Per la prima volta al pubblico italiano è presentato l’artista che più di ogni altro è stato influenzato da Raffaello, Jean-Auguste-Dominique Ingres, nato a Montbaun nel 1780 e morto nel 1867, con una mostra al Palazzo Reale di Milano – dal 12 marzo al 23 giugno prossimo – di oltre 150 opere, di cui più di 60 dipinti e disegni del grande artista francese, uno dei massimi esponenti della pittura del Neoclassicismo europeo. La personale che racconta Ingres e la vita artistica al tempo di Napoleone – in mostra opere di Andrea Appiani e di J.B. Greuze, Antonio Canova, François Gérard e Carlo Finelli – ha il pregio di smentire la disattenzione e sottovalutazione del neoclassicismo come una semplice imitazione dell’antico, là dove invece diventa nuovo e fecondo; cogliere l’eco del Rinascimento italiano nel pittore francese, oltre i germogli del Romanticismo nascente e puntare lo sguardo su una Milano che divenne la città più attiva d’Italia, dove si respirava un vento europeo, che non ha mai smesso di spirare, anche se al tempo ci fu un tentativo di francesizzarla forse troppo. Pittore raffinato e di grande virtuosismo che mantiene viva la dialettica sulla ‘perfezione’ accademica e la sensualità del fascino della corporeità di questo grande ritrattista. Un’intera sala è dedicata al grande collezionista lombardo G.B. Sommariva, un caso, di una persona che nasce in condizioni modeste, esercitando dapprima il mestiere di barbiere. Le opere sono riunite grazie ai prestiti delle grandi collezioni internazionali da tutto il mondo, come il Metropolitan Museum of Art di New York, il Columbus Museum of Art dell’Ohio, il Victoria and Albert Museum di Londra il Musée du Louvre, la Gare d’Orsay e il Musée des Beaux-Arts de la Ville di Parigi; oltre al Musée de Montbaun,dal quale proviene il nucleo più corposo delle opere; e ancora i musei italiani della Pinacoteca di Brera e la Galleria d’Arte Moderna di Milano, i Musei Civici di Brescia, insieme a collezioni private.
In mostra il ritratto di Napoleone in trono, grandiosa celebrazione, pomposa sì ma di stile sublime dell’imperatore, mentre manca la sua opera più nota. Il bagno turco, conservato al Louvre di Parigi, anche se i ritratti maschili e alcune figure femminili tra cui alcuni studi preparatori per il capolavoro, fanno di questa mostra, una bella antologia. Proprio dalla figura maschile, considerata una prova fondamentale in accademia, prende avvio il percorso della mostra e anche l’attività del pittore che entra all’École des Beaux-Arts di Parigi nel 1797 e grazie al suo ‘esercizio’ del 1801 riceve il Prix du torse che conferiva anche una somma di denaro che gli dette poi accesso agli esami per il Prix de Rome, dove trionferà di lì a breve. Si forma nella cerchia di Jacques-Louis David e tra gli anni 1770 e 1820 si evidenzia un’ambivalenza tra rigore e severità da una parte, sensualità dei corpi, nascente romanticismo, dall’altra. Tra le opere in mostra segnaliamo Il sogno di Ossian, una commissione che Ingres riceve per la stanza da letto di Napoleone al Palazzo del Quirinale, ispirato ai Canti di Ossian, testo epico tradotti dal gaelico in voga allora in Europea negli ambienti intellettuali e politici. Napoleone ne era affascinato e contribuì a diffonderli con una serie di committenze sul tema, all’origine del primo romanticismo europeo. Messo al sicuro dopo la caduta dell’Impero, il dipinto fu riacquistato nel 1835 quando era direttore di Villa Medici a Roma – sede dell’Accademia di Francia – e restaurato dallo stesso Ingres che trasformò l’ovale originario in rettangolo. Nel momento della grande espansione dell’Impero ci fu indubbiamente una volontà di francesizzare l’Italia da parte di Napoleone come si evince da quanto confessò al Delacroix ministro degli esteri e padre dell’omonimo pittore che fu poi il simbolo del romanticismo d’Oltralpe. Ingres nella sua parabola ritrattistica attraversa la propria formazione e l’evoluzione della storia, partendo dal ritrarre i compagni di accademia per arrivare all’Imperatore, inserendo le nozioni dell’accademia, l’eleganza e la perfezione del tratto senza dimenticare la lezione rinascimentale del Bronzino ad esempio; fino alla ‘copia’ dell’Autoritratto di Raffaello, un vero e proprio mito per Ingres che arriva in Italia per la prima volta nel 1806, all’indomani dell’incoronazione di Napoleone, nel Duomo di Milano il 26 maggio del 1805. Inizia la fase dei nudi femminili, la fascinazione per le odalische, le veneri e le bagnanti dove si evince una certa repulsione per l’anatomia e l’abbandono alla suggestione del corpo oltre l’idea scientifica. Evidente questa narrazione di fantasia nella splendida Grande odalisca in versione grisaille del 1830 dove le proporzioni sono aleatorie ma la morbidezza delle forme e lo sguardo magnetico ci conquistano. Così è anche ne La Venere Anadiomene, ideata durante l’Impero intorno al 1808 e completata quarant’anni dopo, che ispirerà varie opere come la gemella, La Sorgente, uno dei nudi più noti del XIX secolo. Di essa si conoscono ben 20 studi preparatori tra i quali il singolare ombelico che Gaëtan Picon sosteneva che “parla come un occhio”. La caduta dell’Aquila dette l’occasione a Ingres per affrontare un altro genere pittorico, quello del cosiddetto troubadour, con una revisione storica come nel citato Autoritratto di Raffaello o nella Fornarina e Raffaello e le cosiddette scene di gusto.
A cura di Giada Luni