Fuori dal centro, sta diventando la parola d’ordine delle realtà artistiche della Capitale, al di fuori di alcune gallerie storiche che vivono anche del racconto delle proprie mura.
Così la Galleria z2o Sara Zanin a marzo ha aperto la nuova sede a Testaccio, nuovo spazio progettato da Bevilacqua Architects, che nasce con la premessa di una galleria-casa che in un ex spazio industriale – che ha avuto più destinazioni nel tempo tra le quali un forno e una carrozzeria, più funzionale di quello di Via della Vetrina in centro storico; resta aperta la sede di via Baccio Pontelli 16 dove fino alla fine di maggio è di scena la personale di Chiara Bettazzi – diventi un vero e proprio punto di incontro e di sosta, cosa che nel cuore della città sempre più svuotata di residenti e piena di turisti non accade più.
Fino al 31 luglio è di scena Michele Tocca, artista nato a Subiaco nel 1983, che vive e lavora tra il suo paese natale e Roma, dov’è rientrato nel 2015 dopo un lungo soggiorno a Londra e Anversa, con la personale Poca notte a cura di Davide Ferri.
L’esposizione include un gruppo di dipinti inediti, che mostrano gli sviluppi recenti della poetica dell’artista, basata su un approccio alla pittura che avviene in presenza delle cose, ritratte dal vivo e talvolta in scala 1:1, in un qui e ora dell’immagine che non prevede ritocchi a posteriori ma solo pratica di osservazione diretta e azione, un modo di ritrarre che si richiama ai pittori del Grand Tour e non solo del Settecento e Ottocento che, in cammino per diversi mesi, battevano il territorio delle campagne e delle città, che Tocca ama citare spesso ai quali, pur nelle diversità del segno, sente una vicinanza dello sguardo, com’è evidente sfogliando nel Catalogo a cura di Elena Volpato (Corraini Edizioni), Repoussoir, una parola che appartiene alla storia della pittura di paesaggio e indica un elemento in primo piano come un ostacolo, una cornice, una quinta o anche una finestra all’aperta visione. E forse l’intera pittura di Tocca può essere letta attraverso questo sguardo diretto ma non banale, immediato, una presa diretta cinematografica che richiede un grande studio.
Abbiamo visitato l’esposizione in compagnia dell’artista che ci ha raccontato che la mostra nasce dal suo lavoro del 2024 eccetto per un’opera, del 2023, posta all’ingresso. La suggestione è il fatto che Michele ha l’abitudine di svegliarsi molto presto, ai primi albori, in una condizione di sospensione e nello stesso tempo di crescendo e anche di assenza di disturbo, di distrazione. Il tema infatti è la soglia tra la luce e il buio e tra il fuori e il dentro, il paesaggio esterno e la casa, l’io. “È la dimensione ideale del quasi niente”, afferma l’artista, “dove ‘tutto’ è ancora da guadagnare, rubare, anche la luce lontana, i raggi, un mezzo lampo che lampo non è. Poi arriva l’alba, quella sensazione di stupido crescendo, con questa parola inglese bellissima intraducibile: incremental”. La notte è la sospensione, lo stare in bilico, dove le persone sono assenze di cui si coglie la presenza attraverso le tracce.
In questo caso è emblematica l’opera La Finestra (poca notte), olio su lino in nove pezzi, realizzata in moduli che intende catturare i primi bagliori, fessure nella notte.
All’ingresso Troppo tardi, dov’è ritratto il maglione rosso indossato durante il confinamento e lasciato così, consunto, appeso sul telaio come un quadro nel quadro, che induce a una visione verso l’oltre attraverso uno ‘spiffero’, i buchi nella lana, il passaggio da un ambiente intimo e domestico, un capo indossato, rosso intenso, verso un fuori indefinito. Il ‘buco’ viene trasfigurato in un obiettivo.
Il telaio merita in sé un’attenzione perché quelli che utilizza Michele sono finissimi, adatti per la pittura en plein air con una tela Panama prodotta a Lucca con colla di coniglio molto assorbente che rende possibile la realizzazione di un lavoro realizzato velocemente in un’unica sessione a olio.
I soggetti ricorrenti, esposti in galleria, sono cose e oggetti di uso comuni quali il giornale come in Notizie di ieri, letto e accartocciato, e arnesi domestici riposti in un angolo della casa o scarpe e giacche consunte, ancora umide di pioggia, tutti elementi che riflettono il mondo fuori o al contrario il filtrare del paesaggio attraverso i vetri.
