Il 2022 appena concluso è stato un anno di rallentamento per l’equity crowdfunding di startup e pmi, con una raccolta scesa a 72,34 milioni di euro dai 90,12 milioni del 2021, in calo quindi del 20%. E’ la prima volta che questo accade in Italia da quando questo mercato esiste, cioé il 2014. Lo calcola CrowdfundingBuzz, che ha escluso dall’analisi il settore immobiliare (che ha un trend completamente diverso e che sarà oggetto di un report specifico dedicato al crowdfunding immobiliare) e i veicoli investimento, che, pur avendo potuto ancora raccogliere quest’anno ai sensi del regolamento italiano, non lo potranno più fare nel prossimo futuro ai sensi di quello europeo.
E’ da notare, peraltro, che nel 2020 la raccolta di startup e pmi era stata di 47,12 milioni e, dunque, a parziale consolazione, rispetto a due anni fa l’equity crowdfunding italiano è cresciuto del 54%.
Lo stesso trend, anche se più contenuto, si riscontra anche per quanto riguarda il numero di società finanziate. Nel 2022, le campagne di successo sono state 141, mentre nel 2021 erano state 170 (-17%). Analogamente alla raccolta, se confrontiamo invece il 2022 con il 2020, notiamo una crescita del 16%, in quanto le società finanziate erano state 122.
A cosa è dovuta questa contrazione? Sono stati analizzati i dati che, ricordiamo, Crowdfunding Buzz raccoglie costantemente nel corso dell’anno e pubblica in un infografica.
Il numero di campagne presentate sulle piattaforme italiane nel 2022 è stato pari a 165 rispetto alle 195 del 2021. Sebbene il tasso di successo sia leggermente diminuito (85,5% vs 87,1%), in valore assoluto le campagne che non hanno chiuso con successo sono pressoché uguali: 24 nel 2022 e 25 nel 2021. Quindi, nel 2022, è diminuito drasticamente il numero di società che hanno lanciato campagne di equity crowdfunding.
Anche la raccolta media è diminuita, anche se non in modo marcato: 513k nel 2022 vs 530k nel 2021. Ma la performance del 2022 è comunque di ottimo livello se la si paragona con il 2020, quando la raccolta media si era fermata a 386k.
Suddividendo la raccolta media nelle sue componenti di obiettivo minimo e overfunding, emerge che il primo è sostanzialmente simile tra il 2022 e il 2021. Anzi, le società hanno puntato a un obiettivo minimo leggermente più ambizioso (246K vs 236k). Si è invece ridotto sensibilmente l’overfunding, cioè la quota di raccolta eccedente l’obiettivo minimo, che è passato 267k dai 294k del 2021.
Anche alla luce dei numeri del 2020, 132k di obiettivo minimo e 254k di overfunding, riteniamo che questo sia un segnale di come gli investitori “crowd” abbiano ridotto i propri investimenti in capitale di rischio. Infatti, mentre l’obiettivo minimo è tendenzialmente raccolto grazie agli investitori ingaggiati direttamente dall’impresa che raccoglie, l’overfunding è spesso un indicatore degli investimenti spontanei.
Andando nel dettaglio del tipo di società finanziate, rileviamo che le pmi nel 2022 hanno raccolto leggermente di più rispetto al 2021 (32,6k vs. 30,1k), mentre le sono le startup ad abbassare la raccolta totale: 38,2k raccolti nel 2022 rispetto ai 56,4k del 2021. Per completezza, segnaliamo l’altra categoria monitorata, l’efficientamento energetico, che ha visto una contrazione da 3,1 milioni a 1,5.
L’analisi dei settori in cui operano le società finanziate rileva che nel 2022 si è verificata una maggiore concentrazione in alcuni settori. Infatti, nel 2022 il 80% della raccolta (57,6 milioni) si è concentrata in 11 settori: commercio 11,5m, food & beverage 6,6, industria 6,3, agricoltura 6,3, energia & cleantech 6,1m, ristorazione e bar 4,7, prodotti hi tech 4,7, sport e tempo libero 3,1, it 2,9, insurtech 2,5, turismo 2,5. Nel 2021, il 80% (70 milioni) era invece spalmato su 13 settori. Considerando la dinamica dei settori, quelli che sono cresciuti di più sono stati Commercio (+8,8 milioni), Industria (+4,7 milioni), Prodotti Hi Tech (+3,4 milioni), Ristorazione e Bar (+1,7 milioni). Quelli che invece sono calati di più sono stati moda (-6,1 milioni), agricoltura (-4,9 milioni), energia & cleantech (-3,4 milioni), biotech (-3,2 milioni).
