Il mercato potenziale della supply chain finance (SCF) in Italia a fine 2018 valeva 483 miliardi di euro, ma solo il 31% era già servito da soluzioni che consentono alle imprese di finanziare il capitale circolante facendo leva sul ruolo e le relazioni della filiera, per un valore di 150 miliardi di euro (dati aggiornati al 2018). Di questo totale, ben 70 miliardi erano rappresentati ancora dal classico anticipo fatture e 61 miliardi da factoring tradizionale, mentre il resto è distribuito tra cartolarizzazioni di crediti (8,5 miliardi), reverse factoring (6,2 miliardi), carte di credito (3 miliardi), cessione crediti futuri (un miliardo), confirming (500 milioni), invoice trading (130 milioni) e dynamic discounting (100 mila euro).
Lo stima l’Osservatorio Supply Chain Finance della School of Management del Politecnico di Milano, che il 17 aprile scorso ha presentato i risultati della sua ricerca annuale nel corso del convegno online “Supply Chain Finance: level up!” (si veda qui il comunicato stampa). Un quadro che però nel corso del 2019 si è già molto modificato con uno sviluppo importante della supply chain finance innovativa. Come emerge, infatti, dal Report BeBeez Private Debt e Direct lending 2019, disponibile per gli abbonati di BeBeez News Premium, l’anno scorso le piattaforme di invoice financing hanno intermediato ben 1,12 miliardi di euro, a cui vanno aggiunti 50 milioni intermediati dall’unica piattaforma attiva di dynamic discounting.
Tornando ai dati 2018, il valore dei 483 miliardi rappresenta il totale del montecrediti, comprensivo di crediti di natura commerciale delle imprese italiane che al 31 dicembre 2018 registravano ricavi maggiori di 500 mila euro, sulla base del database Leanus. Il valore differisce dalla rilevazione dello scorso anno, dove si era considerata la totalità delle imprese italiane (e infatti il valore complessivo del mercato potenziale supply chain era per il 2017 di 530 miliardi di euro, si veda qui altro articolo di BeBeez), ma fornisce una panoramica più accurata del mercato potenziale in quanto le imprese troppo piccole sono difficilmente servibili. A parità di perimetro, il mercato potenziale nel 2018 è cresciuto dell’1,1%.
Sulla base di questi calcoli, nel 2018 l’Italia si collocava terza in Europa, rappresentando il 3% del mercato potenziale mondiale della SCF, che, a fine 2018, ammontava a 16.500 miliardi di euro. A livello globale, l’Asia rappresenta il mercato potenziale più ampio con circa 7.000 miliardi di euro di crediti commerciali, trainata da Cina (3000 miliardi di euro) e Giappone (1200). Segue l’America con circa 5.000 miliardi, di cui oltre il 60% negli Stati Uniti (3.100 miliardi) e infine l’Europa con 4.000 miliardi di euro, guidata da Francia (621 miliardi di euro) e Germania (509) come principali mercati di sbocco oltre all’Italia.
Nel nostro paese, si diceva, domina ancora l’anticipo fatture (70 miliardi di euro, anche se è sceso del 2,7%) e cresce il factoring. In particolare, aumenta del 6,1% e vale 61 miliardi di euro quello tradizionale, del 25% fino a 1 miliardo di euro la cessione dei crediti futuri, del 36,8% fino a 6,1 miliardi di euro il reverse factoring, che permette ai fornitori di sfruttare il merito creditizio di un cliente per ottenere prezzi più bassi. Si conferma rilevante, attorno agli 8,5 miliardi di euro, la cartolarizzazione dei crediti commerciali ceduti a terzi attraverso titoli obbligazionari. In salita anche il ricorso a soluzioni innovative, in particolare l’invoice trading (+225%). “La SCF non è più un tema per soli addetti ai lavori e si è ormai trasformato in un vero strumento manageriale, ora il momento un ulteriore espansione. I prossimi passi sono la possibilità di estendere le soluzioni del credito di filiera oltre il primo livello di fornitura, il cambiamento strutturale dell’organizzazione, dei processi e delle competenze a sostegno della gestione manageriale e, infine, una vera espansione internazionale, grazie alla capacità delle imprese di utilizzare soluzioni nelle filiere globali e alla presenza di attori internazionali sul panorama italiano”, ha chiosato Antonella Moretto, direttore dell’Osservatorio Supply Chain Finance.
