La seconda edizione della Biennale Internazionale della Fotografia Femminile si aprirà a Mantova il 3 marzo con un’inaugurazione su invito e si concluderà il 27 marzo 2022. La direzione artistica è di Alessia Locatelli e la manifestazione ha avuto il sostegno di Comune di Mantova della Provincia di Mantova e della Regione Lombardia.
La prima edizione della Biennale prevista a marzo 2020 non si è potuta realizzare a causa della pandemia in corso. L’associazione la Papessa, ideatrice e promotrice del festival, è riuscita ad allestire alcune delle mostre previste nei mesi successivi e adesso torna, con ancora più slancio, con quella che è a tutti gli effetti la seconda edizione.
La riflessione di questa speciale edizione ruota intorno a Legacy, un termine che riassume diversi concetti: significa Lascito, Eredità e tutto ciò che creiamo da trasmettere alle generazioni future.
Proprio la prima, dolorosa, esperienza della Biennale 2020 ha suggerito il tema di questa edizione.
Nell’epoca attuale, così carica di cambiamenti, il collettivo umano deve misurarsi con quello che gli è stato lasciato, agire con questo lascito nel presente per creare un futuro che sia forte ed equilibrato.
La BFF 2022 seguirà lo stesso format del programma originale della prima edizione, con grandi mostre di fotografe italiane e internazionali e numerose altre iniziative a corollario, tra cui una Open Call per il Circuito Off, letture Portfolio, workshop, presentazioni di libri, conferenze e proiezioni.
In una società in cui ancora non esiste una piena parità di genere e la cui storia è raccontata principalmente da uno sguardo maschile, occidentale ed eteronormato, anche la fotografia femminile e non binaria è quasi sempre sottorappresentata e troppo spesso stereotipata. Per questo la BFF ambisce a diventare un solido punto di riferimento, in Italia e a livello internazionale, con lo scopo di sensibilizzare il più possibile riguardo le tematiche di parità, uguaglianza e libertà di espressione e, al contempo, offrire un’opportunità per le suddette categorie, professioniste e non, di partecipare al mondo dell’arte contemporanea.
Molte delle fotografe presenti a Mantova espongono per la prima volta in una mostra personale in Italia; questo aspetto sottolinea l’importantissimo lavoro culturale e di ricerca, anche a livello internazionale, portato avanti da BFF.
LE ARTISTE

DANIELLA ZALCMAN – Signs of Your Identity
2016 – in corso
Per più di un secolo, i governi degli Stati Uniti e del Canada hanno gestito una rete di collegi ad assimilazione forzata per bambini indigeni.
Bambini nativi indiani forzati a lasciare la loro cultura, la loro lingua e la loro famiglia sin dai due anni d’età, per entrare in collegi gestiti dalla chiesa e, attraverso una serie di punizioni corporali e psicologiche, aderire così ai dettami di una cultura lontana dalla loro eredità.
Vite fragili che hanno subito abusi fisici e sessuali, aggressioni, nonché in alcuni casi, sono state sottoposte alla sperimentazione medica e alla sterilizzazione.
I risultati sono stati devastanti su ben 80.000 sopravvissuti viventi. Alcuni di questi adulti sono stati fotografati da Zalcman con dei ritratti a doppia esposizione con ampie interviste di accompagnamento che affrontano l’impatto del trauma intergenerazionale che sono diventate anche un libro. L’ultima scuola residenziale è stata chiusa nel 1996 e il governo canadese ha emesso le sue prime scuse formali solo nel 2008.
Daniella Zalcman è una fotografa documentarista vietnamita-americana con base a Parigi e New York. È beneficiaria del Pulitzer Center on Crisis Reporting e della National Geographic Society, borsista della International Women’s Media Foundation e la fondatrice di Women Photograph, un’organizzazione no-profit che lavora per elevare la voce delle donne e non binarie giornalisti visivi.
Il suo lavoro si concentra sulle eredità della colonizzazione occidentale, dall’ascesa dell’omofobia nell’Africa orientale all’educazione all’assimilazione forzata dei bambini indigeni del Nord America. Il suo progetto in corso, Signs of Your Identity, ha ricevuto diversi premi e riconoscimenti.
Palazzo Te, Tinelli, 10-13 e 15-19 venerdì sabato e domenica.

