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Milano si conferma capitale italiana della fotografia come dimostra Mia Fair,
giunta alla dodicesima edizione, una tappa irrinunciabile per il più pop dei mezzi espressivi, la fotografia: oltre 80 gallerie e 100 espositori di cui il 30 per cento stranieri che rappresentano il cuore della Main Section, di cui Bebez ha anticipato le novità in anteprima. Ideata da Fabio Castelli, la manifestazione, per il quarto anno consecutivo a Superstudio Maxi, per la prima volta opera con Fiere di Parma sotto il profilo organizzativo, dopo il suo ingresso nel gruppo, rafforza il rapporto con la città di Milano. BNL BNP Paribas è partner della fiera nel ruolo di Main Sponsor, promuovendo il Premio BNL BNP Paribas, quello di maggior rilievo, assegnato da una giuria ad artisti presenti. Da 11 anni compagno di viaggio della Fiera, Eberhard&Co, propone il progetto di Riccardo Boccuzzi, artista di Monopoli, in provincia di Bari, classe 1986, regista, sceneggiatore ed esperto di new media, intitolato Artificial Hell. Il Deloitte Photo Grant, il nuovo concorso
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fotografico internazionale promosso da Deloitte in collaborazione con 24 Ore Cultura offrirà letture portfolio gratuite che si tengono nello stand secondo un calendario che coinvolge esperti noti del mondo della fotografia. Inoltre il Centro di Ricerca Advanced Technology in Health and Well-Being e Icone, il Centro Europeo di Ricerca di Storia e Teoria dell’Immagine dell’Università Vita-Salute San Raffaele sono tornati a Maia Fair con Neffie, un Progetto di Neuro-Estetica Fotografica.
Colpisce in quest’edizione l’attenzione al progetto e non alla semplice esposizione sia pure di opere importanti, quanto l’idea di una rappresentazione anche se forse occorrerebbe una maggior selezione. Non occorre ingrandire a dismisura le fiere e gli appuntamenti, tendenza in crescita.
Da MLB di Ferrara a MIA Photo una serie di opere, in gran parte inedite, di Anna Di Prospero e Simona Ghizzoni che meritano di essere viste dal vivo per la loro intensa suggestione pittorica. Anna Di Prospero presenta per la prima volta in Italia foto più introspettive del solito con delle serie “Oltre il visibile”, storie ispirate a due film, Revolutionary Road, racconto di un amore passionale e The tree of life, dove traspare molta dolcezza e una tenera sensualità. Il dialogo nello stand è a due voci, tra due artiste che sono la cifra della filosofia della galleria. Non poteva mancare Simona Ghizzoni che sceglie di non intervenire nella post produzione, con un
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lavoro nato durante il primo confinamento nel 2020, fortemente pittorico, dove la contemporaneità incontra il classico, nature morte e paesaggi ispirati a Zurbaran e Caravaggio, di grande suggestione. Il 1^ aprile la Galleria inaugurerà una personale con Marcello Carrà, che ha realizzato opere a penna Bic ispirate appositamente alla nuova, splendida esposizione di Palazzo dei Diamanti, Rinascimento ferrarese. Ercole de’ Roberti e Lorenzo Costa. La Galleria Paola Colombari dedica lo stand agli Scatti Ambientati una definizione che prende corpo dai Ritratti Ambientati di Carlo Mollino in omaggio alle sue fotografie immaginifiche e surreali, in occasione del cinquantenario della sua morte La curatela di Paola Colombari non è una interpretazione fedele del linguaggio molliniano, quanto una selezione di fotografie artistiche che interpretano il concept del suo linguaggio ed eclettismo come se fossero appunto degli scatti magici, ambientati in situazioni differenti sempre evocando il mistero come forza estetizzante e come collage di memorie ancestrali. Infatti Mollino che fu grande Architetto, designer, fotografo, scrittore, sciatore, inventore… si dilettò sempre nella fotografia attraverso l’eclettismo degli scatti, fotografando le donne, i paesaggi, le architetture, il design e i suoi arredamenti. Nello stand anche opere fotografiche di Uli Weber (Germania), Anna Golubovkaja (Ucraina), Monica Silva (Brasile), Riccardo Aichner (Italia), Andrea de Carvalho (Brasile), Paola Pinna (Italia), Marilù S. Manzini (Italia). Da Fabbrica Eos, abbiamo incontrato Ruggero Rosfer con i suoi scatti tratti dalla personale – della quale abbiamo parlato in queste pagine – Renaissance, rinascere da se stessi oggi visibile a Milano con grandi affissioni legate alla campagna contro la guerra per conto di Emergency, un altro modo con il quale l’artista declina il suo interesse per il sociale e il femminile. Milano al centro dell’interesse della galleria con gli
