Ospitiamo con molta curiosità un intervento di Ilaria Guidantoni, giornalista e scrittrice, qui in veste di curatrice e traduttrice – alla sua prima prova – del romanzo di un poeta algerino, francofono, troppo a lungo dimenticato. Per i milanesi (ma anche non) l’appuntamento con Ritratto incompiuto del padre di Jean Sénac sarà alle 18.00 di venerdì 17 novembre alla Scuola Interpreti “Altiero Spinelli” di Via Carchidio, 2 a Milano in occasione di Bookcity. Un viaggio non solo nell’infanzia tormentata alla ricerca di un padre del protagonista (l’autore stesso) ma tra l’Algeria e la Francia degli anni Quaranta del Novecento, e nel mondo visionario dell’arte e delle arti quando nell’ambiente intellettuale imperava il realismo impegnato. C’era già che aveva immaginato l’arte come ponte di comunicazione tra lingue diverse e che la cultura potesse offrire opportunità di sviluppo economico senza essere solo un’attività commerciale.
Jean Sénac, il Pasolini d’Algeria, arriva in libreria – per Oltre Edizioni con la Collana Oltre Confine – nella traduzione e curatela della giornalista e scrittrice fiorentina Ilaria Guidantoni, studiosa di Mediterraneo arabo che divide la sua vita tra il Belpaese e la Tunisia, che porta in Italia un poeta algerino di origini andaluso e di lingua francese, amico-nemico di Camus, dimenticato da tempo.
La mia avventura comincia all’aeroporto di Algeri aspettando l’aereo di ritorno dopo il viaggio che mi avrebbe portato a scrivere Marsiglia-Algeri, Viaggio al chiaro di luna (Albeggi Edizioni, 2016). Sénac è l’ultimo incontro algerino, folgorante, come gli amori che nascono alla vigilia delle partenze. Per un caso entro nella libreria e scorgo la rivista di critica letteraria L’ivrEsQ che dedica un numero speciale all’anniversario della morte di Albert Camus (1960) con una serie di articoli dedicati a personaggi che in qualche modo hanno fatto parte del suo entourage. Tra questi Jean Sénac, definito dalla stessa rivista, il Pasolini d’Algeria. Come rimanere indifferenti? Siamo nei primi giorni del 2015 e a novembre ci sarebbero state le celebrazioni per i 40 anni dalla morte del controverso intellettuale italiano. Di ritorno in Italia e poi a Parigi e a Tunisi cerco le opere del poeta andaluso, nipote di uno dei pionieri immigrati nella zona di Orano per lavorare nelle minieri di ferro. Nulla da fare. Da Parigi non riesco ad ottenere che, dopo una lunga attesa, l’unico romanzo Ebauche du père pour en finir avec l’enfance. Le poesie sono irreperibili. L’unico testo in prosa dell’autore, non finito, avrebbe dovuto segnare l’inizio di un progetto ambizioso mai portato a termine. La curiosità cresce e la sfida comincia. Non lo conosce quasi nessuno, le affinità con Pasolini sono sconcertanti: un intellettuale troppo contemporaneo, semplicemente “oltre”, con un senso rivoluzionario contro gli stessi rivoluzionari, per questo fratello di tutti ma giudicato nemico da quasi tutti. Oggi ci appare in tutta la sua attualità per quella lacerazione senza soluzione e la voglia di oltrepassare ogni definizione, insieme all’accoglienza della diversità tremendamente contemporanea: dalla sessualità alla religiosità, aperta al paganesimo e all’ateismo. Sognava una società aperta inclusiva, rivelandosi in questo tratta tremendamente contemporaneo: si considerava “fratello di sangue” dei berberi, algerino, arabo, ebreo e cristiano ad un tempo, con il senso acuto del peccato e l’irresistibile pulsione alla trasgressione. Francese solo nel nome di un padre odiato e nella sola lingua che usò. Soprattutto poeta, ma romanziere incompiuto e critico d’arte, sognava una società aperta. Ebbe una lunga corrispondenza intima con Camus, poi una rottura tragica. Sénac è stato infatti un uomo senza mediazione, ferocemente dalla parte della