“In Italia, la supply chain finance da soluzione tattica a supporto di esigenze specifiche, è diventato un’opzione sempre più strategica, ancora di più ora per fronteggiare l’emergenza. Le imprese sono attente nel selezionare le soluzioni giuste con il contributo delle nuove tecnologie, creano organizzazioni specifiche e ne valutano le implicazioni in un’ottica olistica di risk management. L’avvento della fatturazione elettronica ha spinto l’interesse”, ha commentato Federico Caniato, direttore dell’Osservatorio Supply Chain Finance. In particolare, uno studio dell’Osservatorio sugli effetti della fatturazione elettronica sul dynamic discounting ha calcolato che grazie alla prima, il secondo ha potuto inserire automaticamente i dati delle fatture nei gestionali, con un ampliamento della finestra temporale di finanziamento anticipato passata in media da 26 a 49 giorni. Nel caso dell’invoice trading, l’eliminazione dell’attività del controllo dei dati della fattura ha portato a un risparmio di 1,3-1,5 euro per fattura.
Anche la blockchain e l’AI hanno dato una spinta alla SCF. In particolare, la prima si è consolidata con molte operazioni di SCF erogate tramite questa tecnologia, con il vantaggio di una condivisione trasparente e in tempo reale delle informazioni e la possibilità di automatizzare processi tramite smart contract. Inoltre, come hanno osservato Diego Tavecchia, Head of International Relations di Assifact e Alberto Artana, Managing Director di Accenture Strategy, l’invoice finance sta diventando invoice fintech, in quanto l’invoice finance è ormai uno degli ambiti di applicazione più interessante del fintech, che è andato a colmare le nicchie di mercato meno gestite dagli incumbent. In particolare, le soluzioni innovative hanno attivato automazione dei processi, advanced analytics e integrazione con le API.
L’intelligenza artificiale può essere utile per scegliere la soluzione più adatta in fase di selezione, in quella di implementazione per selezionare e coinvolgere i partner giusti e in quella di adozione per snellire le attività operative, identificando dinamicamente situazioni di rischio.
Tra le 8 classi di applicazioni dell’AI esistenti, 4 sono applicate dalla SCF: intelligent data processing (algoritmi per estrarre informazioni dai dati esistenti); recommendation (suggerimenti sulle azioni da implementare); chatbot/assistenti digitali, NLP (algoritmi di elaborazione del linguaggio). Fermo restando che l’AI è un ausilio, ma non può sostituirsi al manager nel prendere le decisioni perché è fondamentale il fattore umano, ha ammonito Antonella Moretto.
Oltre a crescere, la supply chain finance sta diventando sempre più strategica, ancor più in questo momento di crisi di liquidità a seguito dell’emergenza sanitaria dovuta al coronavirus. La crisi innescata da quest’ultimo peserà in particolare sulle pmi, che sono più esposte ai lunghi tempi di pagamento: mediamente incassano i loro crediti 30 giorni dopo le grandi aziende.
Secondo Alessandro Fischetti, amministratore di Leanus, intervenuto al convegno, nell’ipotesi di un crollo del fatturato del 37,5% nel 2020 (caso peggiore), avranno maggiore necessità di supporto le imprese commerciali, che hanno marginalità più bassa. Inoltre, avverte Niccolò Zuffetti, responsabile Marketing di Cribis, le aziende con l’incertezza e il lockdown bloccheranno sempre di più i pagamenti, creando problemi maggiori a coloro che sono in alto nella catena di fornitura, con il rischio che crollino le filiere. Diventa quindi indispensabile la garanzia pubblica per agevolare l’accesso al credito delle aziende che più ne hanno bisogno per fronteggiare l’emergenza.
Ma anche la SCF può contribuire, fornendo soluzioni di filiera a supporto del capitale circolante, in particolare per gli attori più deboli. “Nel sistema della SCF, i fornitori dovranno effettuare: protezione della pipeline (mantenere i clienti), salvaguardia della liquidità per sopravvivere, gestire il problema dei prodotti vecchi in magazzino (da vendere a prezzo inferiore) e il rischio di credito, legato ai clienti che potrebbero fallire. I compratori dovranno proteggere la liquidità, avranno problema di riduzione dei costi, dovranno assicurarsi l’offerta di prodotti e fare attenzione agli stock obsoleti, che dovranno essere venduti a prezzo inferiore. I provider di SCF (le banche) subiranno perdite di crediti. Saranno importanti i programmi di supporto da Governi o banche centrali per rifinanziarli. Nel caso in cui qualche provider fallisca, potrebbe esserci una perdita di fiducia che creerebbe una crisi di liquidità”, ha concluso Michiel Steeman, presidente dell’International Supply Chain Finance Community e docente universitario di supply chain finance in Olanda.