Arriva al cinema dal 30 aprile Anselm, il documentario di Wim Wenders dedicato al pittore e scultore tedesco Anselm Kiefer, presentato al Festival di Cannes tra le proiezioni speciali. Quest’esperienza cinematografica unica consente al pubblico di immergersi nel lavoro e nel percorso di vita dell’artista.
Una narrazione, un’opera d’arte cinematografica ben oltre e forse anche al di là dell’idea di documentario o docu-fiction delle biografie d’artista.
Un lavoro che diventa lo sguardo solo dell’artista, un’immersione nel suo mondo dalla parte del sogno, con un’interpretazione strettamente attoriale dell’artista bambino con il quale inizia il film e si con conclude, dandoci il senso di crescere nella Germania post-nazista con il suo peso, il senso di responsabilità, forse quasi di colpa anche se si è dalla parte delle vittime o lo si è stati e l’arte come slancio per la costruzione di un nuovo mondo. Il film in 3D rivela delle immagini fantastiche e un senso di immersione di grande suggestione che paradossalmente funziona come una lente magica, forse una lanterna magica. Questo tuffo dentro il film crea un effetto onirico, surreale di forte impatto e ci racconta la forza del sogno, la sua credibilità e realtà che si pone però su un piano diverso della verità quotidiana.
Il regista ha trovato una chiave d’accesso non per raccontarci l’autore a per condurci in un viaggio dove la musica e la scrittura, versi di poesia, frasi, lettere recitati ad alta voce, disegnano una convergenza delle arti. Solo nella seconda parte del film l’artista parla direttamente e si intuisce anche qualche intervista, passaggi che però non rivelano il giornalista, non creano un set, un effetto da studio giornalistico o da reportage.
Il lavoro di Wenders rivela la fonte di ispirazione e il processo creativo di Kiefer esplorando la sua fascinazione per il mito e la storia. Il passato e il presente si intrecciano per propagare il confine tra cinema e pittura. Alla fine di oltre due anni di riprese in uno straordinario 3D, Wim Wenders realizza un ritratto unico di uno dei più grandi artisti contemporanei e ci permette di immergerci completamente appunto nell’universo di Anselm Kiefer.
Protagonisti del film le poesie di Paul Celan e la morte come una dimensione connaturata alla Germania in una notte che non è scura, che ha l’occhio azzurro, sebbene scorra nel sangue; il pensiero di Martin Heidegger al quale non sono stati perdonati gli errori anche se sono stati rimossi, grave errore secondo l’artista che ha improntato la sua arte proprio sulla memoria suscitando non poche difficoltà interpretative e provocando anche degli scandali.
Kiefer, allievo del grande Joseph Beuys che omaggia nel film, recupera la mitologia classica e quella tedesca legata alle figure di Arminio, Sigfrido, Parsifal che la Germania nazista utilizzò a proprio uso e consumo. Una scelta legata all’idea che il mito aiuti a spiegare la storia se attualizzato e proprio grazie a questa possibilità. Non sempre l’artista tedesco è stato compreso e fu contestato quando alla Biennale di Venezia rappresentò la Germania come neonazista allorché Kiefer sottolineò che il suo essere antifascista era testimoniato dall’arte e che scrivere “antifascista” accanto alle sue opere a suo avviso non sarebbe stato rispettoso nei confronti di chi lottò sul campo, come a dire, che il suo compito è più semplice del soldato dissidente, del cittadino nella Germania e nell’Italia del tempo della guerra.
Così certamente dev’essere interpretata la scelta di indossare l’uniforme tedesca e fare il saluto nazista, non per rievocarlo, riproporlo quanto per mantenere la memoria. Senza memoria non esiste la consapevolezza dell’identità storica, delle scelte e quindi la possibilità del futuro. Se non si metabolizza il passato ma lo si rimuove semplicemente, si rischiano nuovi totalitarismi.
Il film inoltre è ricco di spunti, a cominciare sulle figure femminili della storia e di riflessioni sulla storia dell’arte; basti pensare al viaggio ripercorso da Kiefer sulle orme di Van Gogh dall’Olanda alla Francia del sud ad Arles, paese nel quale nel 1992 si è stabilito a Barjac, dove su una superficie di 80 ettari ha realizzato la sua residenza, tornando all’idea dell’immersione nella natura, come nel periodo in cui in Germania ha abitato nel bosco, lontano dalle distrazioni della città, creando uno dei ‘monumenti’ più imponenti al mondo.
Dopo il grande successo di Perfect Days, Wim Wenders torna al cinema con l’omaggio ad Anselm Kiefer, uno dei più innovativi e importanti artisti del nostro tempo.
Girato in 3D e risoluzione 6K, il film racconta, come detto in precedenza, il percorso di vita del pittore e scultore tedesco, la sua visione, il suo stile rivoluzionario e il suo immenso lavoro di esplorazione dell’esistenza umana e della natura ciclica della storia.
Wenders realizza un’esperienza cinematografica unica, che mette in luce il linguaggio di Kiefer, fortemente influenzato dalla poesia, la letteratura, la filosofia, la scienza, la mitologia e la religione. Per oltre due anni, il regista è tornato sulle tracce di Kiefer partendo dalla nativa Germania fino alla sua attuale casa in Francia, ripercorrendo le tappe di un viaggio dietro le quinte della sua arte.
Un nuovo incredibile ritratto d’artista dopo il lavoro fatto su Sebastião Salgado ne Il sale della Terra e su Pina Bausch in Pina e Buena vista social club.
a cura di Ilaria Guidantoni