La mostra alla Galleria fiorentina Il Ponte Guy Massaux, opere 1987-1999, I parte, a cura di Andrea Alibrandi fino al 12 maggio, è dedicata all’artista belga, da tempo dedito soprattutto alla videoinstallazione e ai cortometraggi, di cui viene esposto un nucleo selezionato di opere dal 1987 al 1999; nel 2024 poi la galleria Secci a Milano presenterà dell’artista una serie di lavori dal 2004 al 2013.
Il percorso della mostra si snoda attraverso i disegni a carboncino di grande formato (1987); i collage dai quali l’artista è affascinato; l’inchiostro di china e acrilico (1989); le grandi carte su tela (1994); i disegni su lucido (1995-1997); e le opere che chiama “cassette-oggetti-quadri” in alluminio e vernice colorata (1999) che creano connessione tra pittura e scultura: oggetti che si possono ruotare e guardare da varie prospettive.
Dopo le opere del 1987, come scrive Stephen Melville (1998) – autore di un saggio per la mostra Reconsidering the object of art: 1965-1975 al Museum of Contemporary Art di Los Angeles, al MIT Press di Cambridge, Massachusetts, e a Londra – “sembra naturale collocare l’opera di Guy Massaux – nei materiali, nelle procedure, nella sistematicità e nell’aspetto generale – da qualche parte nell’orbita di un minimalismo che si muove verso il concettuale in modo simile a quello di Sol Lewitt, ad esempio. Ma forse la parte più interessante di questo confronto è quella meno visibile, e risiede nel comune orientamento di entrambi gli artisti verso il disegno. In effetti, Massaux è stato per tutta la sua carriera estremamente coinvolto nel programma di disegno altamente teorico della Scuola di Belle Arti di Bruxelles (…) con preoccupazioni – che hanno animato questo programma – come dimostra l’opera stessa, fortemente formali, ma si collocano in un contesto significativamente diverso da quello associato al formalismo americano. In particolare, questa linea di lavoro – che, in una lettura ampia, comprende i primi lavori di Buren, Mosset, Parmentier (del quale è stato per una vita assistente) e Toroni, quelli del gruppo effimero Supports-Surfaces, la pittura di François Rouan, Martin Barre e, più recentemente, Christian Bonnefoi – include la pittura (e, implicitamente, il disegno) come un’esplorazione sostenuta delle sue condizioni pienamente materiali. In quanto tale, non è particolarmente motivata da un orientamento verso il “puramente visivo” od “ottico”, ed è invece molto aperta all’idea che la scultura possa far parte delle capacità materiali della pittura, e che il riconoscimento di queste capacità non implichi necessariamente un allontanamento dalla pittura”. A prima vista, sembra naturale collocare l’opera di Guy Massaux – nei materiali, nelle procedure, nella sistematicità e nell’aspetto generale – da qualche parte nell’orbita di un minimalismo che si muove verso il concettuale in modo simile a quello di Sol Lewitt, per esempio. Ma forse la parte più interessante di questo confronto è quella meno visibile, e risiede nel comune orientamento di entrambi gli artisti verso il disegno.
Queste preoccupazioni sono, come dimostra l’opera stessa, fortemente formali, ma si collocano in un contesto significativamente diverso da quello associato al formalismo americano.
Massaux è interessato a esplorare la linea come taglio o piega in un campo e la dipendenza di queste due operazioni l’una dall’altra per definire le possibilità del disegno. Tutto il suo lavoro inizia con un taglio che apre la possibilità dei movimenti successivi che costituiranno il disegno finito. Come ci ha detto l’artista se il taglio lo avvicina a Fontana, il suo non è però un punto di arrivo ma di partenza. La piegatura è il supporto che nasconde il lavoro ed è un gioco dialettico tra apparire e nascondere. Pur partendo dal disegno Massaux non è tanto interessato all’immagine in quanto tale ma al disegno come costruzione e decostruzione dello spazio pittorico. Così questo taglio, unendo le due facce del mylar traslucido con cui lavora, permette quello che Massaux chiama un piano propriamente pittorico, aprendo il suo supporto materiale.
