Pittore tra i più influenti e riconosciuti del Novecento italiano, Giorgio de Chirico ci offre in mostra circa settanta opere provenienti dalla Fondazione Giorgio e Isa de Chirico, con le quali si intende ricostruire e indagare due momenti importanti della sua stagione pittorica, quello barocco e quello metafisico.
Prima di entrare nel merito della mostra è bene sottolineare che de Chirico nasce in Grecia nel 1888, a 18 anni, dopo la morte del padre ritorna in Italia dopo un soggiorno di tre anni in Germania e per diverso tempo continua a soggiornare tra Milano, Firenze, Roma, Parigi, Ferrara, New York, ancora Roma dove nel 1944 si stabilisce definitivamente con la moglie Isabella Pakszwer. Questo suo nomadismo gli offre scenari e incontri diversi, esperienze importanti come la conoscenza di Apollinaire e Picasso a Parigi e la collaborazione con il suo primo mercante Paul Guillaume. A Parigi nel 1912 espone per la prima volta le sue opere metafisiche al Salon d’Automne.
La stagione barocca inizia e si sviluppa dal 1938 al 1968 quando, dopo un anno a New York, de Chirico torna in Italia e vive tra Milano, Parigi e Firenze per poi stabilirsi a Roma nel 1944.
Questo periodo barocco è ispirato ai grandi maestri del passato, da Rubens a Tintoretto da Durer, Raffaello, Delacroix a Renoir. Tra il 1968 e il 1978, anno della sua scomparsa, darà vita a una reinterpretazione della metafisica in chiave innovativa e giocosa.uesto periodo barocco è spiratoque
Nel corso della stagione barocca le opere di De Chirico tendono a creare un mondo ideale e irreale, una finzione più vera del vero, mentre le opere si popolano di miti e visioni dichiaratamente irreali.
Scrive lo stesso de Chirico “…la realtà non può esistere nella pittura perché in generale non esiste sulla terra”. Dietro un apparente naturalismo, le sue opere restano sempre meta-fisiche (lett.: al di là della natura), rappresentano una metafisica della natura e cioè una natura che in natura non esiste.
Molti gli autoritratti presenti in mostra attraverso i quali l’artista vuole esprimere la sua idea dell’arte. In “Autoritratto nel parco con costume del Seicento” de Chirico, vestito con abiti dell’epoca, dichiara la sua vicinanza ai grandi maestri del passato e, per contro, la sua distanza dalla modernità rifiutando i dogmi del Novecento e diventa così il primo artista postmoderno. Anche in “Autoritratto con corazza” allude alle lotte e alle polemiche sostenute con i critici che lo accusano di antimodernismo e definiscono le sue tele forzate e teatrali. Nell’opera “Ecce Homo” si dipinge inerme e indifeso. Infine, l’autoritratto è una maschera spesso firmato con pseudonimi. In quegli anni la critica rimpiange i suoi insuperati capolavori degli anni Dieci e non accetta i suoi nuovi orientamenti.
Altra opera importante della stagione barocca sono “Ritratto di Isa con la pelliccia di leopardo. La pattinatrice” esposto per la prima volta a Torino nel 1940. Non è la pelliccia simbolo di un mondo borghese che lo attrae, o una scena di vita moderna. Il motivo della pelliccia gli ricorda le figure cinquecentesche avvolte negli ermellini. La figura della pattinatrice sullo sfondo accentua la dimensione senza tempo dell’opera che diventa così una allegoria dell’inverno.
Parimenti l’immagine di “Isa con cappello di piume” ritratta nello stesso anno, è ripresa da “Bambina col cappello profilato” di Renoir 1881, pittore che de Chirico amava moltissimo nel suo periodo ingresiano.
Nel 1940 l’Europa è in guerra e l’artista dipinge opere dove combattono gli antichi cavalieri invece di inglesi e tedeschi e, ripetendo che noi amiamo la finzione, rappresenta la pittura barocca piuttosto come un teatro che rappresenta il teatro, accentuando la finzione e, mentre l’arte italiana si muove verso il realismo, de Chirico si allontana dalla vita vera rendendola più bella e inarrivabile, nascondendo la realtà dietro una maschera.
Alla fine degli anni Sessanta, abbandonata la stagione “barocca”, de Chirico torna a dipingere gli emblematici manichini e altre enigmatiche elaborazioni, entrando in una fase neometafisica diversa dal passato per motivazioni e significati. Ormai anziano ma con uno spirito più giovane che mai, lontano dalla visione nichilista degli anni Dieci, non manca di ironia nel reinterpretare i temi del passato in forme più giocose e serene. La pittura si basa sul disegno e su una precisa costruzione di forme e contorni con colori più accesi. Lui stesso parla di una evoluzione di visioni di quei soggetti eseguiti molti anni prima.
“Ettore e Andromaca” del 1974 è un soggetto che l’artista aveva già affrontato nel 1917 evidenziandone l’aspetto tragico, forse anche a causa dei drammatici eventi che l’Italia attraversava. In questa nuova visione dell’ultimo incontro della coppia, addolcisce il tema, non c’è prospettiva e l’dea della morte non è più incombente.
Nel 1974, ancora una volta riprende un tema trattato nel 1918 con “Le Muse inquietanti” il cui effetto è quello di un palcoscenico teatrale inclinato verso il pubblico.
Un’opera, appunto, inquietante perché priva di vita e di figure umane che rappresenta una piazza deserta dove appaiono i manichini, le Muse-vestali – citazione classica – le ciminiere di una fabbrica e il castello estense di Ferrara. Le Muse sono forse le divinità protettrici dell’arte e degli artisti nella antichità e al contempo è presente la tradizione architettonica italiana, quindi un ponte tra passato e presente. I colori sono vividi e caldi in questa famosa opera che denuncia un lato insolito e misterioso.
I veri protagonisti della pittura di de Chirico sono l’enigma, il mistero e lo spaesamento dove la magia è silenziosa e priva di azione. I manichini senza occhi e senza vita ci disturbano ma ci spingono a indagare la realtà oltre la sua apparenza. Il repertorio figurativo della metafisica alla quale de Chirico ritorna costituisce un universo da interpretare dove gli oggetti sono forse la chiave per risolvere il mistero.
Bologna – Palazzo Pallavicini
“De Chirico e l’oltre. Dalla stagione «barocca» alla neometafisica (1938-1978)”
a cura di Elena Pontiggia e Francesca Bogliolo, è prodotta e organizzata da Pallavicini Srl di Chiara Campagnoli, Deborah Petroni e Rubens Fogacci in collaborazione con la Fondazione Giorgio e Isa de Chirico che nel 1998, dopo un attento restauro filologico, ha inaugurato la Casa-Museo di Giorgio de Chirico in Piazza di Spagna a Roma.
La mostra è aperta fino al 12 marzo 2023
a cura di Daniela di Monaco