rivoluzione, sposò la causa algerina senza condizioni. Per lui la poesia era rivoluzione allo stato puro. Perennemente alla ricerca del padre mancante e in lotta con la madre, l’ape operosa notturna, tenera e feroce ad un tempo. Ritratto incompiuto del padre (il titolo italiano dell’originario Ebauche du père, pubblicato postumo da Gallimard), Sénac lo immaginava come creazione di lungo respiro, che doveva essere composta da più volumi, “nutrita da tutto quello che aveva modellato la sua sensibilità, forgiato il suo essere dolente, appassionato, assetato di tenerezza e di assoluto: da Orano, la città della sua infanzia”, e il quartiere popolare ebraico dov’è cresciuto, alle pulsioni del desiderio in quella dialettica tipicamente cattolica di richiamo del vizio e senso di colpa. Nasce a Béni Saf nel 1926 e muore ad Algeri nel 1973, assassinato in circostanze violente e misteriose, un caso di giustizia irrisolto anche se all’inizio fu accusato un ragazzo di vita. Fu amico di tanti intellettuali del tempo, primo tra tutti Camus, come accennato – con il quale ebbe una lunga corrispondenza intima, della quale si sa poco, poi una rottura tragica per le diverse posizioni sulla Guerra d’Indipendenza algerina. In effetti la sua spinta alla fratellanza probabilmente non fu compresa nemmeno dagli algerini dall’anima nomade ai quali invece si sentiva intimamente vicino, come lo scrittore cabilo Kateb Yacine che si trasferì in Francia. Travagliato interiormente alla continua ricerca di un padre mai conosciuto, visse da “bastardo”, intessendo un rapporto viscerale ma ancora una volta contraddittorio con la madre, bigotta e pagana insieme come lui stesso la definisce, e una vita sempre in debito di soldi, ai margini di un mondo che rifiutava l’omosessualità ma la coltivava in segreto. Migliore fu il suo rapporto con gli artisti come il pittore Saveur Galiéro, sostanzialmente autodidatta ma considerato capofila della Scuola di Algeri, nato nel quartiere Bab-el-Oued di Algeri, frequentato anche da Sénac, altro protetto di Camus che lo portò a Parigi dove rimase, diversamente da Sénac che nell’ottobre del 1962 rientra ad Algeri, confinandosi nella Casbah. Dopo essersi dedicato ai pittori algerini, raggruppandoli nella sua galleria 54 sotto la cosiddetta Scuola del Segno o noûn del movimento “Aouchem”31 , realizza due film d’arte per la sua emissione televisiva “Diwan el-chems”. Sénac allora si consacra alla promozione della giovane poesia algerina in tutte le sue forme, oltre i confini tra le singole arti: una posizione di grande avanguardia. Con la conquista dell’Indipendenza dalla Francia l’Algeria scelse la linea del socialismo sovietico anche in campo artistico. Sénac, pur sposando la filosofia dell’arte impegnata, andò oltre: il realismo sociale in Algeria non poteva a suo parere essere “importato” dal modello sovietico. Doveva ispirarsi a quel “popolo di bellezza”, come il poeta lo definiva, dallo spirito nomade identificato dal “tatuaggio”. Nella primavera del 2015 che al Museo Quai Branly di Parigi, dedicato alle civiltà extra-europee, viene allestita una mostra sul tema del tatuaggio con una sezione sui berberi molto critica. Sénac aveva percorso questo spirito più di quarant’anni prima e sembrava un folle, alla ricerca di un mondo mai esistito. In effetti nell’Algeria indipendente è stato pubblicato solo un libro di Sénac Poesia su tutti i fronti del 1971 dove varca le frontiere della poesia tradizionale con l’uso del segno grafico e dei neologismi in modo del tutto nuovo. L’arte per Sénac era un ponte di comunicazione tra i popoli, oltre la lingua, un’occasione perduta, al di là degli eccessi del personaggio, tema di cui oggi si torna a parlare con grande attualità in senso al Mediterraneo dei migranti, alla quale restituire voce.