Il gruppo Mossi Ghisolfi ha depositato ieri domanda di concordato in bianco per tutte le sue società italiane, dopo aver annunciato nei giorni scorsi ai sindacati di aver inoltrato la richiesta al governo per aprire dal primo novembre e per un anno, la cassa integrazione straordinaria per tutti i 227 dipendenti di Biochemtex, centro di ricerca fra Tortona e la frazione di Rivalta Scrivia, della M&G Finanziaria di Assago Milano e dell’impianto di Crescentino vicino a Vercelli dove viene prodotto etanolo di seconda generazione (si veda altro articolo di BeBeez).
Lo scrive oggi MF Milano Finanza, precisando che il gruppo chiederà a breve anche negli Usa la protezione dai creditori nell’ambito di una procedura di Chapter 11.
La decisione del gruppo guidato da Marco Ghisolfi e presieduto dal padre Vittorio, si inquadra nell’ambito della crisi del gruppo leader nell’innovazione applicata al settore del PET, dell’ingegneria e dei prodotti chimici rinnovabili derivati da biomasse non alimentari, che sta predisponendo due piani di ristrutturazione del debito, appunto uno negli Usa e uno in Italia, per riequilibrare la situazione finanziaria e trovare nuovi investitori, preferibilmente tra soggetti industriali del settore, in grado di assicurare la continuità del business (si veda altro articolo di BeBeez).
Per le attività italiane il dossier è già allo studio dei principali fondi di private equity internazionali, ma anche di colossi industriali (si parla di Eni e Versalis) interessati a entrare in possesso della nuova tecnologia sviluppata da M&G.
Fondata nel 1953 e controllata dalla famiglia Ghisolfi, Mossi Ghisolfi è leader nell’innovazione applicata al settore del PET, dell’ingegneria e dei prodotti chimici rinnovabili derivati da biomasse non alimentari, con un fatturato 2016 di 1,7 miliardi di euro (da 1,83 miliardi del 2015) e un ebitda di 83,4 milioni (da 141,1 milioni), in calo a seguito dei costi pre-operativi del più grande impianto integrato di produzione d PTA/PET a Corpus Christi in Texas (16 milioni) e dei margini positivi (9 milioni) incassati nel 2015 per la vendita di una porzione di terreno sempre a Corpus Christi.
Il tutto ha portato poi a una perdita di 55 milioni (da 51,3 milioni l’anno prima) e a un debito finanziario netto di 1,8 miliardi (da 1,2 miliardi), con il debito che è cresciuto soprattutto sempre in relazione al finanziamento dell’impianto di Corpus Christi, che nel tempo ha richiesto molti più investimenti di quanto previsto inizialmente. Sinora i capitali per questi investimenti sono stati forniti dalla holding italiana, ma questo spostamento ingente di risorse ha creato a cascata un problema sullo sviluppo del business italiano, dove peraltro si sono sommate anche delle difficoltà tecniche in relazione ai risultati attesi dalla messa in opera dell’impianto a biomasse.
Il debito della parte italiana ammonta a 500-600 milioni di euro, di cui circa 200 milioni verso le banche italiane (Unicredit, Intesa Sanpaolo, Banco Bpm) e il resto verso investitori internazionali. Sul fronte Usa, invece, il debito bancario (in particolare verso BofA Merrill Lynch e Deutsche Bank) sarebbe di circa un miliardo di dollari. Da segnalare, infine, che, dopo un buyback condotto al prezzo di 45 centesimi a fine 2010, ci sono poi ancora in circolazione circa 70 milioni di euro di bond perpetui emessi da M&G Finance Luxembourg sa del totale di 200 milioni emessi nel 2007, che sono in portafoglio ai fondi internazionali, tra i quali quelli di Invesco e Pioneer. Il gruppo ha sospeso il pagamento delle cedole per risparmiare liquidità, così come permesso dal regolamento del bond, in casi di difficoltà (si veda altro articolo di BeBeez).