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scatti ‘sovrapposti’ di Davide Bramante e di Rudy Falomy, nelle cui tele si inserisce l’effetto ‘strappo’. Lo Spazio Nuovo, vivace realtà romana, presenta Giuseppe Lo Schiavo, pluripremiato artista visivo calabrese che ha studiato a Roma e lavora tra Londra e Milano. La sua ricerca mira a creare un ponte tra arte e scienza. Il lavoro dell’artista presenta spesso una narrazione post-umana e l’uso di tecnologia e scienza come l’intelligenza artificiale, machine learning, realtà virtuale, sistemi a infrarossi o microrganismi in laboratorio. Lo sviluppo di nuove tecnologie e dell’ecosistema digitale ha ampliato la nostra capacità di esplorare la realtà replicandola o generando realtà completamente nuove. Esiste ormai un’ibridazione tra realtà e virtualità; questo non sminuisce il valore del mondo fisico ma anzi lo apre a nuove prospettive. L’arte ha la capacità di trasformare e sovvertire la realtà, presentandola come uno strumento di reinvenzione critica dei tempi moderni. Per l’artista la realtà non è un concetto fisso ma piuttosto un fenomeno fluido e fragile che viene vissuto soggettivamente, influenzato da componenti sia culturali che biologiche. Le opere in questa collezione si presentano come fotografie dello spazio virtuale che esplorano le possibilità di creare l’illusione di una finestra (sia metaforica che letterale) su una nuova realtà. Nello specifico queste opere 3D fotorealistiche sono create con software all’avanguardia progettati per simulare la realtà e realizzati con una prospettiva anamorfica che esalta la loro natura immersiva. In alcuni casi l’artista utilizza dispositivi neurologici per monitorare le onde cerebrali utilizzando i dati per direzionare alcune scelte creative. In particolare con l’opera The garden è finalista al BNL BNP Parisbas. La galleria presenta anche Marco Maria Zanin e il suo omaggio a Giorgio Morandi con una serie di Nature morte realizzate con frammenti, macerie dei palazzi storici a Sao Paulo del Brasile. Tallulah Studio Art, nato nel 1999 su iniziativa di Patrizia Madau mente creativa, consulente di arte, design e fotografia, da sempre alla ricerca di giovani talenti emergenti, dedica attenzione alle
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proposte delle nuove generazioni, promuovendo forma e materia nel design e nell’arte contemporanea in ogni sua espressione. In occasione della fiera ha presentato per la prima volta il progetto “The Extraordinary Daily. Visioni uniche e curiose della società contemporanea” con le fotografie di Carlo Bevilacqua, Keila Guilarte e Dario Zucchi. Tre diversi percorsi narrativi con un unico denominatore comune: “cogliere lo straordinario nel quotidiano”, cercare oltre la superficie per trovare l’inaspettato, ovunque sia, e raccontarlo attraverso la fotografia.
Gli scatti di Bevilacqua, Guilarte e Zucchi raccontano lo “straordinario quotidiano”, creando un reportage sociale, con stili diversi, fatto di sovrapposizioni, di giustapposizioni, di luoghi d’arte, di paesaggi, di tradizioni, di etnie, di abitudini e di vita comune. Visioni uniche e curiose della società contemporanea.
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Carlo Bevilacqua si muove attraverso le realtà quotidiane degli Irish Travellers, conosciuti come Paveè, Miners o, in galeico irlandese, “an lucht siúil”, letteralmente, “il popolo che cammina”. Uno straordinario ritratto socio antropologico, senza pregiudizi, delle comunità nomadi dei “Walking People, minoranza etnica molto unita, e con una lunga storia e tradizione, presente nel mondo irlandese e anglosassone già in epoca preceltica. Le sue intense immagini a colori, caratterizzate da una stravaganza visiva, documentano l’identità di un popolo.
Le fotografie di Keila Guilarte raccontano l’anima di Cuba attraverso un appassionato e vibrante diario fotografico nei luoghi della sua infanzia. La fotografa cubana, attraverso il suo sguardo, ha voluto raccontare in modo autentico e mai scontato, movenze, riti, spiritualità e abitudini, immortalando un’isola piena di vita e di passione tra decadenza e desiderio di modernità.
Le immagini in mostra sono state selezionate dalla fotografa dal suo ultimo libro Mi Tierra (Silvana Editoriale 2022), un reportage narrativo in bianco e nero che celebra ed innalza l’ordinarietà della vita di un popolo umile e fiero.
Tallulah Studio Art con le foto di Keila Guilarte e Carlo Bevilacqua è stata selezionata e inserita nella sezione Reportage Beyond Reportage, a cura di Emanuela Mazzonis di Pralafera.
