La mostra Oscar Ghiglia. Gli anni di Novecento a cura di Leonardo Ghiglia, Lucia Mannini e Stefano Zampieri – curatori anche del catalogo, edito sa Sillabe – è visitabile a Palazzo Medici Riccardi a Firenze fino al 13 settembre 2022. Promossa da Città Metropolitana di Firenze e organizzata da MUS.E in collaborazione con l’Istituto Matteucci di Viareggio, l’esposizione offre al pubblico la possibilità di conoscere e apprezzare le opere di un grande pittore del Novecento italiano di radice eminentemente toscana, eppure profondamente legato alle vicende artistiche europee del suo tempo, che fu molto amato da Amedeo Modigliani (di cui c’è in mostra il disegno di un nudo); e forse a torto un po’ dimenticato e riletto come un pittore legato alla tradizione relativamente locale.
Oscar Ghiglia (1876-1945), livornese, sceglie Firenze come città d’elezione dove sviluppare la propria ricerca, la propria creatività, giudicandola bellissima. In mostra 60 opere tra nature morte, ritratti e nudi, i soggetti della sua pittura, caratterizzata da un’immobilità vivissima, un
ossimoro che ci aiuta a descrivere nature morte che trasudano energia eppure quasi idealizzate. Un realismo magico, una metafisica del quotidiano e del silenzio che mette al centro il colore. Come scrisse lo stesso artista, “La pittura è fondata unicamente sulla legge del saper trovare il tono giusto di un colore e costringerlo nel suo giusto spazio”. Colpiscono i suoi smalti materici, quasi tridimensionali a campiture nette che rendono il quadro ad un tempo classico, dalle forme impeccabili e nette del disegno e assolutamente moderno. La locandina è rappresentata da La modella, tela del 1928-’29 (collezione privata), che idealmente chiude il percorso riunendone i temi, il ritratto, il nudo e la natura morta, in questo caso con il gioco degli specchi. D’altronde, accanto alla frutta, i vasi e i fiori – soprattutto rose, calle e iris – la trasparenza dei vetri o la porcellana che riflette la finestra sono quasi una firma delle sue opere. Con lo sguardo fermo sugli insegnamenti di Giovanni Fattori e il pennello pronto ad accogliere le novità d’Oltralpe – prima fra tutte la pittura di Cézanne – l’artista matura una qualità pittorica altissima, quasi eletta, che in mostra è esemplarmente
rappresentata dalla sua ricca produzione durante gli anni di Novecento, il movimento artistico sviluppatosi intorno alla figura di Margherita Sarfatti in nome di un “ritorno all’ordine” che Ghiglia interpreta però in chiave assolutamente personale. È in questo periodo che il pittore raggiunge esiti di eccezionale qualità: oltre La modella, già citata, a fianco dei meravigliosi accordi compositivi, cromatici e poetici sviluppati dal pittore nelle sue nature morte e nei suoi ritratti.
Distante dalle mode del mercato e dalle grandi esposizioni nazionali e internazionali, l’opera di Ghiglia conosce una riscoperta a partire dagli anni Sessanta e Settanta del Novecento, che prosegue nei decenni successivi e che conosce un particolare rilievo con le due mostre a lui dedicate nel 1996 a Livorno e a Prato e con una più recente esposizione tenutasi a Viareggio nel 2018.
Il percorso
L’esposizione, che ci porta come per magia indietro nel tempo, ai primi decenni del Novecento, propone opere di Oscar Ghiglia, provenienti da prestigiose collezioni private, tra le quali si annovera appunto l’Istituto Matteucci di Viareggio, e da importanti musei pubblici, fra cui la Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti, presentate secondo una narrazione che intreccia temi e cronologie: la prima sala, che si apre con il suo Autoritratto del 1920 (della Galleria degli Uffizi), è dedicata agli anni della prima maturità dell’artista, quando il pittore, abbandonando poco a poco la via sperimentale della stagione precedente, comincia a declinare,
come accennato i toni di un diffuso “ritorno all’ordine” in chiave del tutto originale e si impone come sublime costruttore di splendide nature morte: fra queste la modernissima Alzata con arance del 1915-1916 o gli Iris del 1921. Qui ci sono anche i ritratti come Isa di spalle o la toilette che ritrae la stessa figura, ma anche Paulo al cutter, il bambino che gioca con una barca a vela. Nella seconda sala l’accento è posto sulla profonda classicità che permea l’opera di Ghiglia, declinata in forma sintetica, luminosa e salda al tempo stesso, mentre nella terza sala è offerto uno sguardo sul nudo femminile, in dialogo con un disegno di medesimo soggetto dell’amico Amedeo Modigliani. Le ultime due sale aprono invece, anche grazie a un allestimento particolarmente evocativo firmato da Luigi Cupellini, al “Realismo magico”, una poetica del quotidiano, intorno a cui si raccolgono tanti artisti negli anni Venti e che permea in tono del tutto originale l’opera di Ghiglia: una ricerca sugli oggetti e sulle forme tanto nitida quanto enigmatica, tanto perfetta quanto irrisolta, che tuttora ci ammalia e ci incanta. La “poesia muta”, eppure fremente di vita, di Ghiglia, ha un fascino intenso tanto sui conoscitori d’arte quanto sul grande pubblico, invitando, pur a cent’anni di
distanza, a una riflessione profonda sulla natura e sul tempo del nostro vivere.
“La mostra che promuoviamo in Palazzo Medici Riccardi – ha dichiarato Dario Nardella, Sindaco della Città Metropolitana di Firenze – ha l’ambizione di dare nuova luce e meritata notorietà a questo artista. Nei tratti austeri e netti del suo dipingere scorgo personalmente una risposta interiore e una ricerca di pulizia e di bellezza. Opportuna la scelta di offrire una sorta di lettura di tutta l’opera di Ghiglia per temi e per tempi, con quella sottolineatura alle opere incluse nel filone del realismo magico che apre al futuro oltre l’apparenza delle cose e al mistero da cui nasce e torna la vita”.
a cura di Ilaria Guidantoni