KKR si è conquistato il diritto a trattare in esclusiva l’acquisto del controllo della NetCo di TIM, la nuova società in cui sarà trasferita la rete infrastrutturale del gruppo tlc e nella quale andranno a confluire anche i cavi sottomarini di Sparkle (si veda qui il comunicato stampa).
Lo ha annunciato ieri in serata il gruppo tlc, a valle del Consiglio di amministrazione che come previsto ha esaminato le offerte finali non vincolanti ricevute lo scorso 9 giugno da un lato da KKR e dall’altro dal consorzio formato da CDP Equity e Macquarie Infrastructure Real Assets e la cui analisi era iniziata martedì scorso 19 giugno (si veda altro articolo di BeBeez).
Si legge nella nota di TIM: “Ad esito di un ampio e approfondito dibattito, condotto con l’assistenza di primari advisor finanziari (Goldman Sachs, Mediobanca – Banca di Credito Finanziario e Vitale & Co) e alla luce dell’istruttoria svolta dal Comitato Parti Correlate (a sua volta assistito da LionTree e Equita in qualità di advisor indipendenti), il Consiglio di Amministrazione di TIM ha ritenuto che l’offerta presentata da Kohlberg Kravis Roberts & Co. sia risultata preferibile in termini di eseguibilità e relativa tempistica, nonché superiore rispetto all’offerta concorrente presentata dal consorzio formato da CDP Equity e Macquarie Infrastructure and Real Assets (Europe) Limited”.
Per queste ragioni, il Cda ha dato mandato all’amministratore delegato Pietro Labriola di avviare, in esclusiva, una negoziazione migliorativa con KKR, finalizzata a “ottenere la presentazione nel più breve tempo possibile, compatibilmente con la complessità dell’operazione e comunque entro il 30 settembre, di un’offerta conclusiva e vincolante” e “di convenire il perimetro, le modalità e i tempi per l’esecuzione dell’attività di due diligence confirmatoria richiamata nella stessa offerta di KKR”.
Ricordiamo che già lo scorso martedì circolavano voci che davano come preferita l’offerta di KKR. Si diceva infatti che il colosso Usa del private equity avesse aumentato la sua offerta sino a un totale di 23 miliardi di euro, dopo che in aprile aveva offerto 19 miliardi di euro più 2 miliardi di earn out, per un totale quindi di 21 miliardi, compreso il rifinanziamento della quota di debito di TIM che sarò trasferito alla NetCo per circa 10 miliardi di euro, il che già significava un miliardo in più rispetto alla prima proposta presentata a inizio anno (si veda altro articolo di BeBeez). Quanto al consorzio CDP Equity-Macquarie, non si conoscono i termini dell’ultima offerta, ma già si diceva che fosse nferiore a quella di KKR, così come era già stato in precedenza. Ricordiamo, infatti, che il consorzio aveva offerto 19,3 miliardi di euro rispetto ai circa 18 miliardi della prima offerta, sempre debito compreso, ma con una quota di contanti più elevata di quella offerta da KKR e quindi con un maggiore impatto potenziale sulla riduzione complessiva del debito di TIM , si diceva per quasi 17 miliardi.
Ricordiamo però che è possibile che KKR possa allearsi con CDP Equity e con F2I per rilevare insieme la rete di TIM, con CDP Equity che nel frattempo potrebbe risolvere il problema di Antitrust derivante dal fatto di possedere il 60% di Openfiber, l’altro operatore big della fibra, partecipato per il restante 40% da Macquarie. Ricordiamo infatti che nelle scorse settimane sono circolate voci a proposito di un’ipotesi di spacchettamento di Open Fiber, con l’acquisizione delle cosiddette aree nere, quelle di maggior valore (più densamente popolate, nelle quali è presente un mercato concorrenziale con almeno due diversi fornitori di servizi di rete a banda ultra larga), da parte degli australiani di Macquarie mentre resterebbero in capo a CDP le cosiddette aree bianche e grigie, con le prime che sono quelle in cui non è previsto che nel giro di un triennio ci sia più di un operatore di rete e con le seconde che sono quelle in cui non è presente alcun operatore e nessuno ha mostrato interesse ad investire. Sempre nelle scorse settimane è emersa la possibilità che nella partita entri in gioco anche F2i sgr, con infatti lo stesso amministratore delegato, Renato Ravanelli, che di recente ha avallato l’ipotesi, confermando a Radiocor:“Stiamo dialogando con i soggetti coinvolti”.
Detto questo, c’è ancora sempre da considerare la posizione del colosso tlc francese Vivendi, azionista principale di TIM con il 23,75% del capitale, che, come riferito nelle scorse ore dal Financial Times, non pare ancora per nulla convinta dell’offerta di KKR e che ha già fatto sapere da tempo che vuole che qualsiasi decisione sulla rete sia sottoposta a un voto straordinario degli azionisti, che richiede una maggioranza qualificata. Ricordiamo infatti che più volte nel corso dell’ultimo anno e mezzo il gruppo francese ha fatto capire di avere in mente una valutazione per la NetCo di circa 31 miliardi, compreso il debito, quindi ben altra cifra rispetto a quelle delle offerte anche nella loro versione migliorativa. Lo scorso maggio si diceva Vivendi sarebbe stata disposta a chiudere la partita attorno ai 26 miliardi.
Ricordiamo che incassare quanto più possibile dalla vendita della rete è cruciale per la riduzione del debito di TIM: nel 2022 il debito lordo è aumentato di circa 3,2 miliardi passando dai 22,2 miliardi del 2021 ai 25,37 miliardi dello scorso anno, a fronte di un aumento dei ricavi del 3,1% a 15,79 miliardi di euro, dai 15,32 miliardi del 2021, e a un aumento dell’ebitda del 5,3% a 5,35 miliardi dai precedenti 5,08 miliardi e con un perdita netta in diminuzione a 2,93 miliardi rispetto a un rosso di 8,65 miliardi (si veda altro articolo di BeBeez). Le cose sul fronte del debito non sono migliorate nel primo trimestre del 2023: il debito finanziario netto è salito infatti a 25,8 miliardi di euro a fine marzo, a fronte di un incremento dei ricavi a 3,8 miliardi (+4,3% dal primo trimestre 2022) e dell’ebitda a 1,5 miliardi (+3,8%) (si vedano qui il comunicato stampa e qui la presentazione agli investitori).