La serie fotografica di Dario Zucchi dedicata ai musei e alla relazione tra il pubblico e le opere d’arte è al centro della sua ricerca. L’artista utilizza un linguaggio basato sulla giustapposizione tra dipinti e sculture da una parte e persone e spettatori dall’altra, attraverso una combinazione di colori, stili e movenze, elaborando delle immagini che vogliono fermare un istante della realtà. Grazie ai
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suoi scatti, le opere di Munch, Matisse, Rothko assumono nuovi significati. L’artista stabilisce un collegamento visivo fra lo spettatore e l’opera d’arte, nella straordinaria quotidianità dei musei americani. Ecco allora che un semplice visitatore-spettatore di un museo americano diventa il protagonista inaspettato e straordinario della sua foto. La serie fotografica di Dario Zucchi dedicata ai musei e alla relazione tra il pubblico e le opere d’arte è al centro della sua ricerca.
Il progetto presentato nella sezione Progetti Speciali da Claudio Composti della MC2 Gallery, Le metamorfosi dell’anima ruota intorno al tema delle ferite e come affrontarle guardandole perché “è da lì che si parte per raggiungere la consapevolezza e “guarigione” o convivenza”. Il punto di partenza, sofisticato, di ricerca, come sempre per Claudio è la parola, trauma, dal greco, che indica la ferita. In medicina è la lesione prodotta nell’organismo da un qualsiasi agente capace di azione improvvisa, rapida e violenta. In psicologia e in psicanalisi è il turbamento dello stato psichico prodotto da un avvenimento dotato di notevole carica emotiva. Carl Gustav Jung fu il primo che riprese il concetto di archetipi, definiti dal filosofo e psicanalista James Hillman come “[…] i modelli più profondi dell’anima che governano le prospettive attraverso cui vediamo noi stessi e il mondo”. Una delle massime esperte dell’ascolto del corpo, Lise Bourbeau, ha sviluppato una teoria: tutti i problemi fisici e mentali derivano da cinque “ferite” emotive, rispettivamente, rifiuto, abbandono, umiliazione, tradimento e ingiustizia che corrispondono ad altrettante “maschere” caratteriali e comportamentali, create dal subconscio, per difenderci dai traumi causati fin dall’infanzia dai genitori e che condizionano la nostra vita adulta ogni volta
![](https://bebeez.it/wp-content/uploads/2023/03/36.-Vincent-Descotils-Series-Les-polycromes-Galerie-Courcelles-e1679663652230-300x225.jpg)
che riviviamo una situazione di “attacco” emotivo. Per smetterle, è necessario innanzitutto riconoscerle, accettarle e infine amarle. È questo complesso processo evolutivo che Margot Errante e Valentina Loffredo indagano attraverso la loro fotografia, in maniera diversa ma complementare. Margot Errante affronta il momento in cui ci permettiamo di guardare la ferita ed esporla per cambiare. Mette a confronto corpo umano e corpo vegetale in dittici potenti, associando il processo di scollamento dall’ego a quello di scortecciamento degli alberi, sintomo di stress e malattia, ma anche di crescita. Come la lesione viene isolata e contenuta dalla pianta con una nuova “pelle”, esponendola, così l’uomo deve guardare le proprie ferite, esporle per guarirle e sigillarle come fanno gli alberi, che pur non guarendo del tutto, superano il trauma; così per noi che siamo alberi. Eppure è dalla crisi, che in greco significa etimologicamente forte scelta, opportunità che si aprono nuove occasioni di crescita personale ed emotiva. La risoluzione del trauma passa così dalla presa di coscienza alla ripar-azione. Valentina Loffredo dà forma visiva a questa parte fondamentale del processo di guarigione, con il contenimento della lesione interna e il ritorno alla vita. Ambienta in una dimensione onirica e simbolica la scena. Usa la metafora della spiaggia e del mare per indicare il momento di impasse del trauma ed il passaggio verso la sua risoluzione. Usa simboli e archetipi, come la sabbia ed il mare, per raccontare la perdita di senso delle certezze (le boe arenate). La protagonista, una nuotatrice, inizialmente giace a terra con il volto nella sabbia – momento in cui è completamente nella ferita o nella maschera. Poi si rialza, con fatica: ha re-agito e ritrovato il senso delle cose. Le boe sono tornate al loro posto, in acqua. E lei può guardare di nuovo un orizzonte possibile. Ora consapevole. Riconosciuta la ferita e affrontatala, possiamo smascherarci e individuare il processo che ci blocca. Da lì inizia la rinascita e la metamorfosi dell’anima. Per trovare noi stessi ed accettarci per chi siamo, convivendo con le cicatrici delle nostre ferite emotive.
