La crisi da coronavirus potrebbe arrivar a ridurre il fatturato delle imprese di quasi un terzo e a più che dimezzare l’ebitda, con quasi la metà delle aziende che potrebbero registrare ebitda negativo. Una situazione, questa, che, richiederà capitali freschi per evitare il peggio. Se ne è parlato ieri nel corso del convegno in diretta streaming “Ripartire più forti. La nuova sfida delle aziende italiane”, ideato e promosso da Quadrivio Group e Giovani Imprenditori di Confindustria (si veda qui il comunicato stampa).
Nel corso del suo intervento, Valerio De Molli, managing partner e ceo di The European House of Ambrosetti e membro del senior advisory board del fondo Industry 4.0 di Quadrivio Group, ha presentato uno studio dell’impatto dell’emergenza da Covid-19 sui conti di un campione di oltre 112 mila aziende italiane, grandi e pmi, con un fatturato aggregato 2019 di circa 2,9 miliardi di euro e un ebitda di 295 milioni, con il 94,3% delle aziende del campione che l’anno scorso ha registrato ebitda positivo. Lo studio ha simulato le possibili evoluzioni dei bilanci in tre scenari con differenti ipotesi di durata e intensità della contrazione della domanda. Il risultato è che quest’anno la riduzione del fatturato potrebbe essere del 6% nel caso di scenario ottimistico, ma addirittura del 29% nel caso dello scenario pessimistico e che il calo dell’ebitda potrebbe fermarsi al 10% nel caso positivo (con il 75,8% delle aziende che registrerebbero un ebitda positivo), ma arrivare addirittura al 57% nel caso più negativo (con solo il 52,2% delle aziende delle campione con ebitda positivo).
“Dopo il coronavirus, le imprese saranno molto indebitate e dovranno investire per adattarsi al nuovo scenario. Serviranno loro capitali, che possono essere forniti dal private capital. Affinchè questo settore sia il perno della ricapitalizzazione, AIFI sta discutendo con il Governo”, ha spiegato Innocenzo Cipolletta, presidente di AIFI. A suo avviso, è necessario costituire fondi sufficientemente consistenti (fondi di fondi), per far crescere numero e dimensioni dei private equity italiani, in modo che attirino capitali esteri.
Il Governo ha previsto anche di condurre investimenti diretti dello Stato nelle imprese, che secondo Cipolletta sono da attuare con prudenza. Fermo restando che la politica deve confrontarsi con imprese e investitori istituzionali, non solo ascoltandoli, ma anche condividendo le scelte, ha ricordato Walter Anedda, presidente di CNPADC, la cassa dei dottori commercialisti. Per il presidente di AIFI, servirebbero garanzie per ricapitalizzare le imprese, in modo da effettuare ricapitalizzazioni favorite dal mercato, senza imbarazzare le imprese e lo Stato con le statalizzazioni. Un punto, questo, già sollevato da AIFI il giorno dopo il varo del Decreto Rilancio, che appunto ha previsto la costituzione del Fondo Patrimonio Rilancio (si veda altro articolo di BeBeez), paventando uno spiazzamento del settore del private equity, e sul quale Antonio Rizzo, consigliere per gli Affari Economici della Presidenza del Consiglio, nel suo intervento al XXX Talk Resiliente da organizzato su Zoom da Vento&Associati in collaborazione con BeBeez lo scorso 3 giugno ha voluto precisare che “il governo ha tutte le intenzioni di coinvolgere anche gli investitori privati“. In che modo, però, non è ancora per nulla chiaro,
Cipolletta ha ricordato inoltre che occorre anche mobilitare il mondo della previdenza attraverso un credito di imposta immediato per gli investimenti in economia reale attraverso i fondi, abbassare la soglia minima di investimento degli investitori privati nei fondi chiusi riservati rispetto all’attuale soglia dei 500 mila euro (tema questo che il governo ha recepito e infatti è stata di recente pubblicato per consultazione dal Ministero dell’Economia e delle Finanze una proposta di modifica della normativa, si veda altro articolo di BeBeez), indirizzare il risparmio privato verso i fondi che investono in imprese (quali Pir e i neonati Pir alternativi, si veda l’Insight View di BeBeez di analisi del Decreto Rilancio).