SOLMAZ DARYANI – The Eyes of Earth (The Death of Lake Urmia)
2014 – in corso
Tempo fa, il Lago di Urmia, in Iran, era il lago più grande del Medio Oriente e il secondo più grande del mondo. Le sei milioni di persone circa che vivono nel bacino di Urmia hanno legami sociali ed economici profondi con questa fonte d’acqua in esaurimento. I turchi azeri lo chiamano “il solitario turchino dell’Azerbaijan”.
Un tempo fiorente destinazione turistica, il Lago di Urmia era un mezzo di sostentamento per innumerevoli persone, inclusa la famiglia della madre di Daryani. Tuttavia, visto l’inaridimento del Lago, il turismo locale e l’agricoltura hanno subito un tracollo. I venti che sferzano lungo il lago soffiano polvere salina nei campi agricoli, causando la lenta degradazione del suolo.
Come ogni cosa nei dintorni del lago, il motel e i giardini del nonno di Daryani giacciono in rovina. In questa continua e prolungata storia ambientale e personale, iniziata nel 2014, Daryani dimostra l’impatto sulla famiglia e su un più ampio ecosistema al fine di riflettere l’interconnessione tra gli esseri umani e l’ambiente.
La scomparsa del Lago di Urmia rappresenta molto più di un rischio ambientale: è una ferita emotiva nella memoria delle persone.
Solmaz Daryani è una fotografa documentarista iraniana. Vive tra l’Iran e il Regno Unito. È beneficiaria della Magnum Foundation, della National Geographic Society, ed è membro di Women Photograph e Diversify Photo. Il suo lavoro si concentra maggiormente sulla nostra relazione con l’ambiente ed esplora il suo impatto sociale, culturale, religioso e politico.
Galleria Disegno, 10-13 e 15-19, venerdì sabato e domenica

FATEMEH BEHBOUDI – The War is Still Alive
2014 – in corso
Sono scatti intensi quelli del progetto The War is Still Alive su cui la fotografa iraniana Fatemeh Behboudi lavora da sei anni.
Una narrazione contrastata nella crudezza di bianchi e neri saturati che racconta il dolore delle madri che da oltre tre decadi attendono il ritorno del feretro dei figli perduti nel conflitto tra Iran e Iraq.
E le conseguenze della guerra si ritrovano anche nella sofferenza dei reduci, con i dolori psicosomatici causati dall’uso di componenti chimiche e biologiche ed il sonno legato dagli incubi di morte. I bambini e molte persone nelle città di confine dell’Iran sono ancora le vittime delle mine nascoste nel suolo.
Come si può costruire un futuro, un lascito positivo e di rinnovamento in città sventrate e mai ricostruite? In un luogo in cui alle persone è negato un ritorno alla vitalità, la guerra è ancora presente, viva.
Con la sua macchina fotografica la Behboudi si avvicina alle ferite ancora aperte per documentare cosa accade alla popolazione iraniana, a trent’anni dalla risoluzione ONU del 1988.
Fatemeh Behboudi è nata a Teheran, in Iran. Ha studiato fotografia e dopo il 2007, ha lavorato per diversi servizi di informazione iraniani, tra cui l’Iranian Quran News Agency (IQNA), l’agenzia di stampa studentesca Pana, Bornanews e Mehr (MNA).
Nel simposio Doorbin.net (2010) ha vinto il 2°premio al concorso per documentari. Nel 2015, ha vinto il World Press Photo, si è classificata al 1°posto nella categoria Feature Picture Story-Freelance/Agency di Pictures of the Year International ed è stata esposta nell’Asian Women Photographers’ Showcase di Obscura.
Casa del Pittore, 10-13 e 15-19, venerdì, sabato e domenica.

