Altra fumata nera per il deal sulla NetCo di TIM, la nuova società in cui sarà trasferita la rete infrastrutturale del gruppo tlc e nella quale andranno a confluire anche i cavi sottomarini di Sparkle. Ieri in tarda serata, infatti, TIM ha diffuso una nota con la quale ha riferito che il consiglio di amministrazione “ha analizzato in profondità le offerte non vincolanti ricevute per Netco dal consorzio formato da CDP Equity spa e Macquarie Infrastructure and Real Assets (Europe) Limited e da Kohlberg Kravis Roberts & Co. e le ha ritenute non ancora adeguate“. Detto questo, “considerata la disponibilità espressa da almeno uno degli offerenti a migliorarla, il Consiglio ha ritenuto di sondare tale disponibilità, al fine di ottenere un’offerta finale entro il 9 giugno prossimo venturo” (si veda qui il comunicato stampa). TIM non ha precisato quale delle due controparti sia stata a dare disponibilità migliorare ulteriormente l’offerta, ma si tratterebbe di KKR.
Le due offerte non vincolanti in questione erano state recapitate a TIM lo scorso 18 aprile (si veda altro articolo di BeBeez), così come d’accordo dopo che a metà marzo il gruppo tlc aveva rimandato al mittente l’offerta non vincolante depositata una decina di giorni prima da CDP-Macquarie, dicendo che non era in linea con le aspettative (si veda altro articolo di BeBeez), così come aveva già fatto a fine febbraio in relazione all’offerta di KKR (si veda altro articolo di BeBeez), e aveva fissato con data ultima per presentare le offerte migliorative per entrambi i pretendenti appunto il 18 aprile.
I continui rimandi comunque non fanno certo bene al titolo TIM, che dal 18 aprile a Piazza Affari su Euronext Milan non ha fatto che scendere: ieri ha chiuso a quota 0,2487 euro per azione per una capitalizzazione di 3,81 miliardi di euro, quando il 18 aprile quotava 0,3118 euro.
Si dice che KKR questa volta avesse messo sul piatto 19 miliardi di euro più 2 miliardi di earn out, per un totale quindi di 21 miliardi, compreso il rifinanziamento della quota di debito di TIM che sarò trasferito alla NetCo per circa 10 miliardi di euro, il che significa un miliardo in più rispetto alla prima proposta. Quanto al consorzio CDP Equity-Macquarie, si dice che avesse invece offerto 19,3 miliardi di euro rispetto ai circa 18 miliardi precedenti, sempre debito compreso, ma con una quota di contanti più elevata e quindi con un maggiore impatto potenziale sulla riduzione complessiva del debito di TIM , si dice per quasi 17 miliardi. CDP Equity aveva comunicato che Il termine di validità dell’offerta era fissato al prossimo 31 maggio.
Ma appunto queste cifre non sono state ritenute sufficienti. Ricordiamo che già a inizio marzo, in occasione della conference call per la presentazione dei conti 2022, l’amministratore delegato di Vivendi (primo azionista di TIM con il 23,75%), Arnaud de Puyfontaine, aveva ribadito che le opzioni arrivate sul tavolo erano “molto inferiori al reale valore di questa bella azienda che è Telecom Italia” (si veda altro articolo di BeBeez). Peraltro più volte nel corso dell’ultimo anno e mezzo Vivendi ha fatto capire di avere in mente una valutazione per la NetCo di circa 31 miliardi, compreso il debito, quindi ben altra cifra rispetto a quelle delle offerte anche nella loro versione migliorativa. Ora si dice Vivendi sarebbe disposta a chiudere la partita attorno ai 26 miliardi.
Incassare quanto più possibile dalla vendita della rete è cruciale per la riduzione del debito di TIM: nel 2022 il debito lordo è aumentato di circa 3,2 miliardi passando dai 22,2 miliardi del 2021 ai 25,37 miliardi dello scorso anno, a fronte di un aumento dei ricavi del 3,1% a 15,79 miliardi di euro, dai 15,32 miliardi del 2021, e a un aumento dell’ebitda del 5,3% a 5,35 miliardi dai precedenti 5,08 miliardi e con un perdita netta in diminuzione a 2,93 miliardi rispetto a un rosso di 8,65 miliardi (si veda altro articolo di BeBeez),