Trentacinque opere dal 1942 al 1997 alla Galleria Il Ponte
Nel centenario della nascita dell’artista torinese, Olga Carol Rama, che ha vissuto quasi un secolo, la galleria fiorentina Il Ponte, specializzata nell’arte degli anni Sessanta e Settanta del Novecento, ha dedicato una retrospettiva importante coprendo un arco di tempo che va dal 1942 al 1997. Un’artista importante non così nota come meriterebbe e poco esposta: la mostra, aperta fino al 9 febbraio, curata da Bruno Corà e Ilaria Bernardi, espone anche inediti, lavori mai usciti dalla casa di un collezionista.
(Senza Titolo 1942)
Artista dalla vita triste che ha attraversato quasi un secolo, circondandosi di tanti artisti e poeti, in particolare Edoardo Sanguineti, ma anche il critico musicale Massimo Mila e tanti altri, lei stessa amante della poesia nella quale ha trovato rifugio. Il padre aveva un’auto-officina e in molte opere si trovano inserti di pezzi di pneumatici ma si suicidò e la madre passo da un problema psichiatrico ad un altro. La nonna soffriva di demenza e lo zio aveva un laboratorio di protesi, tanto che elementi di questo tipo, arti artificiali, carrozzelle, stampelle si trovano nei lavori di Carol.
(Senza titolo 1944)
Non si può definire la sua un’arte eclettica ma scandita da un cammino a tappe, ritmato nei decenni che dettero ognuno soluzioni originali. Il suo riconoscimento fu tardo e la prima personale è del 1979, alla Galleria Moscato di Torino – dove ha avuto il suo primo esegeta, Albino Galvano – che ha prestato anche diverse opere per la mostra, insieme ad alcuni collezionisti privati. Nel 1993 partecipò alla Biennale di Venezia dove, nel 2003, ha ricevuto il Leone d’Oro alla carriera mentre nel 2010 ha ottenuto il Premio Presidente della Repubblica da Giorgio Napolitano. Da segnalare nel 2004 l’ampia antologica a cura di Guido Curto alla Fondazione Sandretto Re Rebaundengo e nel 2017 al New Museum di New York.
(Senza titolo 1967 – Bricolage)
I primi lavori in mostra sono del ’42 – le prime opere risalgono al 1937 – e sono disegni a china di stile espressionista dove emergono corpi nudi con un erotismo urlato ma raffinato e per i quali possiamo parlare di un espressionismo istintivo, essendo autodidatta. I tre disegni Senza titolo sono, rispettivamente del 1942, ’43 e ’44, quest’ultimo un’acqua forte con tecnica mista del ciclo delle “Parche”.
Negli anni Cinquanta fa parte del MAC, Movimento di Arte Concreta a Torino ed è un decennio caratterizzato dall’arte astratta e dalla spazialità geometrica, in particolare strutture rettangolari tenute da fili. Con gli anni Sessanta arriva la composizione in stile collage con inserti di occhi, una sorta di biglie, peli, unghie e capelli su tela. Tra i lavori esposti anche la “macchia” Senza titolo definita da Sanguineti bricolage. Gli anni Settanta risentono dell’Arte povera e dell’arte concettuale e le composizioni su tela si arricchiscono di tecniche miste con collage e inserti di stoffa, gomma, camere d’aria su tela da capote, cuoio e sono forse i lavori più interessanti.
Il decennio successivo non è caratterizzato da grandi novità: si assiste ad un ritorno al disegno, dove protagonisti sono sempre i corpi che saranno al centro delle tele anche negli anni Novanta, solo che l’erotismo è sfumato, mentre emerge in primo piano il particolare come un simbolo, talora un feticcio, falli, vagine, scarpe, lingue mobili, e si svuota la fascinazione emozionale. I lavori degli anni Novanta esposti sono caratterizzati da una dimensione giocosa, con disegni astratti su carte da parati, a loro volta già disegnate. Carol Rama è stata una donna che anche se non direttamente è stata testimone della sofferenza femminile e della forza creatrice del Novecento e per questo merita un posto importante nella cultura del secolo scorso, oltre che come artista, accanto a donne come Georgia O’Keeffe, Louise Nevelson, Louise Bourgeois, Meret Oppenheim, Carla Accardi e Maria Lasnig. Grande volitiva, sovvertitrice delle regole abbandonata al vortice del fermento novecentesco, con una sua grazia ed armonia, come quella treccia grigia che la rende inconfondibile.
Conversando con Andrea Alibrandi, titolare della galleria, al termine della mostra abbiamo avuto un’anteprima sul 2019 che riguarda l’artista e architetto giapponese Hidetoshi Nagasawa, nato nel 1940 e morto a Milano il 24 marzo 2018. La personale, che inaugurerà il 1° marzo, sempre a cura di Bruno Corà, si focalizzerà sul decennio 1969-1979, quando l’artista giunge a una sua maturità ed identità. Il decennio precedente è caratterizzato dall’arte concettuale e dalla ricerca, ancora molto giovane, appena arrivato in Italia a Sesto San Giovanni, in bicicletta dal Giappone. Ne seguiremo il viaggio fantasmagorico.
Giada Luni