Le dimensioni del mercato potenziale per la supply chain finance (SCF) si sono ridotte a 450-490 miliardi di euro nel 2020 rispetto ai 505 miliardi del 2019, quando invece erano aumentate del 2,4% dai 483 miliardi del 2018 (si veda altro articolo di BeBeez). Lo stima l’Osservatorio Supply Chain Finance della School of Management del Politecnico di Milano, che ieri ha presentato il suo studio sul settore nel corso della conferenza “Crisi, liquidità e filiere: il vaccino si chiama supply chain finance” (si veda qui il comunicato stampa). Il dato stimato dall’Osservatorio rappresenta il totale del montecrediti, comprensivo di crediti di natura commerciale delle imprese italiane, che alla fine di ciascun anno registravano ricavi maggiori di 500 mila euro.
Federico Caniato, direttore dell’Osservatorio Supply Chain Finance, ha sottolineato che il calo del mercato potenziale della SCF del 2020 è stato meno che proporzionale a quello del fatturato delle aziende (sceso del 10-12% secondo i calcoli dell’Istat), a causa dell’allungamento dei cicli di cassa dovuto al coronavirus. Il valore esatto dipenderà dalle performance di incasso e pagamento delle imprese nel 2020. I dati preliminari indicano che il mercato già servito da soluzioni di Supply Chain Finance nel 2020 si assesterà intorno ai 120 miliardi di euro, pari al 24%-27% del potenziale, con un’evidente crescita delle soluzioni innovative e un brusco calo di quelle tradizionali.
Nonostante il calo del mercato potenziale nel 2020, restano quindi 330-370 miliardi di euro di mercato non serviti dalla SCF. Nello specifico, si evidenzia un crollo dell’anticipo fatture, che nel 2020 ha perso il primato di soluzione di supply chain finance più utilizzata, scendendo a quota 44 miliardi di euro con calo del 33% rispetto al 2019. Fatica anche il factoring diretto (55 miliardi, -8% sul 2019), che ha risentito del calo dei volumi transati nei mesi di picco della pandemia e la preferenza verso soluzioni più orientate alla filiera. Crescono le soluzioni innovative come il reverse factoring (7,5 miliardi di euro, +13%) e il confirming (800 milioni di euro, +7%), ma anche invoice trading (300 milioni di euro +20%) e dynamic discouting (100 milioni, +500%). Secondo le stime, le soluzioni innovative coprono oggi tra il 4 e il 5% del mercato potenziale della SCF del 2020, in espansione costante negli ultimi anni (rappresentavano meno dell’1% nel 2015).
BeBeez ha calcolato che le piattaforme fintech italiane sfioravano i 3,8 miliardi di euro di intermediato a fine settembre dall’inizio dell’operatività delle varie piattaforme, con le prime che hanno iniziato l’attività tra il 2015 e il 2016. Il balzo più importante è avvenuto quest’anno, con un intermediato che raggiunge gli 1,2 miliardi di euro, contro gli 1,4 miliardi intermediati in tutto il 2019 (si veda qui il Report Fintech di BeBeez 9 mesi 2020 per gli abbonati a BeBeez News Premium). Di questo totale, però, una parte riguarda finanziamenti a medio-lungo termine, quindi non si tratta di supply chain finance. Riducendo il punto di osservazione alla sola SFC, la stima di BeBeez è di un intermediato di circa 880 milioni nei nove mesi 2020.
Antonella Moretto, direttrice dell’Osservatorio Supply Chain Finance del Politecnico di Milano, ha evidenziato che le soluzioni innovative di SCF sono cresciute da 1% del 2014 al 4% del 2018 per merito di cambio dell’ecosistema e dei modelli di business, supporto a livello normativo e tecnologia. Poi nel 2020 è subentrato il coronavirus, che ha reso la SCF un potenziale vaccino alla crisi. Le soluzioni di SCF hanno infatti aiutato le imprese esportatrici a diminuire l’impatto negativo della pandemia: per il 25% hanno contribuito a stabilizzare o aumentare il fatturato estero, per il 22% hanno aiutato a riavviare le attività localmente e all’estero. Inoltre, la supply chain finance ha permesso di migliorare la gestione dei processi interni e le relazioni di filiera.