Le prime pieghe che Massaux esegue intorno a questo ritaglio mettono in gioco pittoricamente il supporto materiale, ora reversibile, rivelando il rovescio della decorazione, nascondendo elementi della superficie retrostante, ecc. Una seconda serie di pieghe chiude questa serie di giunzioni su se stessa, chiudendo il disegno alla vista e trasformandolo in un oggetto quasi scultoreo che viene poi uniformemente pigmentato con uno spray di vernice grigia opaca.
Questa stessa operazione comporta una seconda perforazione della superficie materiale, questa volta da parte delle graffette che la tengono chiusa. Le tracce di questa operazione diventeranno esse stesse parte dell’opera finale. Finalmente dispiegato, con il pigmento ormai ridistribuito dal lavoro interno del taglio e delle sue pieghe, il disegno prende posto su una parete a sua volta determinata dalle pieghe che forma con il pavimento e le pareti adiacenti.
Il risultato può essere descritto come un corpo sistematico di disegni che deriva e dipende interamente dalle condizioni materiali della sua creazione e della sua esposizione, che può riconoscere il proprio status quasi scultoreo e quasi architettonico di oggetto in un mondo e che contiene in sé una registrazione trasparente della propria temporalità, che viene poi segnata e scalata dal punzone Perfoset che la data.
Chi è Guy Massaux
Vive e lavora tra Bruxelles e Volterra.
Tra le principali esposizioni personali e collettive si annoverano: 1998, Jan Maiden Fine Art Gallery, Columbus, Ohio (USA); Groundwall, Galerie Jamar, Anversa; 1997, Who loves Brussels, encore…Brussels, Bruxelles; 1995, realizzazione video Vent 17 min.; realizzazione Bande sonore Degange A/Massaux G.; partecipazione al film 304 cm x 308 cm, realizzazione Bernard Bloch. Film Art/Essai, Centre Pompidou Beaubourg, Parigi (24 min); realizzazione video Coupures, Bandes, Empreintes, Galerie Janssen, Bruxelles; 1994, Galerie Rodolphe Janssen, Bruxelles; Sessioni di workshop, costruzioni “Où l’écriture articule l’espace aux temps de la parole et du regard” (“Dove la scrittura articola lo spazio ai tempi della parola e dello sguardo”) su una poesia di Luc Richir, Bruxelles; 1993, Accademia di Belle Arti di Tolosa, Francia; Galerie Rodolphe Janssen, Bruxelles; 1992, Galerie Patrick De Brock, Anversa; Galerie Rodolphe Janssen, Bruxelles; 1991, Ouvrons les ateliers, Atelier Ste-Anne, Bruxelles; 1990, Le Dessin, Fondazione per l’arte contemporanea, Bruxelles; 1989, Galerie d’Art Actuel, Liegi.
Guy Massaux è anche presidente dell’Archivio Michel Parmentier, con cui ha lavorato fianco a fianco dal 1991 al 2000, e ha recentemente curato le mostre dedicate a Parmentier nella galleria Il Ponte di Firenze (2022) e di Secci a Milano (2023).
a cura di Ilaria Guidantoni
Il testo dell’artista
È lecito pensare che pianificare, in vita propria, una retrospettiva della propria opera sia presuntuoso. In questo caso, questa ri-valutazione di un lavoro, rimasto in sostanza relativamente confidenziale e poco esposto, è il risultato di un invito lanciato da Andrea Alibrandi ed Eduardo Secci, proprio mentre, lasciando la mia posizione di professore all’Accademia reale di belle arti di Bruxelles, mi sono stabilito in Italia.
Dopo gli studi all’Accademia reale di belle arti di Bruxelles dal 1977 al 1981, mi sono concentrato principalmente sul disegno dal 1982 al 1991. Durante questo periodo, ho partecipato attivamente all’atelier di disegno diretto da Lucien Massaert].
Ho prodotto gran parte delle mie opere in Italia tra il 1987 e il 2013, continuando a lavorare anche a Bruxelles. Ho alternato la pratica del disegno e della pittura con la mia ricerca nell’insegnamento dell’arte, nella trasmissione e nella pedagogia artistica.
