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Un territorio cresciuto su un prodotto di lusso che oggi rappresenta un esempio ben riuscito di economia e marketing e ad un tempo cultura, dove tradizione e futuro si danno la mano. Qui infatti è tanto forte la voglia di guardare alla storia, rileggerla, conservarla a cominciare dal restauro delle dimore storiche quanto l’impegno per andare incontro al gusto del consumatore di oggi e alle esigenze di sostenibilità ambientale.
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Il viaggio comincia da Reims, in stile art déco, ben ricostruita dopo la pesante distruzione subita durante la Seconda Guerra Mondiale, cittadina dalla vivace economia, a una quarantina di minuti da Parigi – vi si arriva con il TGV dalla Gare dell’Est – dove grandi alberghi, ristoranti esclusivi si alternano a banche e luoghi di degustazione di champagne, un nome che impera su tutto. Nulla a che fare con l’idea turistica di reclamizzare un prodotto simbolo o iconico come ormai si usa dire di un luogo. A Reims c’è una diffusione capillare di gastronomia e degustazioni di qualità. La capitale ufficiosa della Champagne – quella ufficiale è il villaggio di Epernay a meno di mezzora – è ricca di storia e certamente imperdibile la Cattedrale gotica dove fu battezzato il re Clodoveo e dove riposano le sue spoglie e dove venivano incoronati i re di Francia. La chiesa è superba e accoglie al suo interno anche l’arte contemporanea delle vetrate realizzate da Marc Chagall e dal tedesco Imi Knoeber. Interessante anche la chiesa di Saint-Rémy e il Museo di Saint-Rémy, oltre il Museo delle Belle arti; mentre palazzo Tau è chiuso per restauro. Una sosta la merita comunque anche per alcune realtà appena fuori città come la Maison Bruno Paillard, non solo produttore di Champagne ma collezionista d’arte.
Ayala, un matrimonio riuscito fra tradizione e visionarietà
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Dirigendosi verso Epernay ad Ay la Maison d’Ayala in un edificio Art Déco fondata nel 1860 da Edmond Ayala nato nel 1831 per caso a Parigi, figlio di un diplomatico dei Paesi Baschi. In Champagne arriva così una famiglia spagnola, fatto insolito, per un territorio dove invece la presenza tedesca era già importante come testimoniano i nomi di tante case di produzione. Edmond si rivela un uomo molto dinamico con un forte spirito imprenditoriale dedito a comprendere la produzione. Inizia a lavorare presso la Maison Albrecht, Chateau d’Ay dove si innamora della figlia del proprietario, Alberte, che sposa ricevendo come regalo di nozze la stessa Maison dove lavorerà
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con il fratello Fernand che vive nel Regno Unito. Grazie al fratello si apre per la Maison il mercato anglosassone, tuttora molto importante per lo Champagne francese, anche grazie ad amicizie nobili, in particolare il futuro re Edoardo VII. Gli inglesi chiedono un prodotto come aperitivo e poi a tutto pasto, in un’epoca nella quale i vini erano decisamente dolci. Una richiesta che stimola la Maison a creare nel 1865 il “Dry Champagne” con ben 21 grammi per litro di zucchero che allora fu ritenuto una grande innovazione. È così che i reali cominciano a bere Champagne Ayala. Nel 1883 la casa fa già parte di una delle 24 Maison fondatrici del Sindacato noto come l’Union des Maisons de Champagne che riunisce i negociant e che è molto importante per l’azione di protezione della produzione. Ci saranno poi anni difficili sia per l’attacco della Fillossera, sia per la Guerra, aggravati da vendemmie non di qualità. È così che nell’aprile del 1911 scoppia una rivolta dei Vigneron in
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Champagne perché la rendita economica era scesa molto e oltre tutto le case produttrici acquistavano uve fuori dalla regione per continuare la produzione dato che allora non esisteva la denominazione d’origine. Di questa rabbia fece le spese Ayala che non era responsabile e che vide incendiato un edificio. Fu un duro colpo per la famiglia che fortunatamente aveva grazie alla lungimiranza della proprietà un’assicurazione. Nel 1913 l’attività riprese anche se si disse che in seguito la Compagnia d’assicurazione andò in fallimento. Questa rivoluzione ha dato tuttavia l’occasione per sviluppare un sistema di protezione con l’avvio della protezione geografica tra il 1925 e il 1926 e poi nel 1936 la denominazione.
