Con Frédéric Bruly Bouabré, artista ivoriano tra i più significativi del panorama culturale internazionale del Secondo Dopoguerra, la cultura ivoriana si apre all’internazionalità; un’occasione anche per la città di Lucca che ospita questo personaggio al Palazzo delle Esposizioni.
La mostra è visitabile solo su prenotazione e da soli o a piccoli gruppi (scrivendo a mostre@fondazionebmluccaeventi.it; .è possibile prenotare per ogni giorno della settimana, tra le 9 e le 17, concordando data e ora), ma intanto prosegue la programmazione virtuale per consentire di scoprire Bouabré con un fitto calendario, con l’idea di approfondire la cultura Bété, movimento artistico della Costa d’Avorio. Sabato 12 giugno sarà promosso il finissage, con la presentazione ufficiale del catalogo (la mostra chiude il 13 giugno).
L’esposizione è organizzata dalla Fondazione Banca del Monte di Lucca e dalla Fondazione Lucca Sviluppo, con il patrocinio della Regione Toscana e dell’Ambasciata della Costa d’Avorio in Italia e la collaborazione della Fondazione Alighiero e Boetti, artista al quale era legato da profonda amicizia, come dimostra una sala riservata a dei lavori di dialogo tra i due e in particolare con degli omaggi dell’artista italiano all’amico africano.
BeBeez ha vistato la mostra con il curatore Alessandro Romanini, che ce la racconta in questo video
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Il percorso della mostra presenta oltre 400 opere provenienti da collezioni private e dalla famiglia dell’artista, molto importante per la realizzazione dell’iniziativa, mettendo in evidenza le varie fasi della sua ultra cinquantennale carriera ed illustrandone i vari aspetti tematici, poetici e biografici grazie ad un ricco corredo di documenti e testimonianze storiche. La selezione non è stata facile dato che Brouabré ha prodotto moltissimo, la sua era una sorta di vita performativa e in mostra ci sono dei foglietti nei quali è scritto “oggi non ho disegnato”, in modo artistico con la data, una sorta di contraddizione creativa.
Frédéric Bruly Bouabré ha esposto in prestigiosi spazi pubblici e privati internazionali, a partire dalla celebre mostra Magiciens de la terre, allestita nel 1989 al Centre George Pompidou di Parigi, che ha portato alla luce per la prima volta l’arte africana contemporanea, e la successiva Africa Remix, passando per il Guggenheim Museum di Bilbao, la Tate Modern di Londra e il Portikus di Francoforte. È stato inoltre protagonista di importanti manifestazioni come la Biennale di Venezia, Documenta di Kassel e la Biennale di San Paolo.
Le opere in esposizione, cartoni di piccole dimensioni, su cui l’artista annotava le accurate osservazioni sull’esistente, nascoste sotto la superficie, documentano le varie fasi tematiche dell’artista, da quella dedicata all’alfabeto visuale Bété a quella de La gioia della nascita e L’umanità, che celebra la parentela, passando per quella de L’albero della vita e La leggenda Zakolo e le Pietre di Bekora, fino ad arrivare a la Visione del sole che traduce graficamente l’esperienza da cui ha preso avvio la missione artistica e didattica di Bouabrè, dando vita a quella che è stata definita la “Conoscenza del mondo”. In mostra sono presenti anche alcune opere rare, tra cui un dipinto a matita su tela dell’artista ivoriano. Ci sono tutti suoi temi cari, legati soprattutto alla fratellanza universale con i suoi volti colorati, uomini gialli, blue e di altri colori; una sezione dedicata ai giganti e una alla mitologia della sua etnia.
Nutrita la mole di documenti autografi e delle foto storiche, moltissime delle quali inedite e prestate per la prima volta dalla famiglia per promuovere la mostra lucchese. Tra i documenti in mostra, numerosi testi poetici e saggi scritti dall’artista, epistole e curiosità, come i bozzetti di studio per la realizzazione dell’orologio commissionato da Swatch a Bouabré nel 1996, dedicato alla luna e al sole che sono tradizionalmente i punti di riferimento per segnare il tempo nella cultura Beté. L’allestimento è pulito, molto semplice e le pareti bianche di un edificio tradizionale ma dall’architettura essenziale, restituisce la semplicità dell’arte dell’artista ospitato; così come il tetto capanna con travi a vista dell’ultimo piano.
a cura di Ilaria Guidantoni