TAMI AFTAB – The Dog’s in the Car
2019 – in corso
“The Dog’s in the Car” (il cane è in macchina) urla mia madre dal piano di sopra.
Mio padre, Tony, corre per casa, dentro e fuori dal giardino, pensando di aver perso Rudi, il nostro cane. Questo è un episodio tipico, in cui papà torna dalla passeggiata con il cane, lo dimentica in macchina, entra in casa e pensa di averlo perso.
Mio padre, Tony, soffre di idrocefalia, che causa l’accumulo di liquido cefalorachidiano nei ventricoli del cervello.
Circa 25 anni fa, durante un intervento di bypass-coronarico, si è verificata un’emorragia interna che ha danneggiato in modo permanente la sua memoria a breve termine”.
The Dog’s in the Car è una collaborazione tra l’artista e suo padre. Usando una voce giocosa, l’artista mette in discussione i toni sommessi che caratterizzano la malattia, le domande sulla collaborazione e il consenso nonché la famiglia come soggetto e lo spazio tra documentario e spettacolo. Inoltre, è una storia che parla della relazione padre – figlia e di come una famiglia affronti la malattia e l’identità.
Tami Aftab nasce e vive a Londra. Il suo lavoro tocca temi di intimità, performance e giocosità attraverso la forma della ritrattistica. Ha studiato Fotografia al London College of Communication ed è stata ospite alla UWE Bristol e alla MMU Manchester. Ha vinto una borsa di studio Getty e i suoi lavori sono stati pubblicati sul Der Greif, Der Spiegel, sul British Journal of Photography e sul The Washington Post.
Casa del Rigoletto, 9-18, tutti i giorni, ingresso libero

SARAH BLESENER – Beckon Us from Home
2017 – in corso
Un lavoro di storytelling impattante quello di Sarah Blesener che si sviluppa attorno all’adolescenza raccontando, con un doppio sguardo da educatrice e fotografa, le sfumature di un’età in crescita e l’innocente spensieratezza delle/i cadette/i militari, tra Russia e in USA.
Blesener ha visitato le Accademie militari e scuole russe per Toy Soldiers, mentre per Beckon Us From Home (iniziato nel 2016 e tuttora in corso) sta mappando i Camp che insegnano, sin dai sei anni, i valori americani, la fede ed il militarismo negli Stati Uniti.
Le sue delicate narrazioni visive si muovono su fondi contrastanti, dal profondo carattere nazionalista. I due progetti vengono esposti assieme per: “Indagare le ideologie e le tradizioni che vengono tramandate alle giovani generazioni e per riaccendere il dialogo sulla retorica nazionalista che dilaga in tutto il mondo”, come lei stessa racconta.
Sarah Blesener è una fotografa documentarista che vive a New York. Dopo la laurea ha studiato alla Bookvar Russian Academy di Minneapolis, concentrandosi sulla lingua russa. Si è diplomata all’ICP di New York frequentando il corso in “Visual Journalism and Documentary Practice”. I suoi ultimi lavori ruotano attorno al rapporto tra ideologie e i giovani di Russia, Europa orientale e Stati Uniti. Il suo progetto, Beckon Us From Home, ha ricevuto il 1°premio nella categoria Long-Term Project del World Press Photo 2019.
Casa del Mantegna, 10-18 venerdì, sabato e domenica; 10-13 e 14.30-18 giovedì.

ILVY NJIOKIKTJIEN – Born Free
2007 – 2019
Born Free non è solo un portfolio fotografico, è un intero mondo in cui Ilvy Njiokiktjien esplora cosa vuol dire “convivere con l’eredità della disuguaglianza” nel paese dell’apartheid, il Sudafrica.
Nel 1994 Nelson Mandela viene eletto come primo Presidente nero della nazione ed una nuova costituzione definisce pari diritti tra i cittadini.
Dopo 25 anni, i nuovi nati sono ora giovani adulti. Gli scatti in mostra entrano nella vita, nei divertimenti, nelle scuole per mostrarci la prima generazione nata libera, la cui sfida sarà realizzare l’eredità di Mandela di una “Nazione Arcobaleno”.
Nei 12 anni del progetto anche il Sudafrica è cambiato, resta ancora un luogo che soffre di forti disuguaglianze e la situazione globale, nonché un crescente scetticismo, evidenziano una situazione ancora in evoluzione. I video presentati sono parte integrante del progetto e sono divenuti necessari nel momento in cui la fotografa si è approcciata alle storie dei giovani e accorgendosi che non bastava più lo scatto per l’ampiezza di ciò che voleva riportare.
Ilvy Njiokiktjien è una fotografa indipendente e giornalista multimediale che vive nei Paesi Bassi. Come fotografa documentarista, lavora su temi contemporanei e questioni sociali. Njiokiktjien ha lavorato in molte parti del mondo, con un focus sull’Africa. I suoi lavori sono apparsi su The New York Times, Der Spiegel, NRC Handelsblad e altri ancora. È rappresentata dalla VII Photo Agency ed è Canon Ambassador. Riconoscimenti includono premi al World Press Photo, Pictures of the Year -POYi e altri.
Casa del Mantegna, 10-18 venerdì, sabato e domenica; 10-13 e 14.30-18 giovedì.

