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A Milano alle Gallerie d’Italia in Piazza Scala fino al 27 marzo 2022 è visitabile la Mostra. a cura di Fernando Mazzocca, con Stefano Grandesso e Francesco Leone con il coordinamento generale di Gianfranco Brunelli dedicata al GRAND TOUR. Sogno d’Italia da Venezia a Pompei. L’esposizione, sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica e in partnership con il Museo Archeologico Nazionale di Napoli e il Museo Statale Ermitage di San Pietroburgo, uno dei più grandi prestatori delle opere, presenta circa 130 opere provenienti dalla collezione Intesa Sanpaolo, collezioni private e numerose istituzioni culturali italiane e internazionali come The National Gallery di Londra, Musée du Louvre di Parigi, The Metropolitan Museum of Art di New York, Museo Nacional del Prado di Madrid, Rijksmuseum di Amsterdam, Victoria and Albert Museum di Londra, Österreichische Galerie Belvedere di Vienna, Statens Museum for Kunst di Copenaghen, Musée des Beaux-Arts di Lione, Gallerie degli Uffizi di Firenze, Musei Capitolini di Roma, Musei Vaticani, Museo e Real Bosco di Capodimonte di Napoli. Tra
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i prestiti anche due opere provenienti dal Regno Unito e appartenenti alla Royal Collection della Regina Elisabetta II, oltre ad altre opere provenienti da grandi residenze reali come la Reggia di Versailles, la Reggia di Caserta e la Reggia di Pavlovsk a San Pietroburgo. Dipinti, sculture, oggetti d’arte, allestiti in un suggestivo dialogo, intendono riproporre, in una mostra di grande attualità, l’immagine dell’Italia amata e sognata da un’Europa che si riconosceva in radici comuni di cui proprio il nostro Paese era
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stato per secoli il grande laboratorio, un’Italia composita, raffigurata nella sua struggente bellezza dagli artisti che fecero sorgere il mito del Belpaese. L’allestimento è molto avvolgente, con la grande sala centrale corredata di piccole opere bianche tra le quali spiccano i bronzi, sotto la cupola dello splendido edificio sede dell’esposizione. Pannelli scuri tra il marrone e il melanzana che forse non accolgono di primo acchito, ma accolgono e lasciano parlare le opere accarezzate da una luce morbida che valorizza l’elemento emozionale prima che didascalico.
Colpisce la colonna sonora, un’iniziativa che è
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stata inserita in un secondo momento a cura dello staff didattico di Civita in coordinamento con la Società Quartetto, l’associazione Equivoci musicali e l’Associazione Scarlatti con le quali collabora Gallerie d’Italia. Le iniziative sono due, l’inserimento della musica come accompagnamento, suggestione con la scelta di quasi tutte ouverture del periodo storico oggetto dell’esposizione tra ‘700 e ‘800, da Cimarosa, a Paisiello e Rossini con una scelta molto vasta per una playlist che dura alcune ore in modo da non stancare l’orecchio del visitatore; e il percorso didascalico con l’iniziativa “Note di viaggio” al quale si accede attraverso il proprio telefono con il sistema del QR Code. L’associazione di brani musicali e testi che motivano e spiegano l’accostamento dell’opera d’arte alla musica consente di “vedere la musica e
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ascoltare l’arte”, secondo lo slogan coniato ad hoc. Per fare un esempio La famiglia Tolstoij a Venezia di Giulio Carlini, opera prestata dall’Ermitage è associata al Capriccio italiano opera 45 di Pëtr Il’ič Čajkovskij, una sorta di compendio musicale del suo gran tour italiano, durante il quale aveva ‘assaggiato’ i diversi generi nazionali.
In mostra sono esposte opere dei principali artisti del tempo come Piranesi, Valadier, Volpato, Canaletto, Panini, Lusieri, Hubert Robert, Jones, Wright of Derby, Hackert, Volaire, Ducros, Granet, Valenciennes, Catel, Batoni, le due pittrici Vigée Lebrun e Angelica Kauffmann, Ingres. Il Grand Tour, uno straordinario fenomeno di carattere universale, ha contribuito in modo determinante a creare quella percezione dell’Italia, legata alla
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bellezza del suo ambiente e della sua arte, ancora oggi di grande attualità che rende davvero unica l’identità del nostro Paese. Tra la fine del Seicento e la prima metà dell’Ottocento, l’Italia fu infatti la meta privilegiata di letterati, artisti, giovani signori, membri della società aristocratica e colta europea. Solo in Italia, la cultura classica poteva raggiungere una compiuta sintesi di natura e di storia. Il grande viaggio – l’espressione fu utilizzata per la prima volta nel 1697, nel volume di Lassel, An Italian Voyage – fu presto inteso come momento essenziale di un percorso educativo e formativo, nonché segno di un preciso status sociale. L’Italia rappresentava una tappa obbligata per artisti e studiosi amanti dell’architettura, della pittura e della scultura, sia antica, sia moderna. Le straordinarie scoperte archeologiche del Settecento ad Ercolano e Pompei aggiunsero nuovi motivi di interesse. Questo momento di formazione, diventato obbligatorio per le élite europee, ma poi anche per quelle provenienti da altri continenti, ha coinvolto sovrani, aristocratici, politici, uomini di chiesa, letterati, artisti, tutti affascinati dalla varietà del paesaggio italiano ancora intatto, dalla maestà delle città, dei monumenti e delle opere d’arte che facevano, e ancora oggi fanno, del nostro territorio una sorta di meraviglioso museo “diffuso”.
