Alla Fabbrica Eos di Milano è visitabile fino all’8 ottobre 2022, nella sede di viale Pasubio (angolo via Bonnet), la mostra, curata da Alberto Mattia Martini, Heart Earth di Zeroottouno, duo creativo di origini calabresi composto da Davide Negro e Giuseppe Guerrisi. L’esposizione, realizzata in collaborazione con la Fondazione Rocco Guglielmo, è accompagnata da un catalogo edito da vanillaedizioni con testi di Alberto Mattia Martini e Rocco Guglielmo e un ricco apparato iconografico. Il percorso espositivo comprende una quindicina di opere, alcune delle quali realizzate appositamente per la mostra. Sono lavori in cui interagiscono materia primigenia proveniente dalla terra ed elementi – segni di luce, di neon, di vetro – che danno forma ad una sorta di compenetrazione tra materiale e immateriale o, come affermava Hegel, a “Ombre sensibili”.
La storia di questi due ragazzi prende avvio già quando erano studenti all’Accademia delle Belle Arti di Reggio Calabria: hanno cominciato a lavorare insieme, Davide partendo dalla fotografia e dalla grafica, Giuseppe dalla scultura e, notando come il loro lavoro era sempre più affine, hanno costituito un percorso comune. Il nome Zeroottouno è stato scelto perché è l’esatto contrario di 180, con una rotazione appunto di 180 gradi per evidenziare l’idea della reciprocità, della doppia visione che può essere ad esempio quella diurna e notturna.
Per la prima volta i due artisti espongono in una galleria privata, dopo aver fatto un percorso contrario a quello che normalmente accade, partendo dagli spazi pubblici e museali, come il Marca di Catanzaro, dov’è nato il nucleo di quest’esposizione che a Milano trova però nuova linfa. La maggior parte delle opere sono infatti site specific con alcune anteprime come la serie dei vasi. Fabbrica Eos d’altronde non è nuova alla sperimentazione che è anzi la sua cifra, avendo promosso le mostre di 68 artisti da zero in 24 anni.
Il punto di partenza del lavoro dei due artisti è l’umano e la terra e la ricerca di un’armonia, di uno stato di grazia come evidenzia anche il titolo, cuore e terra, la rispondenza di una vibrazione, di una musica interiore. Il risultato può anche assumere una connotazione politica, nel segno della leggerezza come il neo intitolato Italia, che scrive rosso verde bianco giocando sulla sinestesi al contrario, perché il rosso è in verde, il verde è in bianco, e il bianco in rosso, creando così un corto circuito percettivo-emozionale. Al centro della galleria
l’installazione ambientale 432hz, dove l’elemento naturale assorbe il circostante, in un dialogo amplificato dalla presenza attiva del pubblico. Un ampio manto verde, costituito da erba naturale, vibra seguendo le onde alla frequenza di 432 hertz, utilizzata fino al 1939, quando si decise di fissare l’accordatura della nota LA a 440 hertz. Non un nostalgico ritorno al passato, ma il tentativo e l’invito a riconnettersi con la frequenza che probabilmente meglio si armonizza con quella del vivente, e quindi anche con il battito cardiaco. Una sincronizzazione emozionale ma anche cerebrale, che ci invita a riflettere sullo scambio potenzialmente infinito tra terra e cuore, che appunto nella lingua anglosassone differiscono solamente per il posizionamento della lettera “h”. L’opera rappresenta la celebrazione assoluta della natura, l’evocazione del battito del cuore, sul quale ha ‘lavorato’ con gli accordi il canto gregoriano e molto dopo i Pink Floyd. Probabilmente quest’installazione arrederà il giardino del ristorante di Carlo Cracco sul Naviglio perché l’arte dal percorso in galleria diventi fruibile pubblicamente. Già ora la vetrina si apre come una parete vetrata che la notte è illuminata dai
neon mentre le opere restano nella penombra facendo sì che la luce diventi protagonista. È un po’ come avviene per la serie dei Vasi avvolti dalla luce come un’edera rampicante che simboleggia la natura quando si riappropria degli oggetti del quotidiano.
Nell’ambito del percorso che comprende una quindicina di opere Anima mundi, una scultura/installazione composta da un grande tronco d’ulivo, sezionato e trafitto nell’anima da una fulgente lama di luce di neon blu. «Mater natura anima mundi: a chi o cosa risponde la vita, a quale legge? A quale mistero l’uomo deve credere per poter vivere? La natura – conclude il curatore – è l’anima del mondo e quindi dell’umanità. Il cuore dell’uomo è nella terra e la terra è il cuore della vita umana, senza questo accordo armonico
«Nelle opere di Zeroottouno – scrive Alberto Mattia Martini – la natura non solo è soggetto della rappresentazione artistica, ma è coinvolta come parte attiva: forza creatrice e interagente con chiunque voglia sintonizzarsi con essa e con il proprio cuore. Zeroottouno, fin dagli esordi,
esplora le relazioni tra uomo e ambiente, guardando all’elemento naturale come protagonista imprescindibile e determinante della propria indagine. La natura, nonostante la deturpazione egoistica subita dall’uomo, non porta rancore, né tantomeno cerca vendetta, ma anzi esprime tutto il proprio altruismo, desiderando e auspicando una comunicazione finalmente reale e leale, nonché di scambio intimante spirituale».
Chi è Zeroottouno
È un duo artistico composto da Davide Negro (Catanzaro, 1985) e Giuseppe Guerrisi (Cinquefrondi, Reggio Calabria, 1984). La loro ricerca è la risultante di anni di sperimentazioni individuali in aree di interesse diverse, che trova dei punti in comune attraverso la sovrapposizione delle singole riflessioni sulla società contemporanea e sulle dinamiche che regolano il rapporto uomo-natura. Gli elementi naturali, dunque, sono parte integrante del lavoro di Zeroottouno, fino a diventarne spesso il fulcro centrale. Tra le principali mostre si segnalano: “Nature – Le trame dell’esistenza”, a cura di Simona Caramia, Museo MARCA, Catanzaro, 2018; “Ceilings. Musei in rete”, a cura di Simona Caramia, Museo Archeologico Statale dell’antica Kaulon Monasterace, Reggio Calabria, 2018, opera permanente; “Atelier #4 – Zeroottouno”, a cura di Giorgio De Finis, Museo MACRO, Roma, 2019; “Booming, Off project Fondazione Rocco Guglielmo”, a cura di Simona Gavioli, Palazzo Bentivoglio, Bologna, 2022.
a cura di Ilaria Guidantoni