Le opere esposte qui costituiscono una prima selezione. Realizzate tra il 1987 e il 1999, sono state prodotte durante i miei frequenti soggiorni a Volterra in Toscana.
Il mio interesse per le avanguardie artistiche del XX secolo, come i collages di Picasso, i movimenti costruttivisti e suprematisti, Matisse, Pollock, Robert Newman, Ellsworth Kelly, Robert Ryman, così come per le pratiche pittoriche del tardo gotico, del Trecento al Cinquecento in Italia e nelle Fiandre, mi ha portato a creare salti spazio-temporali nella mia pratica artistica, incrociandoli per creare disegni inediti in cui la contemporaneità dei loro contenuti consisteva nel tracciare una filiazione storica dinamica piuttosto che come un orizzonte chiuso e fisso. La mia ricerca artistica si è così allontanata da ogni idea di stile o firma personale. Ho cercato di esplorare la materia della creazione e le potenzialità offerte dai diversi materiali utilizzati. Ho anche lavorato sulla decostruzione e la ricostruzione delle forme, per esplorare le possibilità dello spazio pittorico. Il mio lavoro si situa quindi in una dinamica di movimento, in cui l’opera diventa una manifestazione della temporalità, della ricerca e dell’esplorazione.
Nel 1987 ho realizzato opere su carta utilizzando strumenti come il carboncino e la matita, attingendo da un repertorio di forme vegetali e minerali associato alla poesia di autori come Francis Ponge. Gli elementi riprodotti, carbone, ciottoli e rametti, erano presentati in modo frammentario e organizzati secondo regole prestabilite. Queste opere sono state create sovrapponendo strati successivi, ritirandoli o cancellandoli parzialmente, per lasciare intravedere tracce di lavaggi precari e gocce di carboncino diluito in superficie, disseminati, dissolti e decomposti alla vista. Questi disegni introducono nozioni topologiche come la piega, il taglio, lo scarto, il discontinuo, l’interruzione, l’intervallo e molte altre.
Guy Massaux, Cendres évanescentes, 1988, 179 x 150 cm, carboncino e lavaggio su carta.
Nel 1989, Arcadia 1 è un’opera unica su carta tagliata, poiché è la prima a cercare di superare i limiti “tradizionali” del disegno e di integrarlo nel campo più ampio della pittura e della scultura. Questo “collage graffettato” è un tentativo di conferire al disegno una dimensione più tangibile e palpabile. Arcadia 1 costituisce una sorta di ponte metaforico tra diversi media, aprendo così la strada a esperimenti più complessi.
Guy Massaux, Arcadia 1, 1989, 175 x 150 cm, carboncino, inchiostro di china, tempera su carta.
A partire dal 1994, il lavoro si sposta su un piano pittorico con l’introduzione del colore (inizialmente solo bianco) e di altri materiali ad esso associati. Viene utilizzato un processo di impronte di pennelli identici per coprire l’intero supporto di carta, creando un motivo ripetitivo che si interseca e si sovrappone, dove i confini delle superfici dipinte sono delimitati da del nastro adesivo di mascheramento.
Guy Massaux, V01, 1994, 215 x 202 cm, tempera bianca su carta.
Nel 1995, il supporto (carta velina, pellicola di poliestere o tela), posto questa volta a terra, viene delimitato da pieghe che si intersecano e si sovrappongono. Questo processo evolve con l’introduzione di una o più tagli, incisioni applicate al centro del supporto (come in Fontana), attorno alle quali viene effettuata una serie di pieghe orizzontali. Successivamente, viene applicato uno strato uniforme di vernice su tutto, srotolando la superficie e rivelando l’intero supporto. Vengono così alla luce le figure precedentemente nascoste.
Guy Massaux, 30.05.96, 1996, 110 x 110 cm, tempera su pellicola di poliestere.
Guy Massaux, 00.00.00, 1995, 110 x 110 cm, spray antiruggine su pellicola di poliestere.
