Michal Rovner con ALERT, il nuovo progetto site-specific per Fondazione Merz a cura di Beatrice Merz, presidente della Fondazione Merz di Torino inaugurato in occasione di Artissima, sarà visitabile fino al 29 gennaio 2023; mentre l’installazione in esterno è visibile fino al 6 novembre in notturna. La mostra personale ALERT dell’artista israeliana Michal Rovner, classe 1957, è un progetto concepito appositamente per gli spazi di Via Limone 24 a Torino e restituisce al pubblico un’esperienza immersiva che affonda le proprie radici nella pratica dell’artista. Per chi conosce la Fondazione Merz è interessante vedere lo spazio trasformato, plasmato dall’anima del progetto, il senso di vuoto e smarrimento che si percepisce all’interno, come uno spazio di archeologia industria, un complesso urbano abbandonato. Si avverte un senso di disorientamento e quell’inquietudine dettata dalla paura della solitudine, il senso di insicurezza di luoghi che possono essere ‘colonizzati’ da migranti, rifugiati, comunque altri, altri, alieni, rispetto a noi. Il progetto nasce da una collaborazione
consolidata con la Fondazione con la quale l’artista ha già realizzato tre progetti, rispettivamente nel 2012 al Castello di Rivoli, a Torino, con una grande installazione, Crepe nel tempo; nel 2019 nella Chiesa dello Spasimo a Palermo, Crepa nel muro; e a Roma nella Basilica di Massenzio in occasione del Festival delle letterature in differita perché l’artista era confinata a Tel Aviv per il Covid, Contact, titolo quanto mai emblematico per raccontare un tempo di distanza.
Il progetto, inserito nel solco di una ricerca pluriennale promossa dall’artista e che vede l’arte dialogare con l’archeologia e con la politica, ALERT rievoca le tematiche e pratiche affinate da Michal Rovner nel corso degli anni, con particolare attenzione alla tecnica del video mapping: il punto di partenza è sempre il reale, ci ha spiegato l’artista, come le presenze umane che sono tutte filmate in diretta e non ricostruite. Il progetto espositivo, trasformando gli spazi della Fondazione, accoglie il visitatore in uno spazio celato e senza luce, simile ai
luoghi di attesa dove osservare e studiare gli sciacalli, i veri protagonisti dell’esposizione, che prendono possesso dell’ambiente e lo abitano mostrandosi come guardiani assoluti. Lo sciacallo è un simbolo duplice, come ci ha confermato Michal, dell’evocazione della paura del rifugiato, percepito come invasore, aggressore e della fragilità dello stesso, in una corrispondenza biunivoca di diffidenza e malessere che per l’artista è sia un tema universale sia politico, non però georeferenziato, dettagliato ma sempre in senso ampio; anche se in questo caso evoca l’esperienza di paura che ha vissuto in Israele.
Beatrice Merz spiega che “il lavoro di Michal Rovner pone delle domande, interroga sé stessa, il visitatore e lo spazio, e accoglie opere e persone in un meta-spazio libero da ornamenti e per questo assoluto. Il vacillare del sistema simbolico caratterizzante l’identità degli individui mette in atto la narrazione continua della fragilità umana. Un filo comune, un’urgenza disvelatrice porta Michal Rovner a far emergere sensazioni, narrazioni o segni temporali, a far riaffiorare, da sotto la pelle, in superficie, aspetti nascosti o rimossi, presenze discrete ma immanenti”.
ALERT, come accennato, esplora lo stato di allerta e il senso di paura che scaturisce dall’incontro con l’altro, con ciò che non è familiare e pertanto viene percepito come ostile. Per restituire appieno questo sentimento condiviso a livello globale, particolarmente evocativa è appunto la figura dello sciacallo, animale tradizionalmente associato a scenari di distruzione e poco incline al contatto con l’essere umano. Le intense ricerche sul campo, che hanno visto l’artista immergersi nell’habitat naturale notturno dello sciacallo, hanno risvegliato una forte fascinazione per i suoni prodotti dall’animale e per la sua potente eredità iconografica. Lo sciacallo, infatti, è
indissolubilmente legato alla figura mitologica del dio egiziano Anubi, destinato ad accompagnare le anime dei defunti nel viaggio verso la vita oltre la morte e ad agire come intermediario divino tra cielo e terra. Qui gli sciacalli giganteggiano come mostri sul cui sfondo vengono proiettate colonie di uomini in cammino e in fuga che sembrano talora disegnare una rete di filo spinato o motivi decorativi stilizzati, riportando al nomadismo come ad una categoria universale dello spirito. Scivolando lungo le pareti e prendendo possesso dello spazio, gli sciacalli di Michal Rovner costruiscono un ambiente in tensione dove assumono il ruolo di osservatori minacciosi, ponendo il visitatore nella scomoda posizione di elemento estraneo e non gradito. In un ribaltamento di prospettive, l’essere umano si rivela intruso tanto quanto lo sciacallo gli è alieno e viene convogliato nel cuore del progetto espositivo. Nel costruire uno spazio impalpabile, attraversato da un turbinio di energie e sensazioni profonde, l’obiettivo di Michal Rovner è quello di impostare una riflessione sulle paure, le minacce e i sospetti che derivano dall’incontro con l’altro, senza escludere la possibilità di uno scambio profondo con ciò che siamo abituati a temere. Non manca l’aspetto documentaristico del lavoro, con cui l’artista invita a soffermarsi sulla portata dell’esperienza migratoria che, secondo UNHCR, quest’anno ha interessato oltre 100 milioni di persone, restituendo il senso di un’esperienza dove il confine tra esistenza e sparizione è effimero e terribilmente fragile. In questo senso, il lavoro di Michal Rovner si avvale della potenza delle immagini per svelare il reale, la storia celata oltre la storia e qui svelata nel suo nucleo più primitivo ed elementare.
a cura di Ilaria Guidantoni