A Venezia, presso Palazzo Loredan-Istituto Veneto di Scienze Lettere e Arti in Campo Santo Stefano, saranno esposte fino al 18 febbraio 2024 dieci tele a olio di grande formato di Davide Battistin (Venezia, 1970), l’artista locale in questo momento più noto a livello internazionale, pittore della luce. Lontano dalla cattura dell’effetto abbagliante, si muove tra le pieghe dei riflessi in una pittura di paesaggio inattuale, da diventare una sfida.
Le opere sono tutte realizzate ad hoc per la mostra, che mette Venezia al centro di un richiamo all’attenzione e alla responsabilità. L’iniziativa, ci ha raccontato Luca Zentilini che cura l’esposizione di Battistin intitolata Genesis, è nata dalla Galleria Lineadacqua, fondata nel 2002 come libreria antiquaria, poi divenuta Galleria e oggi società di servizi nell’ambito culturale, che da dieci anni lavora con Davide grazie allo stimolo ricevuto dall’Istituto Veneto, punto di osservazione alto sulla città perché istituzione indipendente sempre attento alle criticità veneziane. Così le tele hanno un focus sulle fragilità e un ecosistema improbabile in cui sono nate le architetture antiche che costituiscono il fascino e il destino, dei quali spesso non si è sufficientemente consapevoli.
Il percorso della mostra
La mostra si presenta dunque come un richiamo all’attenzione sui rischi di un turismo intensivo e consumistico e la resilienza della cultura che mostra la sua vivida vitalità. Lo stesso ambiente, nell’ala laterale di Palazzo Loredan, con i soffitti bassi e le pareti scure, rappresenta bene quanto l’accesso alla bellezza e a quadri dall’effetto finestra sia complessa in una città come quella lagunare. Ed è proprio dalla laguna che parte il percorso espositivo articolato in due grandi ambienti.
L’artista si misura per la prima volta proprio sul grande formato e conferma la sua vocazione per la pittura a olio per via della matericità che consente. Si inizia con l’alba sulla città a Torcello, quindi l’Isola dei pescatori, Pellestrina, e ancora il tratto di mare che la separa dalla terraferma dove si può nuotare, o l’Isola di San Giorgio vista in lontananza.
Sono immagini non descrittive, dove lo spettatore è avvolto e allo stesso tempo letteralmente risucchiato, in una strana ebbrezza ovattata. Soprattutto nel magnifico dipinto dedicato alla meno nota Pellestrina, la luce è metafisica, perché fuori dal tempo: potrebbe essere un’alba timida o un tramonto appena accennato che non si incendia come accade d’inverno o anche un cielo bianco di luce estiva dove il caldo crea un effetto saturazione e impedisce al sole di splendere. Non solo.
Spostando il nostro punto di vista il dipinto cambia tono, luce, atmosfera, perché vive con noi ed è per questo che le tele di Battistin sono così difficili da fotografare. Acqua, cielo soprattutto al tramonto e architetture rarefatte, che sembrano emergere dal sogno, sono i suoi elementi naturali sebbene il protagonista assoluto, ci ha raccontato, sia la luce. Gli altri non sono che elementi in cui la luce si declina, che la riflettono come un’eco visiva. La luce è anche l’origine, Genesis, titolo di un’opera del pittore veneziano che è l’immagine della mostra che proprio da essa prende il nome: un quadro che suggerisce inquietudine e voluttà insieme, un canale che nella sua oscurità dai confini incerti (soprattutto il lato destro dell’opera è non finito) ci attrae inesorabilmente come quella porzione di acqua con i riflessi caldi del sole, che ci provoca una leggera vertigine senza che possiamo distoglierne lo sguardo.
Davide avrebbe voluto lavorare di più sulla laguna ma poi ha scelto di tornare anche nella città che ama e dove vive, anche perché tra l’altro il lavoro sul paesaggio meno antropizzato gli necessita tempi più lunghi. In generale lavora solo con luce naturale, in gran parte nel suo studio proprio per rendere la tela più adattabile a situazioni diverse.
In questi dipinti, come quinte teatrali, evocative di rappresentazioni interiori, c’è una grande assenza, l’uomo, perché non vuole renderlo una figurina, quasi un ornamento, troppo banale ma la figura umana merita allora di essere protagonista e lo dice da ritrattista quale è stato. La sua Venezia è scura, inquieta, profonda, onirica, mai troppo riconoscibile, oleografica o luminosa; anzi prova un certo fastidio per quell’allegria leziosa e per il lato caratteristico esaltato troppo spesso nella pittura, prediligendo invece una Venezia dell’anima che spalanca voragini.
Tra l’altro l’artista ha sottolineato come l’uomo muovendosi renda difficile la “cattura” sulla tela, diversamente appunto da quanto avviene nel ritratto, così come le nuvole che si muovono; l’acqua forse può essere inquadrata se non fermata ma è solo la luce che può essere colta pienamente.
La suggestione è resa più forte dall’accompagnamento delle musiche originali di Alvise Saggi, polistrumentista e compositore di musiche per film e documentari, e Michele Bonivento, anch’egli compositore, sound designer ed eclettico arrangiatore, che richiama tutti al tempo della consapevolezza e delle responsabilità; suoni contemporanei e antichi a un tempo, dalle note scure come l’ambiente che le ricevono. La pittura di Battistin è in divenire per la ricerca costante di sperimentarsi e misurarsi con il nuovo e su questa linea il prossimo appuntamento dell’artista sarà ancora a Venezia con Lineadacqua probabilmente già a primavera 2024, con un’esposizione sui monotipi perché questa tecnica di stampa crea la sorpresa nello stesso realizzatore riproducendo a rovescio l’immagine e lasciando sempre una qualche incertezza di risultato.
Chi è Davide Battistin
Nato a Venezia nel 1970, Battistin si diploma nel 1998 all’Accademia di Belle Arti con una tesi su Guglielmo Ciardi. Nello stesso anno, vince una borsa di studio alla School of Fine Arts di Atene. L’estate seguente prende parte al IV Seminario Internazionale d’Arte Contemporanea Europea a Ryn, in Polonia. Alcune esperienze di restauro degli anni Novanta, tra cui nella sala del Maggior Consiglio di Palazzo Ducale, lo portano a una riflessione diretta e tangibile sulla tecnica della pittura, materia che insegna a partire dal 2004 alla Scuola Internazionale di Grafica di Venezia. Ha la sua prima personale nel 2001 alla Galleria Pelar di Long Island-New York, seguita da una mostra a Palazzo delle Prigioni Nuove a Venezia. Dal 2003 è tra gli artisti invitati dalla galleria W.H. Patterson di Londra per l’iniziativa Venice in Peril. Il suo studio, dopo essere stato ospitato per anni all’ultimo piano di Palazzo Papadopoli sul Canal Grande, è oggi in una fascinosa mansarda nel sestiere di Cannaregio. Dal 2013 collabora in esclusiva con Lineadacqua. Nel 2022 i suoi dipinti sono stati scelti per le scenografie dell’opera lirica La Gioconda rappresentata al Teatro alla Scala.
a cura di Ilaria Guidantoni