Passo in avanti nel processo di risanamento di Cimolai spa e Luigi Cimolai Holding spa. Il Tribunale di Trieste, infatti, ha emesso la sentenza di omologazione dei concordati preventivi in continuità diretta (si veda qui il comunicato stampa), di cui aveva dichiarato l’apertura il 22 marzo 2023.
Con questa mossa il Tribunale da un lato ha chiuso le procedure concordatarie per ogni effetto di legge e, dall’altro, ha di fatto aperto la porta alla fase successiva del risanamento che consiste nell’esecuzione del piano concordatario e nell’assolvere agli impegni di pagamento assunti e protratti nel tempo (dal 2024 al 2029).
L’udienza di omologa era originariamente in programma per il 12 settembre, scaduto il termine del 20 agosto entro il quale i creditori erano stati chiamati ad esprimersi mediante votazione in merito al concordato presentato dall’azienda al Tribunale che, in quell’occasione, “si era riservato la decisione per esprimersi a riguardo nei giorni successivi “(si veda IlFriuli.it).
I creditori, infatti, erano stati chiamati tra il 20 luglio e il 10 agosto a esprimersi sulla proposta di concordato depositata da Cimolai spa al Tribunale di Trieste (si veda qui l’avviso agli obbligazionisti del bond da 40 milioni di euro a scadenza luglio 2027, quotato alla Borsa di Vienna). E proprio pochi giorni prima la famiglia Cimolai ha messo sul piatto 10 milioni di euro per rafforzare il capitale del gruppo, sottoscrivendo due aumenti di capitale, uno in Cimolai holding, per 3,1 milioni, e uno in Cimolai spa, per 5,4 milioni. Il 12 luglio l’ANSA aveva infatti riferito di una nota della società che annunciava che il gruppo sarebbe andato avanti “in continuità diretta, senza più la creazione di una newco” con un piano che “si fonda anche su un importante apporto di capitale da parte dell’ingegnere Luigi Cimolai“ (si veda altro articolo di BeBeez ). Questo, evidentemente, perché la ricerca di un nuovo investitore non aveva portato risultati. Sempre a luglio era stato siglato un accordo con SACE sulle modalità di riscadenzamento del debito. L’accordo prevedeva che Cimolai mettesse in essere concrete iniziative mirate a rafforzare e consolidare, in linea con le best-practice di settore, i propri impegni su tematiche ESG, includendo anche la successiva individuazione, di concerto con SACE, di un’ulteriore iniziativa sociale aggiuntiva rispetto alle quelle ESG già esplicitamente individuate nel piano.
Ricordiamo che la crisi per l’azienda aveva avuto inizio in seguito a gravi perdite su derivati sottoscritti per oltre un miliardo di euro di nozionale, che però a quella data mark-to-market valevano soltanto 200 milioni, per Cimolai, ad ottobre del 2022, aveva dovuto presentare al Tribunale di Trieste domanda in bianco per essere ammessa al concordato. (si veda altro articolo di BeBeez), esposta nei confronti di 21 banche e broker, tra cui BNL Bnp Paribas, Banco BPM, Intesa Sanpaolo, Mediobanca e MPS, Morgan Stanley, Deutsche Bank, Natixis, NatWest e UniCredit. Il valore lordo dell’esposizione nei confronti di questi operatori si aggirerebbe fra i 400 e i 500 milioni di euro. (si veda altro articolo di BeBeez).
L’omologa del Tribunale è venuta dopo che la maggioranza delle 12 classi di creditori aventi diritto di voto si erano espresse in modo favorevole rispetto alla richiesta di concordato, con un vero e proprio “plebiscito a favore del gruppo”, aveva scritto Nord Est Economia, indicando i dettagli relativi: 88,8% di voti favorevoli, che rappresentavano 471 milioni di euro rispetto ai 529 milioni di ammontare totale di debiti verso tutte le classi di creditori ammesse al voto e intervenute, 11 delle quali si erano espresse in modo favorevole.
“Quella mancante (al di là dell’importo relativamente piccolo, rispetto al totale, circa 1,5 milioni), era composta esclusivamente da agenzie fiscali estere. Soggetti di diritto che si trovano in Svizzera, Lussemburgo e Francia, la quale ultima, da sola, ne costituiva la maggioranza”, e che non hanno espresso alcun voto rispetto al concordato perché le loro legislazioni non consentivano l’espressione “di un voto dal quale sarebbe derivata una decurtazione del proprio credito”.
“Delle undici classi a favore, sei lo sono state al 100 per cento degli ammessi al voto, due al 99 per cento, le altre in percentuali fra il 60 e il 90 per cento. Nelle otto classi favorevoli tra il 99 e il 100 per cento comparivano crediti ipotecari, Frie, imprese minori e crediti tributari. La percentuale delle banche è stata dell’86%”.
Cimolai Holding ha chiuso il 2021 con ricavi netti per 501 milioni di euro dai 407,1 milioni del 2020, un ebitda di 26,3 milioni (da 25,8 milioni) e un debito finanziario netto di 66,3 milioni (da 60 milioni), (si veda qui il report di Leanus, dopo essersi registrati gratuitamente). La ricognizione sui conti del gruppo evidenzia ora un debito complessivo di circa 668 milioni, di cui 230 milioni verso creditori privilegiati e 436 milioni verso creditori chirografari. L’esposizione verso banche, per linee di credito garantite da SACE, si aggira attorno ai 134 milioni. Si sommano altri 56 milioni di debiti legati a mutui, con intervento del Frie.
Il giro d’affari provvisorio 2022 ammonta a 435,4 milioni di euro, di cui 231,9 milioni all’estero e 203,4 in Italia, dice il sito dell’azienda, che spiega come l’Italia conti per il 47%, l’Europa il 27%, l’America il 24%, Africa e Medio Oriente ciascuna l’1%.