E’ stata presentata alla stampa Arte moderna e contemporanea. Antologia scelta 2024, appuntamento rituale di Tornabuoni Arte per salutare l’anno: siamo al catalogo (in doppia lingua italiano-inglese) numero 36, che raccoglie le opere di arte moderna e contemporanea più significative e importanti che la galleria ha selezionato nel corso dell’ultimo anno, con un rinnovamento ogni anno di circa l’80% mentre alcune opere vengono riproposte solo a distanza di anni.
Le opere del catalogo sono state illustrate nella sede istituzionale di Firenze (Lungarno Cellini, 3) e durante l’anno nelle altre sedi italiane di Milano, Roma e Forte dei Marmi. Entrambe le esposizioni di Firenze e Milano saranno visitabili fino al 22 novembre 2024, salvo mostre temporanee.
Dal 12 dicembre, proprio nella sede milanese sarà presentata infatti una selezione di circa 30 delle opere più rappresentative del catalogo Arte moderna e contemporanea. Antologia scelta 2024 con un’introduzione della storica dell’arte Sonia Zampini, un saggio dal titolo Cronistoria. Il testo si articola raccontando di ventennio in ventennio un secolo d’arte italiana dagli anni Venti del Novecento al 2023 (si veda qui il comunicato stampa).
Copertina flessibile che si veste di Piero Dorazio, il catalogo conferma la scelta di presentazione degli autori in ordine alfabetico con schede sintetiche e puntuali.
La mostra segue idealmente il percorso tracciato da Zampini nel suo testo, un percorso che attraversa il Novecento fino ai giorni nostri, scandito in periodi definiti, che tiene conto di come “la storia dell’arte sia espressione diretta del divenire dei tempi, in grado di persistere e mantenere vivo il suo respiro nel trascorrere degli accadimenti”. La storia d’altronde “determina il contesto in cui crescono e si affermano le definizioni del pensiero e le espressioni intellettuali e artistiche ad esso collegate”.
La presentazione è stata l’occasione per incontrare il collezionista, mercante d’arte e appassionato Roberto Casamonti che si definisce “un cane da tartufo”, un cercatore di bellezza prima che di opere preziose tanto che alle fiere – la galleria è forse la prima in Italia con la partecipazione a 12 appuntamenti annuali a livello internazionale – i colleghi lo indicano come chi va per comprare più che per vendere. Egli stesso ci ha raccontato che l’impulso a vendere è per poter acquisire qualcosa di più importante e perché un collezionista non deve diventare un antiquario. Le collezioni devono essere infatti incrementate e rinnovate, e attraverso l’evoluzione del collezionismo si può leggere il mercato dell’arte e il gusto della gente. In Italia i grandi come Burri, Fontana e Morandi sono intramontabili; mentre in questo momento crescono le quotazioni e l’attenzione per Accardi, Boetti e Capogrossi tra gli altri.
Sfogliando il catalogo, Casamonti ha ribadito l’importanza del cartaceo perché resta in casa del collezionista un anno intero e diventa un punto di riferimento.
L’esposizione nella sede fiorentina inizia dal primo piano con la pittura moderna dove troviamo Rientro dal lavoro, un dipinto del 1918 di Plinio Nomellini che, meglio di altri, ha saputo ritrarre l’Italia di un tempo, in particolare la Toscana, sua terra d’origine, con un realismo idilliaco e rarefatto, grazie alla pennellata luminosa e cangiante, caratteristica di questa fase della sua carriera. Quadro di forte impatto coloristico e per la luce ‘scoppiettante’ velata di malinconia. Da Nomellini passiamo agli anni che hanno visto l’avanzata del Fascismo in Europa e lo scoppio della Prima Guerra Mondiale, ne sono testimoni personaggi come Pablo Picasso, presente con Tasse et paquet de tabac, un olio su tela del 1922, rivoluzionario, dove le linee e i volumi della natura morta raffigurata assumono una dimensione grafica e cromatica bidimensionale, che farà da apripista alle nuove sperimentazioni del secolo. Sul fronte italiano, invece, troviamo esempi di artisti come Mario Tozzi con Donna e musica, del 1931, un nitore perfetto; e ancora Fausto Pirandello che, a pochi anni di distanza, nel 1939, eseguiva Le Bagnanti, dipinto che Casamonti afferma gli dia particolare gioia, esposto alla XXII Esposizione Biennale Internazionale d’Arte di Venezia. In entrambe queste opere, dove è centrale il corpo femminile, anche se in una diversa declinazione, c’è un’esaltazione e un ritorno al classicismo.