A parziale conferma di quanto ipotizzato sopra a proposito dell’overfunding, il numero di investitori medio per ogni campagna sì è sensibilmente ridotto, sia rispetto al 2021, sia rispetto al 2020. Nel 2022, infatti, sono stati, in media 82 rispetto ai 99 del 2021 e ai 97 del 2020). Peraltro, sempre in media, l’investimento medio di ciascun investitore per campagna è cresciuto a 6.200 euro da 5.400 euro e in modo ancora più consistente rispetto al 2020 (4.000 euro per ciascun investimento).
La contrazione degli investimenti è ancora più evidente se consideriamo il numero di transazioni totali. Nel 2022 sono state 11.600, in forte calo rispetto al picco raggiunto nel 2021, 16.800 transazioni e in leggero calo anche rispetto al 2020 (11.900).
Nel 2022 sono state 16 le piattaforme che hanno chiuso almeno una campagna di successo, contro le 18 del 2021. Di queste 16, 3 hanno raccolta per la prima volta nel 2022 (Puzzle Funding, 2meet2biz e Re-Anima). Nel 2021 erano state 5 quelle che avevano raccolto per la prima volta. Il mercato è sempre più concentrato: le prime due piattaforme (Mamacrowd con 31,2 milioni e Crowdfundme con 22,5 milioni) hanno raccolto il 74% del totale, mentre nel 2021 avevano raccolto il 55%.
In termini di performance, Crowdfundme è quella cresciuta di più (+6,1 milioni, pari al 37% di crescita), seguita da WeAreStarting (+1,1 milioni, pari al 74% di crescita) e a Starsup (+0,9 milioni, ma che nel 2021 non aveva portato a termine campagne di successo). D’altra parte, alcune piattaforme storiche come Opstart e Backtowork hanno risentito di più della contrazione del mercato raccogliendo circa il 60% in meno rispetto al 2021, mentre Mamacrowd è sostanzialmente stabile sebbene in leggera contrazione (-7%).
Da questa analisi si possono trarre alcune considerazioni importanti. Il primo dato è che è calata l’offerta, cioè il numero società che hanno lanciato una campagna e non il tasso di successo. E, anzi, la raccolta media per campagna è rimasta sui livelli del 2021. Il secondo dato, probabilmente causa del primo, è che si è ridotto il numero di piattaforme attive e che alcune piattaforme “storiche” hanno ridotto la propria capacità di raccolta. Il terzo, è che si è ridotto il numero di persone che investono in capitale di rischio, come si evince dal calo dell’overfunding e da quello del numero di transazioni. Il quarto, è che crescono gli investimenti in pmi, mentre calano vistosamente gli investimenti in startup. Riteniamo che questo sia una segnale della maggior avversione agli investimenti più rischiosi, tendenza che, molto probabilmente, è dovuta alla congiuntura (caro-energia, incertezze dei mercati).
A nostro parere, per quanto riguarda startup e pmi, il segnale più preoccupante non è tanto quello della contrazione del numero di investitori, quanto quello della contrazione dell’offerta. Contrazione che ci pare dovuta soprattutto alla maggiore concentrazione del mercato. Il calo del numero di piattaforme riduce certamente le potenzialità di offerta, in quanto le maggiori piattaforme che continuano a operare, per definizione, non sono in grado (per ora) di gestire un numero molto maggiore di proposte qualificate. D’altro canto, le piattaforme lanciate più recentemente non sembrano essere in grado di scalare rapidamente.
Auspichiamo che, grazie anche al nuovo regolamento UE, da un lato entrino sul mercato nuovi operatori strutturati e finanziariamente solidi e dall’altro (o in congiunzione con questo) le piattaforme più piccole trovino l’occasione per accorparsi in modo da raggiungere più rapidamente una dimensione competitiva (si veda altro articolo di BeBeez).