Nei magnifici saloni di Palazzo Bonaparte a Roma, che sono stati dimora di Letizia Ramolino Bonaparte, madre di Napoleone, è stata allestita una esposizione dedicata a BILL VIOLA Icons of Light, uno dei massimi rappresentanti della videoarte mondiale contemporanea. L’esposizione che attraversa tutta la sua produzione dagli anni Settanta ad oggi, potrà essere visitata fino al prossimo 26 giugno.
La Mostra è sponsorizzata da Generali Valore Cultura, la curatrice è Kira Perov moglie e collaboratrice di Bill Viola, è prodotta e organizzata da Arthemisia con la collaborazione del Bill Viola Studio.
“Il video ed io siamo cresciuti insieme” ha affermato Bill Viola che alla fine degli anni Sessanta comincia a sperimentare l’immagine elettronica e i video. Forte di una esperienza immediatamente precedente, Bill entra in contatto con quegli artisti come Paik, Campus, Gillette, Nauman già all’interno del mondo nascente della videoarte e dai quali assorbe gli aspetti fondamentali della loro
ricerca. Questi artisti saranno molto importanti per lo sviluppo della sua personale poetica. Conoscendo già il video e dandolo quasi per scontato, Bill tende ad annullare i troppi tecnologismi e comincia a vivere il video come uno dei medium a disposizione dell’arte contemporanea, un mezzo per poter meglio indagare la conoscenza dell’uomo e il suo rapporto con l’ambiente e la natura.
Un altro tema che Viola studia da sempre è il rapporto tra Oriente e Occidente, come centralità degli opposti per comprendere la dimensione
spirituale. C’è la cultura buddista e quella cristiana. Un tema già espresso nel primo video Reflecting Pool (1977-79). L’artista stesso è in piedi sul bordo della piscina immersa nella natura e la sua immagine si riflette nell’acqua. Ecco due mondi, reale e virtuale, due culture, uomo e natura, e anche Oriente e Occidente con lo Yin e lo Yang. Sono intrecci complessi che scaturiscono dai viaggi fatti da Viola e dallo studio della storia dell’arte Orientale e Occidentale.
Un passo indietro per commentare un aspetto interessante della esposizione che è concepita
come un percorso immersivo nel quale lo spettatore deve prendere il suo tempo per guardare, pensare, meditare e magari ricordare esperienze personali, trasportato dalle immagini nel suo mondo più intimo. Gli spazi sono ampi, al buio, illuminati solo dai video dai quali scaturiscono intense emozioni e passioni mentre l’atmosfera ovattata concilia nel visitatore una connessione visiva e spirituale con l’opera d’arte.
Quaranta anni di lavoro che si muovono come potenziale integrazione in contesti non convenzionali dell’arte e che vengono dispiegati attraverso una accurata selezione di 15 opere create tra il 1977 e il 2014, la prima delle quali è Reflecting Pool.
In questo tempo che si espande, si ferma e riprende a scorrere, il visitatore stupito e incuriosito, è coinvolto dalle immagini costruite come vere e proprie scene cinematografiche dove c’è una ambientazione, un set, gli attori e una vera e propria regia come The Greetings (1995) ispirato alla Visitazione di Pontomo
(1528-29): due donne vestite con abiti del ‘500, parlano tra loro – come nel dipinto originale – interrotte da una terza donna che entra nella scena salutando e abbracciando. Il video è il mezzo a disposizione dell’arte contemporanea, che possiede un linguaggio attraverso il quale si indaga sull’uomo. Straordinario Observance (2002), un video sul dolore e sulla perdita nelle molteplici espressioni personali. Immagini di persone, uomini e donne, che si avvicinano lentamente allo schermo con aria addolorata e sofferente in uno scambio intenso con lo spettatore che non è più solo fruitore ma connesso ai personaggi in quanto riceve l’impatto delle loro più intime emozioni. Altrettanto particolare è Unspoken dove una proiezione in bianco e nero su due pannelli divisi riflette le emozioni di due persone che vivono una relazione separata da due cornici. Queste due ultime opere fanno parte della serie Passions. L’emozione è ancora e sempre il punto di riferimento e motore dell’essere umano.
Dagli anni Novanta in poi il lavoro di Bill si focalizza sulla interpretazione della emozione.
Lo vediamo in Ascension (2000) e in Three Women (2008) dove riprende il tema dell’acqua come elemento naturale simbolo di nascita e rinascita e di purificazione nel quale immergersi. In Three Women non è immersione ma passaggio attraverso l’acqua, un muro di acqua, confine tra vita e morte, luce e ombra, presenza fisica e immateriale.
La natura torna ad essere protagonista nel video Study for the Path dove un sentiero nella foresta è immagine fissa ma con un continuo passare di persone che attraversano il video senza inizio né fine.
Mentre gli elementi naturali tornano sempre – Terra, Aria, Fuoco, Acqua – all’interno dei video, ad essi si affiancano gli attori in Martyrs (2014), una parola che viene dal greco e significa testimone. Per l’artista queste persone sono testimoni di valori fondamentali della nostra cultura quali coraggio, azione, resistenza, perseveranza e sacrificio. Il corpo e il volto dell’attore sono centrali nelle loro capacità espressive. Come anche in Water Portraits (2013) dove attori sott’acqua fluttuano con una espressione rilassata in questo mondo liquido base stessa della vita. L’acqua purifica, fluisce e modifica, è metafora del tempo in continuo cambiamento. Ci immergiamo nel flusso visivo delle opere di Bill Viola riflettendo su un suo commento: “Buddha ha detto all life is change, cioè le cose cambiano in continuazione. La mia interpretazione delle parole di Buddha è: all life is a moving image. Questo è quello che siamo. E’ per questo che amo i video, perché sono come la vita: immagini in movimento continuo.”
a cura di Daniela di Monaco
Didascalie dall’alto:
foto 1 “The Greeting”
FOTO 2 “Water Portraits”
Foto 3 e foto 4 “Observance”
Foto 5 “Reflecting Pool”