di Francesco Horvat
Senior Associate di Greenberg Traurig Santa Maria
Oggi, 15 luglio 2022 entra in vigore il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII o Codice della Crisi), figlio della sequenza di tre provvedimenti: (i) il decreto legislativo 14/2019, (ii) il decreto legislativo “correttivo” 147/2020 e (iii) il decreto legislativo 83/2022 (si veda altro articolo di BeBeez), di attuazione della Direttiva europea 2019/1023 (cosiddetta Direttiva Insolvency), anche se, come noto, alcune minime parti del Codice della Crisi sono già in vigore.
Fil rouge del Codice della Crisi consiste nel fatto che, in presenza di una crisi, sia preferibile cercare di risolverla nel modo meno traumatico possibile (auspicando una tempestiva presa di coscienza della stessa), sia dando rilievo al risanamento e ristrutturazione dell’azienda in modo da conservarne il valore, sia assegnando al debitore e ai suoi creditori un nutrito numero di variegati strumenti (astrattamente) idonei a regolare la crisi, senza dover aprire una procedura liquidatoria, che spesso, se non sempre, sfocia in una liquidazione atomistica, disgregatrice dei valori aziendali.
Sia concesso semplificare: è possibile immaginare una sorta di piano inclinato che vede alla base la composizione negoziata e al vertice la liquidazione giudiziale. Detti strumenti, quindi, si possono sintetizzare come segue: (i) la composizione negoziata, (ii) i piani di risanamento, (iii) convenzioni di moratoria, (iv) piani di ristrutturazione soggetti a omologazione, (v) accordi di ristrutturazione nella loro diversa declinazione (e.g., agevolati, con efficacia estesa anche verso Banche e Intermediari Finanziari), (vi) concordati e (vii) liquidazione giudiziale.
In estrema sintesi, il contenuto del Codice della Crisi può essere così schematizzato:
(a) Razionalizzazione della disciplina concorsuale:
- (i) Elaborazione di principi generali e introduzione di una definizione del concetto di crisi (cfr. art 2 CCII)
- (ii) A differenza della pregressa Legge Fallimentare, il Codice della Crisi ha adottato, o meglio ha cercato di adottare, un unico modello processuale per l’accertamento dello stato di crisi o di insolvenza (cfr. art. 7, 37 e ss. CCII).
- (iii) Il Codice della Crisi disciplina sia la crisi dell’impresa commerciale sia quella del debitore civile. È, quindi, ricompresa ogni categoria di debitore, con esclusione dei soli enti pubblici tanto da ricomprendere le procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento (cfr. art. 1 CCII).
- (iv) Viene introdotta una disciplina specifica per le crisi dei gruppi di imprese (cfr. art. 284 CCII).
- (v) Preferenza per la continuità aziendale, favorita in caso di concordato preventivo rispetto all’ipotesi liquidatoria. In particolare, l’ultimo decreto di recepimento della Direttiva Insolvency ha cercato di ulteriormente migliorare detta procedura (cfr. art. 84 e ss. CCII).
(b) Alcuni elementi di novità senza pretesa di esaustività:
- (i) Maggiore responsabilizzazione degli organi interni. In generale, la società deve avere (e, quindi, dotarsi di) un assetto organizzativo idoneo a rilevare tempestivamente lo stato di crisi ai fini dell’assunzione di idonee iniziative (cfr. art. 375 CCII che introduce modifiche all’art. 2086 c.c.). Vengono previsti degli obblighi di segnalazione dei sintomi di crisi al Board of Directors (o legale rappresentante) in capo all’organo di controllo, nonché degli obblighi di segnalazione da parte dei creditori pubblici qualificati e di comunicazione da parte degli istituti di credito (cfr. art. 25-octies e ss. CCII).
- (ii) Introduzione della composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa. La composizione negoziata (e non più assistita), unitamente, inter alia, alle disposizioni in tema di concordato semplificato e segnalazioni per la anticipata emersione della crisi, trova la sua collocazione nel titolo II della parte prima in luogo della disciplina dell’allerta (cfr. art. 12 CCII). La disciplina innestata nel codice non si discosta in modo consistente da quella già introdotto nel nostro ordinamento con il D.L. 118/2021. Consiste in un nuovo strumento di ausilio alle imprese in difficoltà, di tipo volontario, negoziale e stragiudiziale. È una procedura snella, si propone con ricorso al Registro delle Imprese e non al Tribunale, viene nominato un esperto che guida la procedura, e che può anche essere revocato, se le parti interessate formulano osservazioni sul suo operato. Vi è la previsione di misure protettive per condurre a termine le trattative in corso per la composizione assistita della crisi. Vale sottolineare che la richiesta può essere selettiva e, quindi, limitata a determinate iniziative intraprese dai creditori o a determinati creditori (cfr. art. 18, comma 3 CCII).