MYRIAM MELONI – Insane Security
2012, 2013 e un Site Specific per BFF 2022
La maggior parte delle società democratiche moderne sancisce nelle proprie costituzioni l’inviolabilità dell’integrità fisica dei cittadini.
Tuttavia, esiste una tensione costante tra la protezione di questo diritto e l’uso effettivo della forza da parte degli organismi di sicurezza.
Nella Repubblica Argentina, dove il tasso di criminalità è più basso che in altri paesi latinoamericani, il “senso di insicurezza” è tra i più alti dell’America Latina. Questa costante percezione del pericolo, esacerbata dai media, si trasforma in una crescente domanda sociale dell’uso della forza, spesso letale, per ridurre i livelli di criminalità del paese. In un contesto politico, sociale ed economico dove impera la cultura della paura, le forze di polizia legittimano l’uso sistematico della violenza, perpetrata contro i diritti individuali di libertà, integrità fisica e giusto processo dei cittadini.
Myriam Meloni è una fotografa italiana. Originariamente formata come avvocato presso l’Università di Bologna e specializzata in criminologia a Barcellona, si avvicina alla fotografia con il corso triennale. Dopo essersi trasferita in Argentina, si specializza in fotografia documentaria e inizia a collaborare con testate nazionali e ONG internazionali. Ha concentrato il suo lavoro sulla questione sociale contemporanea, utilizzando la vita quotidiana nella nostra società per approcciare tematiche più generali. Nel 2013 ha ricevuto il 2° premio al Firecracker Grant per le fotografe europee.
Spazio Arrivabene 2, 10-13 e 15-19, venerdì, sabato e domenica.

FLAVIA ROSSI – Nuovo Patrimonio
2018 – in corso
L’Italia è un paese che possiede un grande numero di beni ereditati dal suo passato.
La fotografa di architettura Flavia Rossi in “Nuovo Patrimonio” punta il suo obiettivo documentando i beni culturali e le architetture vittime del terremoto che nel 2016 ha colpito il centro Italia.
Sempre con maggiore urgenza in tutto il territorio gli edifici necessitano di essere puntellati, stampellati, per evitarne il collasso strutturale. Sostegni che, nelle lunghe attese d’intervento. diventano parte integrante della struttura, sia essa un edificio o un affresco, andando così ad articolarsi in nuove forme ibride.
Questi provvedimenti prolungati modificheranno la struttura degli edifici stessi, andando a costituire un Patrimonio – né storico né contemporaneo – semplicemente Nuovo perché non collocabile in alcuno stile o concetto di riferimento.
Tante sono le questioni che si sollevano partendo da una riflessione in tal senso. Di fronte ad un lascito così vasto, è possibile intervenire in modo paritario su tutti i Beni? E quale Legacy lasceremo di tutto questo grande patrimonio in pericolo? Il lavoro nasce da una collaborazione con l’architetto Giulio Luccioni.
Flavia Rossi è una fotografa italiana che ha ricevuto diversi premi e partecipato a residenze in Italia e all’estero e che ha lavorato frequentemente per il Ministero Italiano dei Beni Culturali. I suoi lavori sono stati in mostra alla Triennale di Milano nel 2021 e in diversi altri contesti in Europa.
Casa del Mantegna, 10-18 venerdì, sabato e domenica; 10-13 e 14.30-18 giovedì.