Scopa dell’uscio è appunto significativa per capire come dipinge Tocca e il suo senso del quotidiano: un quadro polveroso, come lui stesso lo definisce, realizzato stando per terra sul pianerottolo dov’era appoggiata, lasciata quasi abbandonata, per le pulizie condominiali. La scopa è sull’uscio quindi sul limitare, su una soglia e viene colta in un momento preciso, senza ritocchi.
In mostra anche piccoli lavori realizzati guardando attraverso un obiettivo, da una fessura, in modo cinematografico, un percorso iniziato nel 2018 ma che ha richiesto anni per la messa a punto; diversamente dal cinema dove infatti l’occhio è un escamotage semplice, in pittura occorre studiare come cambia la visione attraverso una modalità differente, come testimonia il dipinto Prima che si sveglino. Tra l’altro Michele lavora tenendo con la mano sinistra la tela o l’obiettivo, senza cavalletto e dipingendo con la mano destra, girando lo sguardo continuamente.
Interessante l’allestimento, voluto dallo stesso autore, che dipinge quadri di piccolo e medio formato interamente occupati dall’oggetto dipinto e isolati sulla parete, a distanza, per far risaltare la coincidenza tra il lavoro pittorico e quanto ritratto.
In Troppo presto, la propria maglietta sulla sedia, è stata ritratta in un momento non ideale, troppo presto appunto, per la scarsità di luce, testimoniando però la forza della suggestione. Rimangono le scarpe, ritrae le sue scarpe da lavoro e alludono al fatto che esse portano il paesaggio e anche l’inquinamento nella casa, riflettendo, ancora una volta, sul dentro e fuori nel momento dell’ingresso.
Altro tema importante, la luce, oggetto di una riflessione più recente almeno nella modalità di lavoro, una ricerca che però parte da lontano e che lo ha portato a Londra, pensando a John Constable, Thomas Johnes, Joseph Mallord William Turner, ma anche il francese Jean-Baptiste Camille Corot. In Come un lampo, di grande suggestione, è dipinto reggendo l’ombrello sotto la pioggia, guardando uno squarcio di luce.
E infine, l’ultimo lavoro, Piccolo chiarore, testimonia la ricerca in corso per trasformare i raggi in segno.
In programma a maggio con la Galleria z2o ad Arco Lisboa a Lisbona. Che aprirà, il prossimo 23 maggio, una personale e poi una mostra con l’artista amico Pesachete alla Fondazione Antonio Coppola, collezionista di entrambi, a Vicenza, che inaugurerà il primo giugno, Hm, Hé, Ha, citazione dell’onomatopeica dal fiammingo legata alla Conferenza di Julian Barnes, curata da Davide Ferri ed Elena Volpato a cui seguirà una seconda tappa nella mostra di Luca Bertolo e Manuele Cerutti, con uno scambio di presenza di opere.
Chi è Michele Tocca
Nato a Subiaco, in provincia di Roma, nel 1983, studia pittura in Italia, poi nel Regno Unito a Londra, dove completa un MA, Painting, presso il Royal College of Art, Londra nel 2011 quindi in Belgio ad Anversa. I suoi dipinti riflettono sull’esperienza della pittura e del mondo fisico, tornando a interrogativi sulla loro reciproca “attualità”, su processo e metafora, sul realismo e i suoi paradossi, sugli effetti del tempo e della storia. In questo senso, Tocca è autore di scritti sull’opera di artisti che vanno da Thomas Jones ai giorni nostri. Nel 2023, il suo lavoro è stato oggetto di un’ampia personale presso la GAM di Torino, parte dell’acquisizione di un nucleo di dipinti. Esposizioni recenti includono Pittura Italiana Oggi, Triennale, Milano; Positions 2, Alma Pearl, Londra; Quadri come luoghi, Torre Pallavicina; 63 Premio Termoli, MACTE, Termoli nel 2023. Negli anni, l’artista ha esposto in istituzioni, gallerie e spazi indipendenti in Italia e all’estero, tra cui: FLAG ART Foundation, New York; FuoriCampo, Siena e Bruxelles; IUNO, Roma; Ipercorpo, Forlì; LNM, Praksis, Oslo 2019; MARCA, Catanzaro; Munange, Crissolo; Musei di Villa Torlonia, Roma; Moscow Biennale; Palazzo de’ Toschi, Bologna; Prague Biennale; Studiolo, Milano; z2o Sara Zanin, Roma.
a cura di Ilaria Guidantoni