In questo clima negli archivi è stato ritrovato un telegramma dell’epoca della Prima Guerra Mondiale che rivela una corrispondenza intima con Bollinger. Dal 1914 in ogni caso Ayala acquista le Chateau d’Ay dove vivrà tutta la sua vita e si consolida lo stile della casa, a cominciare dalla tipicità dell’immagine, in bianco e nero, assolutamente visionaria per il periodo. Nonostante le avversità Ayala aumenta la produzione raggiungendo un milione di bottiglie l’anno nel 1920 quando ha un centinaio di dipendenti e continua la sua affermazione nel segno di prodotti brut. Dopo la Seconda Guerra Mondiale la Maison è venduta a Réné Chayoux, personaggio importante per la zona perché è stato presidente dell’Union des Maisons de Champagne per tutta la sua vita definendo un ruolo storico della casa. Non era però un uomo con doti commerciali e la produzione comincia a decrescere tanto che all’inizio degli Anni Duemila era scesa a 300mila bottiglie per risalire ai livelli dei momenti migliori rapidamente, dopo l’acquisizione dell’azienda da parte del Gruppo Bollinger che si dà come obiettivo, appunto, quello di risvegliare la Bella Addormentata.
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La cantina originaria è accessibile attraverso una scala a chiocciola, circa 100 scalini, addossata alla montagna di Reims, che si sviluppa in lunghezza. Quando la Maison è stata acquistata non possedeva più vigneti che in Champagne sono molto cari così si è iniziata una ricerca d’archivio per rintracciare la scelta originaria. Il risultato ha messo in luce un orientamento netto a favore dello Chardonnay. Attualmente sono tre le zone, rispettivamente quella della Côte des Blancs – Chouilly, Oger, Le Mesnil-sur-Oger – che esprimono una forte mineralità con terreni poveri di humus; la Valle della Marne, zona meno alta e più umida adatta al Pinot noir e al Meunier; infine Ay e Dizy dove si trova il Grand cru più alto (anche se l’altitudine della Regione raggiunge al massimo i 240 metri) che è la Montagna di Reims. Si affiancano altre zone minori, le Sézannais intorno alla cittadina di Sézanne; il Vitryat intorno a Vitry-le-François e Côte des Bars.
L’idea dell’azienda è di restare fedele alla qualità, allo stile brut, la preferenza per lo Chardonnay tanto che il suo motto è “Rivelare l’essenziale” attraverso la vinificazione con la selezione molto scrupolosa dei cru, 20 ettari di proprietà anche se l’approvvigionamento avviene su 100 ettari complessivi. Per quanto concerne la vinificazione grande attenzione è posta alla microfermentazione con mini cuve in inox per rispettare la qualità e un affinamento lungo ben oltre il minimo fissato dal disciplinare. Parallelamente la tradizione è conservata nell’artigianalità almeno per i prodotti millesimati con sughero, rémuage a mano e dégorgement a mano. La filosofia di Ayala infatti è il rispetto della storia e del savoir faire con l’idea che occorra sapere da dove si viene per sapere dove andare. In tal senso è emblematica una botte storica che non è più utilizzata in legno accanto a una in inox e parimenti l’installazione di due “uova” in acciaio che grazie alla sua forma può portare una qualità aggiunta. In questa fase si è nell’ottica di verificare le ipotesi legate alla convezione e al maggior contatto con i lieviti più fini. Allo stesso tempo resta l’immagine storica in bianco e nero con il logo in stile déco dal sapore d’antan. Per il 2024 il progetto di una Collezione, la n. 16, un’edizione limitata con tutte le bottiglie numerate.
