Prosegue fino al 7 gennaio 2024, al Castello Campori di Soliera, in provincia di Modena, la mostra Il linguaggio delle immagini (fotografia in Italia tra gli anni ’80 e ’90), che propone oltre 60 opere fotografiche di indiscussi maestri degli anni Ottanta e Novanta del secolo scorso. Un’occasione unica, grazie alla disponibilità dei numerosi prestatori, per approfondire, anche attraverso il confronto diretto, un periodo di storia della fotografia particolarmente ricco di spunti e trasformazioni formali e tecnologiche.
Il periodo tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio dei Novanta ha impresso una forte accelerazione, da un punto di vista tecnico, prima con la diffusione di computer e internet e poi del supporto digitale. Ma sono anche anni durante i quali ci si è dovuti confrontare da un lato con l’eredità culturale di Luigi Ghirri, scomparso nel 1992, e dall’altro con esperienze di pratica e di ricerca oltre confine, iniziate già dalla fine degli anni Ottanta.
Sperimentazione, individuazione di un linguaggio personale, militanza politica e attivismo: la ricerca artistica di quegli anni conserva la spinta, mai esaurita, delle esperienze concettuali e anticipa, impiegando le evoluzioni tecnologiche, molta della ricerca attuale, soprattutto sul piano teorico. Figura umana e paesaggio restano i soggetti della rappresentazione, la nozione di oggettività lascia ora spazio a quello dell’esperienza e della distanza verso l’uso descrittivo della fotografia, per un impiego funzionale e non meramente esibito di competenze tecniche. Ogni artista interpreta in modo coerente e personale la ricerca: l’accostamento delle opere in mostra, libero da un criterio cronologico, consente di leggere questo passaggio da diversi punti di vista.
Gli artisti e i lavori in mostra
Paolo Gioli ha impiegato la personale tecnica di trasposizione della polaroid su carta per concentrare lo sguardo su frammenti di corpi, in una citazione della scultura classica. Luigi Ontani gioca con riferimenti visivi, culturali, storici e mitologici, protagonista eclettico e mai risolto di autoritratti raffinati e ironici. I lavori di Guido Guidi, Vittore Fossati, Gabriele Basilico e Vincenzo Castella sono frutto del lungo progetto di committenza Archivio dello Spazio, fondamentale campagna di mappatura e documentazione del territorio della provincia di Milano tra il 1987 e il 1997. Il colore domina la selezione di Illuminazioni artificiali di Olivo Barbieri, monumentalità e architettura urbana tra Oriente e Occidente, mentre Andrea Abati compie una personale sperimentazione del paesaggio urbano, tra passato, presente e futuro, con la serie Luoghi del mutamento.
Silvio Wolf allestisce site-specific per le sale del Castello Campori il lavoro Muro d’Icone, Marina Ballo Charmet esplora e testa con Bretagna la rappresentazione della luce e del paesaggio attraverso sequenze di minimi scostamenti. Gli interni domestici di Alessandra Spranzi sono solo apparentemente abitati da volti sereni e atmosfere armoniose; Paola De Pietri ricerca la propria identità in autoritratti privi di referenti.
Appropriazione e citazione: Mario Cresci omaggia artisti, più o meno esplicitamente, tramite un processo di riscrittura e manipolazione. Il fondamentale lavoro di Franco Vaccari è testimoniato in mostra con Modena vista a livello di cane, sintesi di rigore formale, libertà e disincanto nell’uso della macchina fotografica.
Le opere in mostra provengono da importanti collezioni, tra cui il Museo di Fotografia di Cinisello Balsamo e la Fototeca della Biblioteca Panizzi di Reggio Emilia, oltre a gallerie e collezioni private, così da ricercare approcci e una tendenza del collezionismo come forma non solo di conservazione, ma anche di divulgazione dell’arte contemporanea. Analizzare quali autori e quali opere si rintracciano nelle collezioni pubbliche e private contribuisce a fornire una lettura storica trasversale delle esperienze, spesso di singoli e non di scuola, delle linee di ricerca e interesse degli autori.
La mostra, aperta gratuitamente al pubblico fino a domenica 7 gennaio, è allestita presso il castello Campori, simbolo di Soliera: la fortezza medioevale nella sua lunga storia è stata abitata dalle potenti famiglie degli Este, dei Pio e dei Campori, che nei secoli l’hanno resa un’elegante residenza nobiliare; ora è diventata il Castello dell’Arte, una sede espositiva dedicata ai linguaggi artistici contemporanei. L’esposizione è promossa dal Comune di Soliera e dalla Fondazione Campori, con il sostegno della Regione Emilia-Romagna e della Fondazione Cassa di Risparmio di Carpi, il contributo di Le Gallerie, Banca Generali Private-Marco Ferrari Private Banker, Granarolo.
Per informazioni sugli orari
Sabato e domenica dalle ore 9.30 alle 13 e dalle 15 alle 19.30; 24 e 31 dicembre dalle ore 9.30 alle 13; ingresso gratuito.
a cura di Paolo Bongianino