JP Industries, la società che a fine dicembre 2011 aveva rilevato il comparto bianco della ex Antonio Merloni (compresi gli stabilimenti marchigiani di Santa Maria e Maragone a Fabriano e quello umbro di Gaifana), ha presentato richiesta di concordato in bianco al Tribunale di Ancona lo scorso 1 luglio. Lo riferisce la testata locale CentroPagina.
Secondo i calcoli dei sindacati, l’azienda ha accumulato 4 milioni di euro di debiti con i fornitori, 25 milioni di euro con l’Erario, costi previdenziali e stipendi arretrati, oltre a un debito con le banche che si aggirerebbe attorno ai 10 milioni di euro.
All’inizio del 2019 al Ministero dello Sviluppo Economico era stato trovato un accordo secondo il quale i lavoratori avrebbero potuto godere per tutto l’anno della cassa integrazione (a zero ore con rotazione), mentre il Ministero a dicembre aveva deciso di affidare a Invitalia la missione di trovare un nuovo partner industriale per la JP, sbloccando i finanziamenti statali (24 milioni di euro ancora disponibili dalla stessa Invitalia e dall’Accordo di programma che riguarda la ex Merloni). L’impegno era di riconvocare il tavolo per marzo. Tuttavia, non è stato mantenuto. Ora c’è attesa per un nuovo incontro al Mise, fissato per il 4 luglio.
JP Industries è stata fondata nel 2012 da Giovanni Porcarelli sulle ceneri dell’ex Antonio Merloni, il più grande contoterzista di elettrodomestici nell’Europa ante-crisi. La ex Merloni era stata rilevata per soli 12,2 milioni di euro invece dei 54 stimati. Un prezzo contestato da 8 banche, che fecero ricorso al Tribunale di Ancona che diede loro ragione, così come la Corte d’Appello, ma quelle sentenze furono contraddette dalla Cassazione. Le banche però da allora hanno smesso di fare credito a JP e il mutamento della domanda ha penalizzato l’azienda.