Ricavi in rialzo nel 2020 per R INA spa, gruppo che fornisce un’ampia gamma di servizi ad alto valore aggiunto nei settori energia, marine, certificazione, infrastrutture, trasporti e industry, ma sotto il target dei 500 milioni di euro che si era dato un anno fa, quando l’amministratore delegato Ugo Salerno aveva ribadito il suo interesse a portare la società a Piazza Affari, sebbene non prima della fine del 2021. L’obiettivo di Piazza Affari comunque resta, ma si allungano i tempi, ora si parla di un paio d’anni. Lo ha detto di nuovo Salerno, questa volta al Sole 24 Ore, precisando che i ricavi di RINA si sono chiusi attorno ai 485 milioni di euro nel 2020 dai 476 milioni del 2019 (si veda qui il comunicato stampa di allora), quando l’ebitda rettificato era stato intorno al 10,5%-11% del fatturato e il rapporto debito/ebitda era di circa 2,75 volte (si veda altro articolo di BeBeez).
Nel 2021, comunque, le cose dovrebbe andare molto meglio, con un fatturato target di 530 milioni e un ebitda in aumento a 60-65 milioni, a fronte di un debito che scenderà sotto le 2,2 volte l’ebitda. E il piano industriale 2021-2023 che sarà approvato dal Consiglio di amministrazione a fine febbraio, prevede di arrivate a fine 2023 con un ebitda sopra gli 80 milioni e ricavi a quota 700 milioni. Ma i numeri potrebbero essere ancora migliori se nel frattempo RINA porterà a termine delle acquisizioni. L’azienda peraltro è già al lavoro per chiuderne alcune, la prima delle quali sarà portata a termine a stretto giro e riguarderà il settore dello spazio e difesa, ma ulteriori opportunità potrebbero arrivare anche dagli Stati Uniti, soprattutto sul settore infrastrutture e trasporti. “Se riusciremo a fare delle acquisizioni, potremo avere degli obiettivi molto più ambiziosi e superare anche il miliardo di ricavi”, ha detto Salerno.
Negli ultimi anni RINA ha comunque già fatto shopping. Nel maggio 2016 la società ha già comprato il 100% della britannica Edif Group Limited per circa 150 milioni di euro (si veda altro articolo di BeBeez). Nel corso del 2018 RINA ha poi rilevato la maggioranza di Comete Engineering, per rafforzare la presenza nel settore ingegneristico su scala internazionale. Infine lo scorso luglio 2019 RINA ha comprato CND Studio, fondato a Milano da Gino Fabbri nel 1995 e specializzato nella formazione e certificazione degli operatori di controlli non distruttivi (si veda qui il comunicato stampa).
RINA è nato da quello che una volta era il Registro Italiano Navale e che ha progressivamente esteso i propri servizi dalla classificazione alla certificazione, dal collaudo all’ ispezione, dalla formazione al consulting engineering e ampliato la gamma dei settori in cui opera, includendo, oltre all’industria navale, anche ambiente, responsabilità sociale, energia, infrastrutture, trasporti e logistica, agroalimentare, tecnologia e innovazione.
Rina è tuttora controllato al 70% dal Registro Navale Italiano, un ente morale di natura privata (paragonabile a una fondazione) nel cui consiglio di amministrazione siedono i rappresentanti di varie associazioni di Camere di Commercio, armatori, assicurazioni, cantieri e altri professionisti. Il gruppo è partecipato dal 2014 da Palladio, attraverso Vei Capital e Venice Shipping & Logistics, e dal 2016 da NB Renaissance (che ha rilevato la quota che nel 2014 aveva acquisito Intesa Sanpaolo, entrata nel capitale insieme a Palladio), che hanno sottoscritto inizialmente un aumento di capitale da 25 milioni, impegnandosi in investimenti successivi sottoforma di equity e di obbligazioni convertibili sino a un totale di 100 milioni, corrispondente a non oltre il 30% del capitale (si veda altro articolo di BeBeez). A oggi i fondi controllano il 27% del capitale, mentre il restante 3% in mano al management.