I cinque pilastri di Bollinger, lo sguardo alla sostenibilità
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Una Maison familiare fondata nel 1829 dal Comte de Villeremont, uno dei grandi nomi della regione il cui status si annuncia già dalla dimora nello stile tipico della regione con i mattoni e la pietra a vista, la facciata imponente con le due scale che si riuniscono all’entrata, dando un’immagine di regalità. All’epoca il Conte possedeva terre e boschi ma non si aveva il diritto di commerciare e quindi si indirizzò a Bollinger, tedesco, che si innamorò della figlia del Conte divenendo il genero. Nasce così la Maison Bollinger, nome che ormai si pronuncia alla francese. Tutto comincia dalla Côte aux enfants la zona migliore per il Pinot Noir, cosiddetta perché molto scoscesa e si diceva che solo i bambini sarebbero stati tanto agili e capaci di poterci arrivare e lavorare ma è una leggenda metropolitana. Nel 1941 Jacques Bollinger muore senza eredi ma sua moglia Élisabeth Bollinger prende le redini con grande capacità, una delle prime donne in Champagne a fare la promozione di un vino fuori della Francia. Tuttora l’azienda Bollinger è detenuta al 100% dalla famiglia anche se nel 2007 è stato nominato un Direttore generale che non fa parte della famiglia. Cinque i pilastri su cui si regge la filosofia dell’azienda, rispettivamente il vigneto – con i 180 ettari nella Valle della Marne con i Grands-Crus e i Premiers-Crus al 60% Pinot Noir, per il 25% Chardonnay e per il restante 15% il Meunier -; la centralità del Pinot Nero presente in tutte le cuvées, anche in parte minima; la specialità dei vini di riserva in formato Magnum; le botti in legno di castagno francese con un fatto unico nella zona, una propria azienda produttrice; e il tempo, quale valore per impreziosire il vino, con un invecchiamento più lungo del minimo richiesto dal disciplinare che va per Bollinger da un mino di 3 anni per i non millesimati a un minimo di 7 per i millesimati.
Quanto ai vigneti è importante la presenza di tre Clos due dei quali ad Ay, piantati sul modello della vecchia vigna francese senza innesto nel piede: il piede franco era in uso prima dell’epidemia delle Fillossera e questa permette di ritrovare la storia dei sapori e dei profumi della viticoltura condotta qui alla maniera antica. Non è un caso nel 2012 è stata qualificata come Impresa del Patrimonio Vivente. L’idea è di abbracciare la viticoltura sostenibile con la promozione della biodiversità. Nel 2012 ha ottenuto la Certificazione Ambientale, nel 2013 quella di Viticoltore “Sostenibile” in Champagne e nel 2016 Bollinger ha rinunciato ad ogni sorta di pesticidi. Inoltre l’azienda fa parte di un Comitato che ha l’obiettivo di ridurre il peso della bottiglia di Champagne e ha acquistato una macchina per ‘abbeverare’ le botti che funziona con il vapore riducendo notevolmente lo spreco dell’acqua.
Tra i progetti della Maison anche un recupero architettonico sostenibile per garantire nel giro di qualche anno un albergo e ristorante. L’attenzione alla tecnologia e al futuro si sposa con il desiderio di conservare il patrimonio della tradizione anche in termini di mestieri. Qui la vinificazione per i Grands-Crus e Premiers-Crus è in legno, con sughero, Rémuage e Dégorgement a mano rigorosamente. Il legno non è utilizzato per dare un sentore specifico, boisé appunto, al vino quanto per favorire una micro-ossigenazione. Le botti provengono dall’azienda di cui è proprietaria in Borgogna e sono utilizzate sia per la fermentazione alcolica sia per la malolattica allo scopo di ottenere un ventaglio aromatico molto articolato; mentre il castagno è di un bosco sempre di proprietà di Bollinger che è conosciuta come la più piccola delle grandi Maisons della Champagne con i vigneti più estesi. Le cantine offrono un viaggio nel tempo legato anche ad un artigianato artistico come cerchi di legno più leggero che fasciano le botti perché rivelatori dell’eventuale presenza di insetti.
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Le cantine, estese per 6 chilometri sono state scavate in due fasi successive, rispettivamente, dal 1829-1907 e dal 1907 al 1920, tutte a volta per creare stabilità dato che si scende 20 metri sotto il suolo, in mattoni e pietre con un’umidità dal 60 all’80% e una temperatura costante di 12 gradi. All’interno anche due enoteche, una decorata con un mosaico del maestro siciliano Luigi La Ferla, nato a Comiso, si sposta poi a Ravenna e si trasferisce quindi in Francia dove mette radici in particolare a Bordeaux dove ha svolto un tirocinio, per poi trasferirsi a Parigi dove vive e lavora. Questo artista ha scelto il mosaico – grande la suggestione dei mosaici di Piazza Armerina e della Cappella Palatina a Palermo – quale sintesi interiorizzata tra pittura e scultura. che secondo alcune interpretazioni racconta la produzione del vino nelle sue diverse fasi; secondo alte gli aromi del vino. C’è inoltre la Galleria 1829 che celebra la fondazione della Casa nella quale l’architetto che ha curato i lavori ha voluto riprodurre idealmente i cinque pilastri dell’azienda. È nelle profondità della terra che si coglie l’anima di un’azienda che ha ben 3 Rémueurs su appena 10 rimasti nella Regione dove vi sono 250 grandi aziende e si tratta di professionalità che uniscono la tecnica al savoir faire, a quella cultura empirica del sentire, dopo due anni di formazione e per capire il livello di professionalità basti pensare che un bravo rémueur arriva a ‘girare’ e 50mila bottiglie al giorno.