I creditori devono negoziare secondo buona fede. Nel caso in cui non sia possibile procedere con la procedura di composizione negoziata della crisi, il debitore può accedere, a determinate condizioni, a un concordato liquidatorio (cosiddetto semplificato) (cfr. art. 25-sexies CCII) che può essere penalizzante per i creditori in quanto non prevede una fase di voto: il creditore “dissenziente” potrà quindi solo proporre opposizione all’eventuale omologa. - (iii) Introduzione del cram-down fiscale. Fermo restando la necessità di monitorare l’evoluzione interpretativa e applicativa, con riferimento alla transazione fiscale, il Tribunale, a certe condizioni, può omologare gli accordi di ristrutturazione e i concordati preventivi anche in mancanza di adesione alla transazione, quanto l’adesione è determinante per il raggiungimento delle maggioranze (cfr. artt. 88, comma 2-bis e 63, comma 2-bis CCII).
- (iv) Introduzione della piano di ristrutturazione soggetto a omologazione. In ossequio alla Direttiva Insolvency, è stato introdotto un nuovo strumento di regolazione della crisi, ovverossia il piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione (ribattezzato “PRO”) il quale, in sintesi, consiste in una proposta di soddisfacimento dei debiti rivolta ai creditori suddivisi in classi senza che questa debba necessariamente rispettare il dettato degli artt. 2740 e 2741 c.c. (introduzione della cosiddetta relative priority rule). In ogni caso i lavoratori devono essere soddisfatti entro trenta giorni dell’omologazione che può intervenire solo se tutte le classi votano a favore. È necessaria l’attestazione sulla fattibilità del piano (cfr. art. 64-bis CCII).
- (v) Concordato preventivo. La procedura non è sicuramente di nuova introduzione nel nostro ordinamento. Rispetto però alla disciplina ipotizzata nella riforma, con il recepimento della Direttiva Insolvency sono intervenute delle modifiche per rendere la procedura più efficiente. Ad esempio (1) sono stati eliminati i vincoli finalizzati alla tutela dell’occupazione che condizionino la possibilità di qualificare come in continuità anche la gestione dell’impresa da parte di soggetto diverso dal debitore, limitandosi il testo a prevedere che la tutela dei posti di lavoro sia perseguita per quanto possibile (cfr. art. 84 CCII); (2 viene precisata la nozione di risorse esterne (cfr. art. 84 CCII); (3) viene abbandonato il principio dell’absolute priority rule e, dunque, in alcuni casi si consente la distribuzione del valore in base alla relative priority rule; (4) in tema di contratti pendenti, viene previsto che i creditori non possono modificare unilateralmente i termini contrattuali anche rifiutando l’adempimento per il solo fatto del deposito della domanda di accesso al concordato, così come non possono interferire con la regolare esecuzione dei contratti essenziali (di cui viene fornita una definizione) per il solo fatto del mancato pagamento dei crediti pregressi (cfr. art. 94-bis CCII); (5) in sede di giudizio di omologa, muta il perimetro di valutazione del Tribunale a seconda che si tratti di concordato in continuità o liquidatorio (cfr. art. 112 CCII).
- (vi) Fallimento omisso medio. Si vuole concludere con una curiosità: di recente la Cassazione a Sezioni Unite si è espressa in favore del cosiddetto. fallimento omisso medio, cioè dell’ottenimento della dichiarazione di fallimento (rectius liquidazione giudiziale) senza dover prima ottenere la risoluzione della procedura di concordato in caso di inadempimento. Sennonché l’art. 119 CCII riporta che il Tribunale dichiara aperta la procedura di liquidazione giudiziale, solo a seguito della risoluzione del concordato. Volendo quindi dare una lettura meramente letterale della norma, pare che il fallimento omisso medio non trovi dimora nel Codice della Crisi.