Il processo di piegatura conferisce all’opera una dinamica complessa e paradossale, sia di occultamento che di rivelazione, di sottrazione e di aggiunta. Infatti, la piegatura inizializza una dissimulazione delle forme preesistenti, facendole scomparire in una sorta di oblio visivo. Tuttavia, quest’operazione di dissimulazione non agisce come una semplice sparizione, poiché essa è accompagnata da un movimento interno dell’opera che si dispiega in silenzio, come un pulsare latente e segreto. Quando l’opera viene sbloccata, una nuova superficie supplementare emerge dall’interno, dando luogo ad una visione inaspettata dell’opera, che non era presente nella configurazione iniziale. Questa sorprendente comparsa è la manifestazione di un potenziale latente, di una virtualità che non era stata realizzata in precedenza. In questo senso, la piegatura è sia una forma di oblio che di reminiscenza, un processo di cancellazione e di riapparizione, che rimanda alla complessità dell’esperienza estetica e ontologica.
Guy Massaux, 00.00.00, 1997, 40 x 40 cm, aerosol grigio su pellicola di poliestere.
La creazione di questo percorso complesso si è evoluta fino a diventare “un gioco seriale”; una trasformazione minore nella ripetizione di uno o più elementi strutturali, con variazioni definite da caselle vuote e piene, pieghe e svolte. Il fondo del percorso è come un terreno che può scomparire o chiudersi in certi momenti. La scacchiera o la griglia crea un’illusione di continuità spaziale che cancella la discontinuità in superficie. Questo crea uno spazio che si piega su se stesso, retratto o bucato.
Guy Massaux, “Who loves Brussels” (manifesto), 70 x 50 cm, 1997, Kanal 20, Bruxelles, stampa offset.
Nel 1997 ho intrapreso un lavoro consistente nell’applicare il principio della piegatura alle fresche dei Cenacoli fiorentini. Queste opere rappresentano una tovaglia regolarmente srotolata (?), sollevata perpendicolarmente e orizzontalmente rispetto allo sguardo. Ho così sviluppato diverse opere che sono legate l’una all’altra in base alla reversibilità delle pieghe marcate e srotolate. Per ottenere queste figure, ho moltiplicato i tagli per undici (11), in base al numero di incidenze e configurazioni possibili, ottenendo così un gran numero di figure distinte (16). Ho rappresentato ogni striscia orizzontale in un piano axonometrico e il suo corrispondente, che ha portato alla formazione di 16 disegni distinti che funzionano a coppie (8 x 2 disegni). Questo metodo di lavoro ha permesso di creare opere collegate tra loro per forme e disposizioni, ma complementari in termini di colori e disposizione. Per accentuare questa distinzione, ho attribuito a ciascuna opera una lettera dell’alfabeto e un colore specifico determinato da un processo derivante dalle relazioni che esse hanno tra loro.
Guy Massaux, piano assonometrico della striscia ‘A’ (progetto), 11 tagli, 04.09.97, 110 x 75 cm, pastello spray blu 092 (Buntlack) e inchiostro su carta.
Nel 1999, in seguito a una commissione per l’installazione di un’opera d’arte pubblica, ho concepito una serie di oggetti multifunzionali sviluppati in parallelepipedi con caratteristiche distintive e variegate, declinati in quattro spessori e realizzati in alluminio estruso. Questi oggetti sono stati disposti con aperture laterali che consentono di vedere l’interno. La disposizione del colore è subordinata all’inclinazione angolare di ogni oggetto, creando così una percezione di movimento e profondità. Ho optato per l’uso di dodici colori distinti spostati sul bordo di ogni oggetto in base al suo spessore. La disposizione delle cartelle/oggetti/tavole (9 in totale) sulla parete della galleria è il risultato di una pianificazione complessa che tiene conto di diversi fattori pratici ed estetici come le dimensioni della parete, la distanza tra gli oggetti e le loro caratteristiche specifiche, tra cui lo spessore, il colore e l’orientamento. Questi “oggetti” con caratteristiche quasi scultoree, in rilievo, possono essere presentati e posizionati mediante rotazioni di 90° su se stessi; le quattro posizioni così ottenute introducono rapporti di continuità. Questi possono essere percorsi da diversi punti di vista, a seconda degli spostamenti (senza doversi necessariamente posizionare di fronte). Così si presentano, alternativamente, talvolta sul loro bordo, spessore o apertura.