Les jours d’avant (The Days Before) di Karim Moussaoui, ritratto in basso, regista algerino, classe 1976, già presente in una precedente edizione del Festival, con il film En attendant les hirondelles, è una coproduzione franco-algerina del 2015 del 2017 (durata 45’), in algerino sottotitolato in inglese, che ci offre un affresco della gioventù del paese negli anni Novanta. Siamo nel 1994 a Sidi Moussa, quartiere periferico a sud di Algeri, e il racconto conferma che l’Algeria non è un paese per giovani. Forse lo pensava già Camus negli Anni Cinquanta e nel bel mezzo della décennie noire, quando il terrorismo imperversa e ogni giorno vengono uccisi poliziotti, sotto gli occhi di tutti, in un clima di omertà se non di indifferenza, non fa che rafforzare questo assunto. Un film delicato, che non si dilunga e che mostra la realtà con lucidità, mentre il regista con delicatezza e tenerezza fissa lo sguardo su un andamento che sembra inesorabile, senza sposare una tesi, eppure è un vissuto che gli appartiene. Protagonisti Djaber, una ragazzo relativamente timido, e Yamina vicini di casa ma non si conoscono. Per entrambi, incontrarsi tra ragazze e ragazzi è talmente difficile che hanno quasi smesso di crederci. Poi però, nel giro di qualche giorno, quella che fino ad allora era stata soltanto una violenza sorda e lontana deflagra davanti a loro, cambiando per sempre il loro destino. Nella scena finale c’è tutto il dolore di un non vissuto, di qualcosa di interrotto prima ancora di cominciare. E’ un film che fa male perché è un quartiere popolare ma non degrado, famiglie molto modeste che la fotografia rende perfettamente: case bruttine ma curate con amore, situazioni dignitose e quindi non possiamo sperare che siano solo angoli dimenticati del Paese. Al contrario, è il quadro della maggior parte della gioventù che fa fatica a studiare, non trova un motivo valido per restare in Algeria e spesso neppure il coraggio o i mezzi per andar via. Il regista ha vissuto dal 1980 al 1994 nel quartiere ed è stato molto toccato da quel periodo anche se non ha voluto realizzare un film autobiografico, pur prendendo spunti da storie conosciute e vissute in prima persona. Racconta Sidi Moussa come “una città socialista, come si diceva allora, costruita nel anni Settanta. Le vestigia della buona volontà di accordare alle genti lo stesso livello sociale, lo stesso livello di vita. Costruita attorno ad un villaggio agricolo dove non c’era né cinema né un campo da gioco se non dei terreni incolti…Gli abitanti venivano un po’ da tutte le parti e beneficiavano di un comfort relativo.”
La separazione forzata tra ragazzi e ragazze, l’ostacolo a qualsiasi forma di divertimento educa non al pudore e al rispetto della tradizione ma all’ipocrisia, tanto che Yamina è pronta a mentire al padre ma ha difficoltà a farlo per rispetto della madre e della sorella. Il maschile è desiderabile ma incute paura e anche ostilità. Sullo sfondo la pioggia che accompagna la vicenda, monotona, che rende le strade fangose e tutto avvolto nel grigiore, triste come solo la pioggia sa esserlo a quelle latitudini, fatte per il sole. Ben scelti i personaggi. Questo medio metraggio è stato selezionato in diversi festival tra cui Locarno, Clermont-Ferrand e Brive e ha ottenuto la menzione all’oscar di miglior cortometraggio nel 2015. Ha ottenuto anche il gran Premio della giuria al Festival Premiers Plans d’Angers nel 2014. Karim Moussaoui è Membro fondatore dell’associazione culturale di promozione del cinema Chrysalide a Algeri; si è occupato della programmazione cinematografica del cinema all’Istituto Francese della Capitale durante diversi anni. Si è laureato nel 2016 alla suo lungometraggio En Attendant les hirondelles, presentato nel quadro della selezione Un certain regard al Festival di Cannes 2017.
a cura di Ilaria Guidantoni