Federica Fracassi racconta la sperimentazione in tempo di crisi
Dora pro nobis, uno spettacolo ispirato alla storia della celebre fotografa con il pittore Pablo Picasso, storia tragica sentimentalmente e professionalmente che mette in luce una femminilità ferita. Il monologo per ora andato solo su zoom è una sperimentazione al tempo del confinamento che apre prospettive interessanti per chi lo realizzato e costringe l’attore a misurarsi con un vuoto presente. Ne abbiamo parlato con l’attrice e ideatrice Federica Fracassi.
L’emergenza ti ha sorpresa in scena: cos’è successo?
“Ero alle ultime repliche al Teatro Stabile di Brescia con La Monaca di Monza di Giovanni Testori, che aveva già debuttato lo scorso anno al Teatro Parenti di Milano e tutto si è interrotto. Non so se riprenderà nell’immediato ma spero di recuperare le ultime serate e di tornare presto sulla scena dal vivo.”
Com’è nato lo spettacolo Dora pro nobis in versione on line?
“Conoscevo il testo di Concita De Gregorio, un monologo dedicato a quella che la giornalista e scrittrice considera un’eroina del femminile, inedito, del quale era solo stata proposta una lettura al primo Salone del Libro di Milano e da spettatrice mi aveva molto colpita. Quando è iniziato il confinamento Gilberto Santini, Direttore artistico del Teatro Stabile delle Marche del quale ero ospite, mi ha chiesto se ero disponibile a sperimentare qualcosa di nuovo con zoom e così ho realizzato questo reading tra voce e suono, con una mise en espace leggera.”
Quali le caratteristiche di questo spettacolo per soli spettatori on line?
“Il testo è un dialogo intimi tra voce e strumento, legato alla parte più dolente di un archetipo femminile, modello di vitalità e talento schiacciato dal maschile. La storia racconta non solo un amore infelice, fatto di egoismo e di tradimenti quanto dell’influenza dell’egocentrismo di Picasso che spenge la vocazione artistica che viene fagocitata. Lo spettacolo è un dialogo a due voci con Lamberto Curtoni musicista violoncellista e compositore che vive a Torino. La difficoltà è la sincronizzazione con una realizzazione agile con un dialogo che diventa un combattimento tra voce – la mia alias Dora Maar – e il violoncello, voce di Picasso. Il testo intimo si presta bene alla dimensione della virtualità, nella quale ciascuno vive il dramma rappresentato nella propria solitudine. L’aspetto interessante è che la diretta on line consente, non di vedere gli spettatori, ma di potersi confrontare poi con il pubblico superando la difficoltà iniziale di recitare senza pubblico in sala.”
Quali sono appunto le difficoltà?
“Lo sforzo richiesto per impegnarsi a bucare lo schermo che avviene quasi senza accorgersene comporta un impegno e un adeguamento del lavoro sul corpo. In questo tipo di prestazione non si vede il pubblico ma se stessi come in uno specchio. Come in tutti i periodi di crisi cresce lo spazio della sperimentazione che nello specifico si configura come un’alternativa nella modalità et-et e non aut-aut. Certo c’è un lavoro da fare ad esempio sui suoni che sulla piattaforma si appiattiscono, ma può diventare un percorso interessante.”
Il mondo digitale che pare opposto a quello del teatro potrebbe ritagliarsi uno spazio anche al di là dell’emergenza?
“Credo di sì non per sostituire l’unicità del teatro ma per offrire un’altra possibilità ma è importante che ad esempio la Rai e i fondi culturali investano nel settore del digitale.”
Tempi difficili per parlare di progetti o forse il tempo giusto per farli?
“Spero tornare in scena a Brescia ma a settembre non sarà possibile con lo spettacolo Ecuba, la cui protagonista è interpretata da Elisabetta Pozzi, per la regia di Andrea Chiodi, perché siamo troppi in scena; spero che possa avere un destino diverso proprio Dora pro nobis, la cui distribuzione è stata presa dal teatro di Dioniso di Mischela Cescon per la semplicità della situazione e si ventila l’ipotesi di festival estivi.”
Chi è Federica Fracassi
Attrice di Milano, città nella quale vive e dove lavora principalmente. Nella sua carriera ha fatto molto teatro e da una decina di anni cinema, con piccoli ruoli insieme a grandi maestri come Bellocchio. Ha cominciato con il teatro da indipendente con Renzo Martinelli con il quale ha aperto il Teatro i, reinventando uno spazio che fino al 2004 era stato prevalentemente per attività di laboratorio. Insieme alla gestione del teatro inizia a lavorare con teatri come il Franco Parenti e il Piccolo così come a Brescia e a Roma in particolare.
a cura di Ilaria Guidantoni