Procedendo in questo excursus cronologico, parallelo allo scorrere della storia, ci soffermiamo su altri capolavori come Nascita di Venere che Alberto Savinio dipinse nel 1950 – in mostra ci sono altri dipinti dello stesso autore più o meno coevi – dove la classicità del Mito viene reinterpretata e filtrata attraverso le suggestioni surreali e metafisiche che lo contraddistinguono. Gli fa da contraltare Ottone Rosai con Strada, della metà degli anni Cinquanta, che ci ricorda uno degli scorci tipici di via San Leonardo a Firenze, dove Rosai ha avuto la sua casa studio dal 1933 al 1957.
A segnare il passaggio agli anni Sessanta è una tela emblematica di Giorgio de Chirico, Ettore e Andromaca, dove come il fratello Savinio, l’artista si appropria di un tema greco, qui l’Iliade di Omero, e lo mette in scena secondo i canoni della pittura metafisica. Del 1960 è anche Volume, una delle idropitture in nero di Dadamaino, dove è evidente la sua rottura con la pittura tradizionale verso una fase di sperimentazione e di ricerca. In mostra anche Gradazione 15N nero bianco su nero, 1966-1972, di Marina Apollonio una delle artiste italiane più rappresentative del movimento Ottico-Cinetico internazionale che iniziò la propria ricerca creativa di comunicazione visiva proprio agli inizi degli anni Sessanta.
Tra le donne che hanno avuto un ruolo incisivo nella storia dell’arte, non poteva mancare Carla Accardi, con più lavori, come il bellissimo Senza titolo, vernice su sicofoil, del 1967, rarissimo per le sue dimensioni, 4 metri.
L’ultima parte dell’Antologia 2024 si concentra sui movimenti e le correnti che hanno segnato l’arco temporale dal 1980 al 2000, dalla Transavanguardia con Mimmo Paladino e Sandro Chia, all’Arte Povera con Jannis Kounellis, Gilberto Zorio, Michelangelo Pistoletto che è rappresentato da uno dei suoi quadri specchianti famosi, del 1988, dove ritrae Marisa Palazzolo sorridente, appoggiata a un prezioso mobile antico. Un piccolo e significativo nucleo di opere è dedicato alla poetica di Alighiero Boetti, tra cui Lavoro postale (Permutazioni con calligrammi), 1989, dove ha combinato francobolli e buste da lettera, secondo tutte le possibili variabili, come fossero colori e pennelli. E ancora Arman, Alberto Burri, Enrico Castellani, Christo, Tony Cragg, Hermann Nitsch, Luigi Ontani, Mario Schifano, Emilio Vedova, Arnaldo Pomodoro le cui grandi sculture abitano molte delle piazze nel mondo, esempio ne è in questa sede Ruota I, 1995, in bronzo. Qui, come nelle altre, Pomodoro analizza il rapporto tra materia e segno con un linguaggio ricco di suggestioni arcaiche.
La rassegna che quest’anno punta ancora più in alto si chiude con quelli che sono gli esempi più contemporanei della produzione artistica, con una recentissima delocazione di Claudio Parmiggiani del 2023 Senza titolo, una suggestiva e raffinata “scultura d’ombra”, così come il filosofo e storico dell’arte Georges Didi-Huberman ha definito questi lavori realizzati con fuoco, fumo e fuliggine, che lasciano il ricordo, l’impronta come in un negativo, dei corpi e degli oggetti che lì esistevano.
Infine, tra le opere scelte da Tornabuoni Arte, si colloca Pezzi di Pace – che BeBeez ha incontrato di recente ad Artissima e immortalato nel video del servizio – realizzata nel settembre 2023 da Felice Limosani, esperto di avanguardie espressive e delle Digital Humanities. Il primo esemplare di questo ciclo di opere è stato presentato ed è tuttora esposto nella corte di Palazzo Bartolini Salimbeni a Firenze, sede della Collezione Roberto Casamonti. Si tratta di un obelisco in lamina d’acciaio rotante, che si erge verso il cielo, una congiunzione tra la dimensione umana e il luogo delle idee.
Ripercorrendo in ordine alfabetico gli autori incontrati, ricordiamo ancora Enrico Baj con Le Comte de Hornes del 1965 e un bel Massimo Campigli, tra gli altri, Due donne, del 1953 nonché Time Locker del 1963 di Piero Dorazio – scelto per la copertina del catalogo – oltre a Leal del 1972, di grande impatto. Particolare l’introduzione del Taureau di Le Corbusier del 1953, noto architetto del quale si in Italia non si trova nulla di pittorico, che nel 1950 comincia a dipingere teste di toro. Un vero gioiello l’opera di Alberto Magnelli, Natura morta con bottiglie del 1913 di piccolo formato; e ancora le tre opere di Arnaldo Pomodoro e un lavoro al quale il Collezionista tiene molto, Bandit di Salvatore Scarpitta del 1961, in cui supera il “congelamento” dopo il suo arrivo a New York.
a cura di Ilaria Guidantoni