 2015, mantenendo comunque un buon livello di performance. Lo ha calcolato Kpmg corporate finance, che ieri ha presentato i dati di rendimento dei fondi, sulla base dei dati forniti da Aifi, che tengono conto sia dell’attività dei fondi domestici sia di quelli internazionali (scarica qui il Report sulle performance).
Nel dettaglio, i fondi private equity hanno incassato una performance del 14,5% sul portafoglio in termini di Irr lordo aggregato, relativo ai disinvestimenti realizzati nel corso del 2016, indipendentemente dal periodo in cui è stato effettuato l’investimento iniziale. Un calcolo che esclude riferimenti alle performance implicite delle partecipazioni ancora in portafoglio e che si confronta con un Irr lordo del 17,8% del 2015 e del 19,7% nel 2014.
L’analisi riguarda 64 disinvestimenti effettuati da parte degli operatori, in calo dai 74 nel 2015, condotti da 40 operatori (dai 43 del 2015), per un cash in (capitali incassati dai fondi) totale di 3,364 miliardi (da 3,333 miliardi) a fronte di un cash out (totale investito dai fondi relativamente alle partecipazioni disinvestite) di 1,511 miliardi (da 1,382 miliardi). Il tutto per un multiplo medio di uscita implicito (cosiddetto “cash multiple”) che rimane fondamentalmente stabile su valori elevati (2,2 volte nel 2016 dalle 2,4 volte nel 2015) a riprova della positività dell’anno 2016.
Il breakdown per classe di Irr mostra che nel 2016 ci sono state tre operazioni di disinvestimento che da sole hanno rappresentato da sole il 25,4% del cash in complessivo, per Irr compresi tra il 50% e il 100%, mentre c’è un gruppo di 16 operazioni che ha rappresentato il 42,5% del cash in e che ha registrato Irr compresi tra il 10% e il 30%.
Quanto ai write-off (svalutazioni dell’investimento), sono stati 11 nel 2016 (di cui 10 totali e uno parziale), cioé il 17,2% del totale dei disinvestimenti dell’anno, contro i 18 write-off del 2015 (24,3%). In termini di valori dell’investimento iniziale, però, il peso è stato molto basso: 47 milioni di euro, pari al 3,1% del cash out (contro il 7% del 2015). Come è logico immaginare, il segmento early stage ha confermato la più alta incidenza in termini di numero di operazioni svalutate, raggiungendo quest’anno quota 91%, mentre in termini di incidenza per cash out sono stati i buyout e buyin a rappresentare il peso maggiore, con circa il 75% del totale dei write-off.
A perdere terreno in termini di Irr sono stati quindi soprattutto i fondi di buyout, che nel 2015 avevano registrato un Irr del 18% e che invece nel 2016 sono scesi al 14,2%, quando nel 2014 l’Irr era stato addirittura del 22%. Per contro, le operazioni di supporto allo sviluppo (expansion) hanno registrato un miglioramento di performance, passando al 14,3% dal 10,3% del 2015. Si è verificato poi un vero e proprio crollo nelle performance dei deal di replacement che, dopo un risultato eclatante nel 2015 (ben 51,6% di irr) sono passati a un più normale 19,2%.
Molto bene le operazioni di early stage, con un Irr del 4,1%, dopo che nel 2015 avevano segnato un Irr negativo addirittura del 17,6%. Tuttavia, va ricordato che la performance del venture capital italiano negli anni è stata estremamente variabile (nel 2014 l’Irr era stato negativo solo dello 0,8%), anche perché si tratta di un dato ancora limito a troppo pochi disinvestimenti per poter essere davvero significativo, visto che perché un fondo di venture possa cogliere il valore del suo investimento in una startup è necessaria in media una permanenza nel capitale di almeno 10 anni, durante i quali il fondo supporta la startup con più aumenti di capitale.
Infine, se si distingue per tipologia di operatore, salta all’occhio che i fondi italiani hanno registrato nel 2016 una performance positiva del 7%, ma in riduzione rispetto a 10,8% 2015.
Gli operatori bancari hanno migliorato nettamente la loro performance al 10,6% dall’1,6%, mentre i fondi internazionali hanno conseguito i risultati migliori del campione, anche pure in netto se in calo: al 19,1% da ben il 31,8% nel 2015. Infine, se si distingue per tipologia di operatore, salta all’occhio che i fondi italiani hanno registrato nel 2016 una performance positiva del 7%, ma in riduzione rispetto a 10,8% 2015. Gli operatori bancari hanno migliorato nettamente la loro performance al 10,6% dall’1,6%, mentre i fondi internazionali hanno conseguito i risultati migliori del campione, anche pure in netto se in calo: al 19,1% da ben il 31,8% nel 2015.