Bollinger dal 1884 con la Regina Vittoria è fornitore ufficiale della Real Casa inglese e lo è ancora oggi – a dire il vero in attesa della scelta e conferma di re Carlo – un orgoglio per la Casa e anche una memoria della storia. Non è un caso che il prodotto d’ingresso della Maison “Special Cuvée” abbia un nome inglese, suggerito dall’agente inglese di Georges Bollinger nel 1911 proprio come attenzione al mercato che ha stimolato la creazione dello Champagne quale oggi lo beviamo.
Infine per raccontare un po’ l’anima della casa da citare l’“R.D.”, Recemment Dégorgé (Sboccato recentemente), le cui iniziali sono le stesse in inglese, creato da Madame Elisabeth Bollinger nel 1967 per il piacere di degustare Champagne con lungo invecchiamento sui lieviti che possono vivere a lungo.
Apollonis, le Meunier cresciuto con la musica
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Nel paese di Festigny, sulla Côte des Blancs il marchio Apollonis firmato da Michel Loriot realizza una gamma per una produzione tra le 50 e le 60mila bottiglie dove protagonisti sono il Meunier e la musica, fin dal nome, tanto che il messaggio della Casa è “Delle vibrazioni che si degustano”. Apollonis, Apollonia è la musa della musica e dell’arte e dunque dell’arte dello Champagne e di una passione di famiglia, oltre che essere una figura femminile che racconta le donne Loriot molto presenti in ogni generazione nella vigna e nell’azienda tanto che esiste la Vigne de la grande-mère così chiamata perché era un vigneto che la nonna appunto voleva seguire da sola. I coniugi Michel, sindaco di Festigny, e Martine con la figlia Marie, enologa, portano avanti l’azienda di Vigneron, nata nel 1675, oggi alla dodicesima generazione.
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Gli antenati di Michel erano musicisti e la passione per la musica anche quando la scelta è stata rivolta all’arte delle bollicine è rimasta così dodici anni fa è stata introdotta la musica classica dopo un viaggio in Svizzera dove era stata notata la sua presenza tra botti e bottiglie. Una serie di ricerche hanno portato Michel a conoscere la génodique, scienza che studia gli effetti di certe melodie sugli organismi viventi, iniziata dal francese Joël Sternheimer negli Anni ’80 mostrando come la musica possa avere un’influenza sugli esseri viventi benefica o dannosa a seconda delle onde che emette. Così è stata realizzata una play list che comprende tra gli altri Beethoven, Brahms, Elgar, Mozart e Vivaldi e che è stata verificata per l’efficacia.
Nella stanza della memoria dove si può leggere la storia della famiglia la grande pressa del 1903, la prima a Festigny che sostituì l’abitudine contadina di mettere i grappoli nei panieri di vimini dove spesso l’uva di rovinava. È però solo dal 1930 che Germain Loriot, nonno di Michel, comincia la produzione delle prime bottiglie mentre prima in Champagne si vendeva ai Négociant mosto, vino o direttamente l’uva. Sono gli anni in cui si comincia la formazione per gli adulti in materia di viticoltura.