Tuttavia, le imprese italiane conoscono poco le soluzioni di SCF: il 54% delle imprese esportatrici italiane non le conosce, il 22% le usa soltanto nel mercato nazionale e solo il 24% le impiega nelle operazioni di export. Le soluzioni di SCF più utilizzate sono quelle tradizionali, come la lettera di credito (50%), l’assicurazione del credito (48%), l’anticipo all’esportazione (44%). Solo il 14% usa spesso il forfaiting (cessione da un esportare a un istituto finanziario di titoli di credito commerciali ricevuti da un importatore come pagamento di beni strumenti o servizi), l’8% l’export factoring (il factoring con l’aggiunta della gestione e copertura del rischio sui crediti da esportazione) e il 4% l’invoice trading. Sul tema del supporto della SCF alle esportazioni, Alessandra Moretto ha spiegato: “Nel 2020 le soluzioni di SCF hanno giocato un ruolo importante anche per supportare le imprese esportatrici colpite dal Covid. Hanno superato i confini geografici, ma anche quelli dimensionali e di lontananza nella filiera: durante la pandemia, sono state sviluppate soluzioni deep-tier financing per servire l’intera supply chain, a valle e a monte, portando sollievo finanziario a chi maggiormente ne ha bisogno”.
Federico Caniato, direttore dell’Osservatorio Supply Chain Finance, ha aggiunto: “Nella gestione della pandemia, è stato applicato spesso oltre il primo livello di fornitura, dimostrandosi strumento importante per supportare la crisi di liquidità, finanziando anche ordini o scorte. E la maggiore consapevolezza è destinata ad ampliarne ulteriormente la rilevanza in futuro. Ma l’introduzione di soluzioni richiede un’attenta gestione del cambiamento in azienda, per le relazioni da gestire e formalizzare con molti attori diversi. Ed è fondamentale migliorare la sinergia con il processo di gestione del rischio, perché è ancora alto il numero di imprese che utilizza la SCF esclusivamente per ottimizzare il capitale circolante”.
A livello mondiale, l’Osservatorio ha mappato 137 startup del settore supply chain finance, che nel complesso hanno raccolto negli ultimi 5 anni dagli investitori capitali per quasi 2 miliardi di dollari. La maggior parte di esse ha sede in Europa (48), Asia (45) e Nord America (28). Metà opera solo nel proprio contesto nazionale (46%), il 24% estende la sua offerta a livello continentale e il 30% a livello globale. Le soluzioni più offerte sono invoice trading (29 startup) e reverse factoring (28), ma si notano anche numerosi servizi complementari come valutazione del rischio (17), servizi di pianificazione finanziaria e tesoreria (11), di credit collection (9) o di assicurazione del credito (2). La tecnologia digitale più utilizzata è l’Artificial Intelligence (37%), seguita da Application Programming Interfaces (25%) e blockchain (16%).
Esistono anche servizi complementari al SCF, offerti da un numero crescente di startup e di natura diversa, quali: assicurazione del credito, infrastruttura IT. Ma nonostante l’elevato numero di startup a livello mondiale, solo poche di esse sembrano in grado di diventare unicorni (startup con una valutazione superiore al miliardi di dollari. Agostino Bonzani, ricercatore dell’Osservatorio Supply Chain Finance, ha ricordato che la startup di Singapore Linklogis ha ottenuto maggiori finanziamenti: 250 milioni di dollari. Il ricercatore inoltre ha osservato che le startup SCF-specific tendono ad ampliare la gamma di soluzioni con il passare degli anni, per aumentare la loro competitività.