ESTHER RUTH MBABAZI – This Time We Are Young
2017 – in corso
L’Africa è il continente più giovane del mondo, con il 60% della sua popolazione al di sotto dei 25 anni. Un paese in cui il futuro si lega fortemente ad una tradizione da rielaborare, attualizzare e vivere in tutte le sue implicazioni quotidiane. Un continente in cui non sempre c’è lo spazio necessario alle giovani generazioni per sperimentare e crescere, attraverso i loro sogni e le loro speranze.
This Time We Are Young è un progetto di fotografia documentaria – pensato dalla fotografa in collaborazione con i suoi coetanei – la cui finalità è indagare sugli effetti dei cambiamenti demografici nel continente africano, dal Sud Sudan all’Uganda, al Kenya e oltre.
Nel 2019, Mbabazi ha deciso di ampliare il progetto fotografando i giovani africani in Europa, esplorando le loro storie: quando si sono trasferiti e perché ma, soprattutto, quali eredità e originalità sono emerse dalla fusione delle culture dei due mondi in cui vivono.
La parte più recente del lavoro (2019-2020) si sviluppa in Sudafrica, luogo in cui giovani di altri paesi africani sognano rifugio, per documentare la vita dei giovani del mondo LGBTQ+.
Esther Ruth Mbabazi è una fotografa che vive a Kampala, in Uganda. Come fotografa documentarista, utilizza lo storytelling e il fotogiornalismo per affrontare i problemi della sua società. Il suo lavoro esplora le condizioni del continente africano, con particolare attenzione agli aspetti sociali, fisici ed emotivi della vita quotidiana.
È spinta a portare alla luce questioni spesso trascurate. È un’esploratrice del National Geographic, una fotografa della Fondazione Magnum & Social Justice Fellow e uno dei sei talenti per il ciclo 2020 del WPP 6×6 Africa. I suoi lavori sono stati pubblicati su diverse riviste e le sono stati commissionati da ONG e organizzazioni internazionali.
Ex Chiesa della Madonna della Vittoria, 10-13 e 15-19, venerdì, sabato e domenica.

DELPHINE DIALLO – Highness
2012 – in corso
Delphine Diallo è una fotografa che attinge dall’antropologia alla mitologia sino allo studio dell’iconografia tradizionale per ampliare il suo punto di osservazione, integrando le nuove suggestioni in maniera trasversale alla pura indagine fotografica. U
n tentativo di smantellare lo stereotipo e le sovrastrutture della costruzione sociale fuori dal tempo lineare della tradizione, seguendo una ricerca personale nella fotografia di ritratto che possa in totale libertà creare forme inedite.
Ogni ritratto le impegna molto tempo per la ricerca – tra i due ed i sei mesi – e la sua esecuzione è una relazione di scoperta e crescita, nonché di assoluta disponibilità emotiva.
La Diallo ritrae donne in un contesto di libertà e apertura che esula da ogni forma di giudizio. Il risultato si traduce nel progetto Highness: una serie di ritratti, anche molto differenti tra loro, in cui si coglie uno studio sulle tradizioni culturali ma in una totale rielaborazione della fotografa, tra ricerca e creatività.
Come lei stessa racconta: “Highness è un sentire, è uno stato di alta comprensione e conoscenza sia come essere umano sia come artista. Significa raggiungere questa nuova consapevolezza, l’energia e la libertà che sprigiona”.
Delphine Diallo è un’artista visiva e fotografa franco-senegalese. Laureata a Parigi, nel 2008 si trasferisce a New York. Ha collaborato al servizio fotografico del calendario Pirelli in Botswana. Ispirata dai nuovi ambienti, ha deciso di tornare nella città natale di suo padre a Saint-Louis in Senegal, per iniziare una nuova ricerca della sua visione. Si immerge nel regno dell’antropologia, della mitologia, della religione, della scienza e delle arti marziali per emancipare la sua mente. Combina l’arte con l’attivismo, spingendo sulle molte possibilità di responsabilizzare le donne, i giovani e le minoranze culturali attraverso la provocazione visiva.
Galleria Disegno, 10-13 e 15-19, venerdì sabato e domenica