Uno degli aspetti fondamentali, messo in luce dalla mostra, è il sapore dell’antico e la sua grande riscoperta, a cominciare da Antonio Canova, che ha inventato la scultura moderna pur essendo a tutti gli effetti un figlio dei classici. Al centro della grande sala infatti il gusto dell’epoca con il collezionismo legato alla riproduzione dei classici, in formati ridotti da obelischi a statue. E’ il Settecento il periodo nel quale si comincia a viaggiare nel senso moderno dell’opera, come turisti, e particolare rilievo assumono i luoghi – le città tradizionali come Venezia, Firenze, Roma e Napoli, e i borghi storici- e i paesaggi – dalle Alpi, al Vesuvio, all’Etna – a cominciare dalla capitale. Roma, la città universale ed eterna, prima capitale dell’antichità e poi della cristianità, dove si venivano a studiare i segreti e i canoni del bello, depositato non solo nei marmi antichi ma anche nei capolavori del Rinascimento e del Classicismo seicentesco, è la meta principale. Qui in particolare si sviluppa il gusto del “Capriccio”, ad esempio nelle opere di Giovanni Paolo Panini, l’accostamento di vari elementi che pure si trovano distanti e che possono compendiare in una sola opera i luoghi più importanti o amati di un luogo, quasi un souvenir. Nel Lazio si ripercorrevano i luoghi celebrati dalla letteratura classica che, attraverso Orazio e Virgilio, erano entrati nel mito. Mete particolarmente ambite anche Napoli e la Campania dove ci sono i luoghi del mito come nel sud fino alla Sicilia. Nel capoluogo campano tra l’altro c’era un circolo di artisti anche stranieri molto efficiente. Di Napoli colpisce il paesaggio del golfo, incendiato dal Vesuvio e il fascino delle testimonianze dell’antichità, soprattutto dopo la riscoperta delle due città di Pompei e Ercolano, sepolte dalla catastrofica eruzione del Vesuvio del 79 d.C., hanno fatto di Napoli l’altra irrinunciabile meta di questo viaggio di istruzione e formazione, che si estese poi anche, sempre in Campania, alla recuperata area di Paestum dove era possibile emozionarsi di fronte allo spettacolo sublime dei magnifici templi dorici, in un periodo in cui la Grecia, ancora sotto il dominio ottomano, era interdetta ai viaggiatori. Sempre le testimonianze della Magna Grecia spinsero i viaggiatori più ardimentosi, e uno dei primi fu Goethe nel suo famoso viaggio in Italia, verso la più lontana e sconosciuta Sicilia, destinata a incantare con l’asprezza dei suoi paesaggi primitivi e l’imponenza dei templi di Segesta, Selinunte e Agrigento, o del teatro greco di Siracusa. Egli scrisse che senza conoscere la Trinacria non si poteva dire di aver conosciuto l’Italia. Altri luoghi privilegiati del Grand Tour furono città piene di eventi come Venezia, un vero e proprio mito; Vicenza, dove era possibile ammirare i palazzi di un genio universale come Palladio, imitato in tutto il mondo; e naturalmente Firenze che nelle sue chiese e nelle sue collezioni, in particolare le Gallerie medicee, schiudeva agli occhi ammirati dei viaggiatori le meraviglie dell’antico come del Rinascimento. A proposito del paesaggio in mostra Panorama. Veduta da Bellosguardo di Thomas Patch. Successivamente anche Milano, grazie soprattutto alla presenza di Leonardo e del suo leggendario Cenacolo, e i vicini laghi, per lo splendore delle loro rive e delle ville famose sin dall’antichità, diventarono delle mete per i viaggiatori più esigenti. L’Italia divenne per un lungo periodo il maggiore mercato non solo dell’arte antica, ma anche di una produzione contemporanea ispirata alla memoria dell’antico. Fiorì un’industria artistica legata alla riproduzione di oggetti antichi. In mostra ad esempio due piani di tavolo della Galleria dei lavori su modelli di Antonio Cioci di Firenze, con il tipico lavoro ad intarsio di pietre preziose, o “commesso fiorentino”.
