Via Crucis. La Passione di Cristo è la prima mostra postuma, che si tiene a Milano a La Permanente fino al 4 febbraio 2024, di uno degli artisti contemporanei più amati dal pubblico, Fernando Botero. Una collezione che suona ora come un vero e proprio testamento spirituale. L’artista è morto lo scorso settembre a Monaco ma riposa accanto ad altri grandi come Igor Mitoraj a Pietrasanta, la piccola Atene versiliese che dal 1980 aveva scelto come sua città (e ora sarà accanto anche a Girolamo Ciurla). Fernando Botero, pittore, scultore e disegnatore colombiano, è uno dei grandi maestri della contemporaneità con uno stile stile inconfondibile, i suoi corpi dilatati, il colore fortemente presente, a metà strada tra uno stile naïf e un realismo magico espressionista, nel solco però di una tradizione pittorica europea rinascimentale e barocca.
Questa mostra è arrivata al cuore di Medellín, città natale di Botero, durante la settimana di Pasqua del 2012, per i festeggiamenti per gli ottant’anni di vita dell’artista, che nell’occasione ha deciso di donare la serie al Museo di Antioquia che oggi la presenta per la prima volta postuma alla recentissima morte del Maestro. Prodotta da Next Exhibition, in collaborazione con Associazione Culturale Dreams, Cancilleria e Ambasciata di Colombia in Italia, con il Patrocinio del Comune di Milano, con curatela di Glocal Project e ONO arte, questa esposizione è anche un’occasione per mettere in dialogo due importanti sedi museali internazionali, rispettivamente il Museo di Antioquia, da cui proviene la collezione, e il Museo della Permanente, da sempre snodo culturale unico nel suo genere, punto d’incontro prediletto da artisti, mercanti e uomini di cultura.
Le 27 grandi tele dipinte a olio, con i corpi che diventano volumi e la possenza del colore netto, squillante, spesso in contrasto con la drammaticità della scena teatrale, si alternano ai 33 disegni preparatori che mostrano l’abilità di un artista nel dettaglio e il colore appena accennato. I soggetti paiono attori perché i personaggi sembrano quasi declinazioni di uno stesso volto, quello di Botero che diventa quello dell’umanità intera che interpreta il dolore. La scena, come una quinta, è spesso decontestualizzata dalla storicità così come i costumi. Si crea spesso un dialogo-scontro tra la nudità dei corpi dei martiri, dell’uomo nella sua debolezza, e le armature, le mostrine, le divise di coloro che esercitano il potere come soldati fedeli e inconsapevoli (troppo piccoli ai piedi della croce con un’evidente sproporzione rispetto al Gesù che giganteggia seppur morto) o generali nazisti.
Il grido di Botero è dalla parte di una persona che non si dichiara religiosa ma vuole interpretare la Via Crucis laicamente, nella storia, nella quotidianità di un’umanità sofferente, recuperando un tema molto caro fino al Barocco, soggetto poi quasi abbandonato e oggi praticamente inesistente nell’arte. D’altronde per l’artista di Medellin “l’arte è una tregua spirituale e immateriale dalle difficoltà della vita” ed è nel suo stesso esercizio che si coltiva il rapporto con l’eterno e la religione. Via Crucis. La Passione di Cristo è un ciclo di opere realizzate tra il 2010 e il 2011, dove Botero mette a fuoco una tematica tra l’altro vicina al maestro sin dalla sua prima infanzia trascorsa in quella Colombia così ricca di immagini devozionali, tanto nell’ambito pubblico che in quello privato, e pratiche religiose profondamente radicate nella cultura e nell’iconografia. Si tratta di una serie di soggetti dove l’ironia spesso presente nella sua arte, quel lato surreale che si trova in molta pittura e letteratura sudamericana, in grado di colorare e vestire il dolore di allegria, sembra spengersi. È piuttosto un invito alla riflessione sull’esempio del Cristo.
Chi è Fernando Botero
Disegnatore, pittore e scultore, nasce nel 1932 a Medellin in Colombia e presto sviluppa l’interesse per il disegno frequentando le scuole locali.
Viaggia poi a New York e Parigi, città nelle quali vivrà un periodo, ma è soprattutto in Italia e in particolare a Firenze, dove studia il ciclo degli affreschi a San Marco, che trova la sua profonda ispirazione.
A 24 anni Botero dipinge una natura morta con mandolino. In quell’occasione, per la prima volta, l’artista colombiano enfatizza uno degli elementi ritratti aumentandone le dimensioni come mai si era visto prima. Passa poco tempo perché lo stesso trattamento venga applicato anche ai corpi umani, oltre che agli oggetti, creando uno stile che è divenuto un vero e proprio marchio di fabbrica: non dipinge corpi grassi ma, come lui stesso dichiara, dipinge volumi.
Da allora Botero costruisce mondi sensuali, popolati di personaggi ricchi di un piacere immenso e felice, attraverso quell’abbondanza tranquilla e suntuosa delle forme che trova la sua maturità verso la fine degli anni ‘70. Il suo lavoro si pone nel solco della grande tradizione pittorica occidentale, attraverso omaggi, reinvenzioni, citazioni ma anche nell’approccio formale e nelle tematiche. Tra i riferimenti che Botero interpreta in modo amplificativo, mai semplicemente imitativo, le opere di Paolo Uccello, Peter Paul Rubens, Diego Velázquez, Paul Cézanne e Pablo Picasso.
Per informazioni
Orari: dal lunedì al venerdì dalle 10 alle 18; sabato dalle 10 alle 20; domenica dalle 10 alle 18.
Aperture e chiusure straordinarie: 24 dicembre dalle 10 alle 14; 25 dicembre chiuso; 31 dicembre dalle 10 alle 14; 1° gennaio 2024 chiuso.
Biglietti: (prevendita su Ticket One o presso la biglietteria del museo) dal lunedì al venerdì: intero: 15,70 euro online, 14,50 euro box office; ridotto: 12,70 euro online, 11,50 euro box office. Sabato, domenica e festivi: intero 17,70 euro online, 16,50 euro box office; ridotto: 14,70 euro online; 13,50 euro box office. Open (visitare la mostra in un giorno di apertura, senza decidere la data precisa al momento dell’acquisto): 20,70 euro online, 19,50 euro box office.
e-mail info@mostrabotero.it; Infoline 3407704222
a cura di Ilaria Guidantoni