BETTY COLOMBO – La Riparazione
2019/2020
Betty Colombo è una fotoreporter che lavora per diverse testate italiane ed estere. Ha all’attivo diverse mostre fotografiche nel mondo, 5 libri e 2 premi alla carriera. Immagini sue sono state acquistate dal Centre Pompidou, dal Guggenheim e dal Museo d’arte moderna di Stoccolma.
Il suo lavoro è viaggiare: sceglie una destinazione, studia i percorsi, parte, incontra gente, scatta circa 18.000 foto in 10 giorni.
Molte delle foto sono utilizzate per pubblicazioni, altre da Save the planet per raccontare storie del mondo. Il rapporto tra uomo e natura è qualcosa di controverso e stupefacente. La Terra cambia, un po’ per sé stessa e molto a causa nostra. Ma il pianeta sa muoversi per autoripararsi e così cerca di fare l’uomo. L’uomo distrugge il pianeta e poi lo cura, entrambi si feriscono a vicenda per poi aggiustarsi.
Questo lavoro parla di riparazione; riparare il guasto per conservare al posto di cambiare.
Quattro finestre su altrettanti momenti in cui l’uomo e la natura cercano un dialogo per la salvezza comune.
La prima serie racconta un territorio colpito da un incendio: immagini della sua rinascita, con l’aiuto dell’uomo: un bosco che torna a respirare e a farci respirare.
La seconda serie tratta di un trapianto: un uomo muore e lascia a un altro l’ultimo respiro dei suoi polmoni, permettendogli di continuare a vivere. In questa serie si esplorerà la nuova realtà virtuale realizzata grazie alla nuova tecnologia Canon: per la prima volta al mondo indossando un visore VR si verrà proiettati in uno spazio nero dove fluttuano gli organi, un risultato tridimensionale per un’esperienza unica.
La terza serie narra del salvataggio di un animale da parte di un veterinario, rappresentando l’aspetto controverso dell’uomo che distrugge gli abitanti della natura ma poi si commuove, al punto da dedicar loro energie e sentimenti.
La quarta e ultima serie mostra un intervento di chirurgia plastica ricostruttiva in seguito a un’ustione: come il bosco incendiato cambia parte di sé, allo stesso modo l’uomo cambia la propria pelle.
Casa del Mantegna, 10-18 venerdì, sabato e domenica; 10-13 e 14.30-18 giovedì.

LUMINA COLLECTIVE
Fondato nel 2017, Lumina è un collettivo composto da individui che si identificano come donna o non binari che aprono la strada alla narrazione visiva e alla sua diffusione. Impegnata a rivelare storie e narrazioni diverse all’interno del paesaggio australiano e non solo, l’obiettivo principale di Lumina è costruire capacità attraverso la collaborazione e la comunità. Ogni artista porta al collettivo una voce e una visione unica. I membri fondatori sono: Donna Bailey, Chloe Bartram, Jessie Boylan, Aletheia Casey, Anna Maria Antoinette D’Addario, Lyndal Irons, Morganna Magee e Sarah Rhodes. Gli artisti di Lumina Collective lavorano in tutta l’Australia in diverse aree regionali e nelle principali città.
Alla BFF presenteranno Echoes, una mostra che vuole porre domande sull’idea di identità attraverso esplorazioni nella storia delle famiglie, nel trauma e la perdita, la migrazione, nozioni di casa e la formazione di identità australiane in contesti sociali e culturali.
Casa del Mantegna, 10-18 venerdì, sabato e domenica; 10-13 e 14.30-18 giovedì.
Biennale della Fotografia Femminile – LEGACY
3 (solo su invito) 4 -27 marzo 2022, Mantova
a cura di Paolo Bongianino
INFO
nfo@bffmantova.com
BIGLIETTERIA
Intero: 15€
Soci La Papessa: 12€
Soci Riaperture, Irfoss APS, La Ghiacciaia, Frammenti di Fotografia, Fotocineclub, Nshot Academy: 13€
Soci Coop: 14€
Fino a 12 anni: gratis, da 13 a 24 anni e over 65: 13€
Persone con disabilità e accompagnatori: gratis
Orari:
Casa del Mantegna: dalle 10 alle 18
Palazzo Te, Tinelli: dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 19
Ex Chiesa della Madonna della Vittoria: dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 19
Casa di Rigoletto: dalle 9 alle 18
Galleria Disegno: dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 19
Casa del Pittore: dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 19
Spazio Arrivabene 2: dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 19
Mostre aperte tutti i venerdì, sabato e domenica di marzo: 4, 5, 6, 11, 12, 13, 18, 19, 20, 25, 26, 27
8 marzo ingresso gratuito solo Casa del Mantegna | ore 10-18 continuato
Biglietto Casa del Mantegna solo i giovedì
Intero: 10€
Soci La Papessa: 7€
Soci Coop: 9€
Soci Riaperture, Irfoss APS, La Ghiacciaia, Frammenti di Fotografia, Fotocineclub, Nshot Academy: 8€
Fino a 12 anni: gratis
Over 65: 8€
Persone con disabilità e accompagnatori: gratis
La biglietteria si trova presso Casa del Mantegna