Sicuramente il più originale protagonista di questo gusto dell’antico fu il genio di Piranesi che nelle sue incisioni visionarie, nei suoi estrosi arredi aveva proposto ad una raffinata clientela internazionale una visione molto personale dell’immaginario classico. Sulla sua scia si registra una impressionante ripresa delle manifatture artistiche più prestigiose che, dalla bronzistica all’oreficeria al mosaico alla glittica, hanno raggiunto livelli pari a quelli del Rinascimento. I prestigiosi assemblage in metalli e pietre preziosi di Valadier hanno incantato tutto il mondo, mentre le immagini delle più popolari sculture antiche sono state diffuse nelle regge e nelle dimore aristocratiche europee dai bronzetti di Boschi, Zoffoli, Righetti, Hopfgarten o dalle meravigliose statuine in biscuit di Volpato. Dalle richieste dei collezionisti stranieri ha tratto un nuovo slancio anche la pittura, soprattutto un genere prima considerato minore come la veduta e il paesaggio che influenzò molto l’arte del giardino inglese. Anche in questo campo grazie ad artisti della originalità e della grandezza di Canaletto, Panini, Joli, Lusieri e degli stranieri venuti al seguito dei viaggiatori, come Hubert Robert, More, Wilson, Jones, Wright of Derby, Hackert, Volaire, Ducros, Granet, Valenciennes, Catel è stato raggiunto tra Sette e Ottocento un livello prima impensabile, passando dalla razionalità scientifica dei vedutisti all’emozione del paesaggio visto come espressione di uno stato d’animo dei romantici. Ma il genere più richiesto e amato dai collezionisti stranieri, insieme alle vedute dei luoghi visitati, è stato il ritratto. Nella seconda parte della mostra infatti lo spazio è dedicato alla ritrattistica di collezionisti e artisti, come l’opera di Jean-Auguste-Dominique Ingres, Ritratto di François-Marius Granet, locandina della mostra. Il ritratto era legato anche al dibattito sul tema del viaggio come percorso di formazione personale e culturale. A questo contribuì certamente con particolare riguardo al tema del recupero dell’antichità il Winckelmann in Italia dal 1755. Con l’Ottocento il viaggio in Italia diventa un vero e proprio viaggio sentimentale come attesta Madame de Staël nel 1807 nel libro Corinne ou l’Italie. I ritratti cambiano aspetto, non più tanto ritratti di corte, celebrazione del proprio rango ma la rappresentazione del carattere personale e della cultura. Da qui la scelta di farsi rappresentare accanto ai monumenti e alle sculture antiche ammirate in Italia. Assoluto maestro in questo campo è stato Pompeo Batoni, uno dei maggiori ritrattisti di tutti i tempi, del quale ci sono opere importanti in mostra. I suoi ritratti hanno rappresentato uno status symbol, come quelli del suo rivale Mengs, delle due pittrici in competizione Vigée Lebrun e Angelica Kauffmann, di Von Maron, Tischbein, Sablet, Zoffany, Fabre, Gérard, e il già nominato Ingres.
L’ultima parte della mostra si concentra sulla singolarità dei nostri costumi e dalla bellezza di una popolazione, apparentemente felice, che viveva la maggior parte dell’anno all’aria aperta proprio per la mitezza del clima, perché questi aspetti erano motivo di attrazione per gli stranieri. Un illustratore e pittore straordinariamente popolare come Pinelli e pittori come Sablet, Géricault, Robert, Schnetz, Delaroche hanno saputo rappresentare la vita domestica nei suoi aspetti più avvincenti e commoventi, rivendicando la dignità del popolo.
Il maggior giro di affari ha riguardato la scultura, a partire dal commercio dei marmi antichi, il loro restauro e spesso la produzione di copie in cui è stato il maggiore protagonista Cavaceppi. Verso la fine del Settecento, grazie a Canova e ai suoi validissimi seguaci, si è affiancata la produzione di una scultura originale che, pur ispirata all’antichità, ha saputo interpretare la sensibilità moderna, assicurando a questa arte, diventata l’orgoglio dell’Italia, una straordinaria fortuna nel corso del XIX secolo in tutto il mondo. Il catalogo della mostra è pubblicato nelle Edizioni Gallerie d’Italia | Skira con il titolo In missione in…Italia, secondo volume del progetto editoriale di Edizioni Gallerie d’Italia | Skira pensato per avvicinare i bambini delle scuole primarie all’arte.
a cura di Ilaria Guidantoni