A questo proposito, Massimo Doris, ceo di Banca Mediolanum e con la sua famiglia tra i maggiori sottoscrittori del fondo Industry 4.0 di Quadrivo Group, dedicato agli investimenti a supporto dell’evoluzione tecnologica delle imprese italiane, in particolare nella digital transformation delle pmi (si veda altro articolo di BeBeez): “I Pir sono strumenti fondamentali per rafforzare il sistema delle pmi e vanno giudicati per quello che sono: vantaggiosi mezzi di patrimonializzazione. Con i Pir alternativi si è dato vita a strumenti illiquidi che possono intervenire anche nelle imprese non quotate. Una grandissima innovazione che, a fianco dei Pir tradizionali, possono dare una spinta positiva, aiutando l’industria nazionale e il benessere del nostro Paese.”
Anche per Alessio Rossi, presidente dei Giovani Imprenditori di Confindustria, associazione che supporta il fondo Industry 4.0 di Quadrrivio Group, occorre mettere a sistema finanza e impresa, per creare nuove e durature sinergie tra tessuto produttivo e finanziario: “Le eccellenze produttive esistenti, così come quelle che lo vogliono diventare, devono necessariamente ambire a conquistare i mercati esteri, perché non è più possibile fermarsi al solo mercato interno. Affrontare questa sfida significa far arrivare nuove risorse alle pmi sfruttando il private equity, con l’obiettivo di rafforzare patrimonializzazione e digitalizzazione trasversale.”
Walter Ricciotti, ceo di Quadrivio Group, ha concluso: “Tre parole sono state il leitmotiv di tutto l’evento: l’opportunità, che spesso nasce nei momenti di crisi, la tempistica, troppo spesso sottovalutata nel processo decisionale, e il coraggio. Abbiamo bisogno di coraggio per ripartire più forti di prima. Quadrivio Group ha questo coraggio e intende continuare a investire nel talento e nella tecnologia delle imprese italiane. Noi come gruppo ci crediamo, in quanto da sempre siamo tifosi dell’Italia e delle sue eccellenze”. Anche perché, come ha detto Giuseppe Castagna, ceo di Banco Bpm, “la luna di miele con l’Europa durerà poco se non dimostreremo di saper fare le riforme”.
Riforme più che mai necessarie, considerato che l’Italia spesso non è presa in considerazione per gli investimenti di lungo periodo a causa della sua incertezza del diritto, incompatibile con un orizzonte temporale di lungo periodo degli investimenti, come testimoniato da Ivonne Forno, direttore generale del fondo pensione Laborfonds, fondo territoriale per lavoratori dipendenti del Trentino Alto Adige. Laborfonds è da tempo investitore in private capital. In particolare a inizio 2015 ha sottoscritto per 50 milioni il Fondo Strategico del Trentino Alto Adige gestito da Finint Investments sgr, voluto dalla Regione Autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol, al fianco della Provincia Autonoma di Trento e alla Provincia Autonoma di Bolzano, che avevano investito 75 milioni ciascuna (si veda altro articolo di BeBeez). Inoltre, come si legge nella nota informativa per i potenziali aderenti pubblicata a dicembre 2019, sono seguiti, nel 2016, gli investimenti nel Green Arrow Energy Fund (già Quadrivio Green Energy Fund) e nel Fondo Housing Sociale Trentino, nel 2017 nel fondo di private equity globale Partners Group Direct Equity 2016 Sicav SIF e nel fondo infrastrutturale Macquarie Super Core Infrastructure Fund, nel 2018 nel fondo di fondi infrastrutturali APPIA II Global Infrastructure Portfolio e nel 2019 ha effettuato una seconda sottoscrizione di quote nel Fondo Housing Sociale Trentino ed è stato sottoscritto il fondo di private debt infrastrutturale senior secured Bnp Paribas European Infra Debt Fund. Alla fine del 2018, il peso della componente del portafoglio oggetto della gestione diretta rispetto al totale del patrimonio della Linea ammontava a circa il 4,2% (ci si riferisce alle somme già investite).
Sempre in tema di fondi pensione, è intervenuto anche Piergiuseppe Mazzoldi, presidente del Fondo Pensione BCC. Quest’ultimo investe in economia reale dal 2009 e al momento è investitore di una lunga serie di fondi di private equity, venture capital, private debt, infrastrutture e immobiliare, come evidenziato dalla nota informativa per i nuovi aderenti depositata lo scorso marzo. Tanto che ora Mazzoldi ha detto che il fondo sta studiando la possibilità di investimento in equity crowdfunding. Il fondo ha sviluppato centro studi interno che cerca le opportunità di investimento in pmi e si è adeguato ai criteri ESG. “Continueremo il nostro lavoro sul territorio fiduciosi, come se il coronavirus non fosse arrivato. Lo vediamo come un inciampo, che avrà un impatto sui nostri risultati, ma non ci spaventa”, ha concluso Mazzoldi.