La Maison ha optato per una scelta coraggiosa, privilegiare le Meunier che solo recentemente è stato valorizzato dal mercato perché vitigno più resistente di altri, che attualmente rappresenta il 75% della produzione; mentre il restante 20% è Chardonnay e un 5% Pinot Noir. Non solo ma la filosofia è l’indipendenza totale seguendo il prodotto dall’inizio alla fine compresa la produzione della Liqueur d’Expédition che nel caso di Apollonis è vino fermo con aggiunta di zucchero fuso e mescolato anche se il disciplinare della Champagne autorizza all’inserimento dell’MCR Mosto Concentrato Rettificato. La scelta dell’azienda mira ad accentuare i profumi della produzione esaltandone l’identità e valorizzando il vitigno con rigore e semplicità. La linea va nel senso della freschezza e dell’esaltazione delle caratteristiche del terroir con una forte sapidità e mineralità e nella mitigazione fra tradizione e innovazione. Il padre di Michel, Henri Loriot nel 1985 ha ottenuto un brevetto per la sostituzione nelle capsule del sughero che dava un sentore di tappo al vino e poteva creare dei problemi di ammaloramento con un materiale sintetico, proprio alla vigilia degli anni in cui c’è stata l’introduzione massiccia dei tappi a corona. Il mercato principale di sbocco è la Francia seguita ad anni alterni dall’Italia o dagli Stati Uniti mentre in Inghilterra l’azienda si appoggia ad un piccolo distributore nel Nord del Paese, fedele da 27 anni.
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Bonnaire&Clouet, una storia d’amore a tavola
Champagne Bonnaire e Paul Clouet, due marchi, una sola casa, due facce della stessa medaglia, nata da due storie indipendenti, oggi alla quarta generazione. Chi ci ha raccontato la storia è uno dei due fratelli, Jean-Emmanuel Bonnaire che insieme a Jean-Étienne ha preso in mano l’attività di famiglia. Champagne Bonnaire è il lato paterno della famiglia che si insedia a Cramant, paese della Côte des Blancs nel 1932, territorio vocato per lo Chardonnay mentre il lato materno della famiglia, Paul Clouet ha la sede a Bouzy dove il territorio è dedicato al Pinot Noir. All’inizio erano due aziende indipendenti ma il matrimonio dei genitori le riunisce e da quel momento una storia d’amore diventa il fil rouge della produzione, stessa filosofia, stesso stile, per una produzione complessiva oggi di circa 220 bottiglie.
Il logo stesso, disegnato una decina d’anni fa, racconta l’idea con un Giano Bifronte la cui barba è rappresentata da grappoli d’uva, un volto scuro a rappresentare il Pinot Noi e uno chiaro per lo Chardonnay.
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Le stesse etichette sono un modo per comunicare la filosofia della nuova generazione, realizzate da un artista bretone, Jules Maillard, con disegni che rendono l’abito dello Champagne leggero e moderno. L’Orso rappresenta ad esempio il villaggio di Cramant e il Gallo, simbolo francese tradizionale, Cramant; e ancora il vino Le Bateau, la barca, ha nell’etichetta l’immagine perché prodotto in una conca che ricorda un’imbarcazione. Infine, il cuore con i grappoli d’uva, “Love Story” è il nome del vino simbolo dell’unione dei due marchi realizzato al 50% con Pinot Noir e Chardonnay.
La scelta è di avere una gamma coerente con le cuves in inox per mettere l’accento sulla freschezza e la mineralità in particolare a Cramant e nelle botti di castagno per conferire note speziate, maggior vinosità e complessità nascondendo appena la freschezza. Lo stile è il monovitigno che identifica i due marchi, vigna singola e attenzione alle nuance, con una produzione biologica tutta Extra brut con un residuo zuccherino inferiore ai 4 grammi/litro.
L’obiettivo è quello di associare lo Champagne alla gastronomia in un’ottica nuova della proposta a tutto pasto creando abbinamenti di diversi prodotti per diversi piatti, una linea moderna, che si allontana dall’idea originaria del prodotto di lusso quale vino delle feste o per il momento del brindisi. Inoltre l’azienda sta sviluppando qualche assemblaggio di Pinot Noir, Chardonnay e Pinot Meunier e una linea di vini fermi con i vitigni in purezza nella convinzione che sia la tendenza della Regione per gli anni a venire e per avere un’offerta completa. In realtà accanto alla denominazione di origine Champagne esiste storicamente anche le Coteaux Champenois non come seconda scelta, tanto che nella maggior parte sono millesimati. Solo che se si vuole produrre dev’essere una quota dell’intera produzione e non un’aggiunta supplementare e che oggi sono interessati da una curiosità non registrata in passato.
a cura di Mila Fiorentini