Veronica Gaido, artista versiliese, residente a Pietrasanta, rappresentata dalla Galleria Glauco Cavaciuti di Milano con la mostra L’amour et le divorce indaga il nostro presente, la vita e l’amore attraverso il corpo, sua grande attrazione proprio perché il nostro involucro, la nostra pelle, è lo strumento per abitare la complessità del reale e si configura come un’interferenza che ci salva, che ci sottrae agli automatismi della smaterializzazione in un mondo digitale fatto di pixel e codici. Del resto la fine del XX secolo resterà nella storia dell’arte, della fotografia – ma anche del diritto – come l’epoca in cui la riflessione giuridica ha dovuto riscoprire il corpo e considerarlo come “uno spazio e uno strumento per esercitare la propria libertà, la propria auto-affermazione in modo assoluto, irrinunciabile e indisponibile a compromessi” (Jean-Pierre Baud). L’artista parte sempre dalla letteratura come in Città invisibili tratto dal celebre testo omonimo di Italo Calvino, progetto con il quale debutterà il 9 maggio a New York presso il Consolato italiano. La particolarità della sua tecnica è l’aver fatto tesoro dell’’errore’ fotografico attraverso la sovraesposizione, utilizzando la camera come un pennello, quasi trascinando la mano in un effetto flou dinamico.
Da Antonia Jannone, galleria milanese, spiccano i Disegni di architettura, tema presente in quest’edizione come il motivo della città, opera finalista per il Premio BNL BNP Paribas di Marco Palmieri, 3PER9 del 2022.
Davide Maria Coltro con le sue pitture digitali è ormai un nome per la galleria Kromya di Verona che porta in scena un artista nuovo, italo-francese, ma nato a Londra, Michel Cogo, che utilizza una sorta di effetto collage, patchwork per ritrarre volti femminili secondo l’archetipo di Arcimboldo senza però fermare mai la sua ricerca. Instancabile sperimentatore, dotato di grande tecnica oltre che di inventiva: una volta assembla i fogli dell’agenda Molenskine pieni dei suoi disegni muniti che poi assumono impressioni completamente diverse diventando parti di un viso e di un insieme se si guarda la tela a distanza, in un’altra serie realizza un mosaico irreale a partire da parti di volti reali di persone diverse, alla ricerca del bello assoluto che si rivela ideale quanto inesistente; in un altro tipo ancora di intervento utilizza la penna grafica digitale per disegnare.
La galleria fiorentina La portineria porta la sua esperienza singolare che nasce appunto nella portineria di Palazzo Poli, riadattata nel febbraio del 2020 e resiste a confinamenti ed incertezze di un periodo buio mettendo a segno una quindicina di progetti e, in particolare, da ottobre scorso il progetto “Emerge” legato ai problemi artistico-attuali a cominciare dalla violazione dei diritti umani e in particolare delle donne in Iran. Una mostra che ha coinvolto l’intero palazzo fiorentino nell’allestimento ha incuriosito Mia Fair che ha invitato questa realtà in fiera. Cinque degli artisti della mostra toscana tra cui Zoya Shohoohi, Reza Heidari Shahbidak e l’artista che lavora sul corpo femminile, arrestata e rilasciata sotto cauzione che si presenta con lo pseudonimo Mali.Dikapa, sono presenti in mostra, per l’iniziativa For Iran.
Gilda Contemporary Art ha partecipato al tavolo T2 con l’ultima pubblicazione, il libro d’artista in edizione limitata di Silvia Serenari De Profundis a cura di Cristina Gilda Artese, Alessandro Trabucco e con i testi dell’architetto e professore Claudio Catalano. Il libro si presenta come un mantra visivo che conduce il fruitore all’esplorazione delle atmosfere dell’architettura e dell’arte come stati dell’animo. Il libro fa parte della collana editoriale Or Not, progetto indipendente che sostiene l’arte contemporanea attraverso la valorizzazione e la promozione delle singole identità artistiche e dei primi motori dell’arte, gli artisti. La Rivista bilingue di anomalie contemporanee, nata nel 2008 che ha visto negli anni dedicare spazio ad artisti che per formazione, ricerca ed obiettivi professionali non fossero necessariamente legati a dinamiche di mercato scontate o incanalate in precise proposte del momento. L’intento è dare voce e spazio ad artisti che si distinguano per una proposta fortemente identitaria raccontando, attraverso immagini e testi, il percorso dell’artista protagonista, sino ad arrivare alle più recenti evoluzioni. In ciascun numero vengono di volta in volta invitati a scrivere critici, storici dell’arte, giornalisti, ma anche scrittori o specialisti di materie e discipline in qualche maniera collegati con gli interessi e gli ambiti di approfondimento dell’artista. Ogni numero assume la veste grafica prescelta dall’artista in collaborazione con il graphic designer della rivista. Frediano Farsetti di Milano espone Antonio Biasucci, Piero Gemelli, romano classe 1952 con bel ritratto femminile e Luca Campigotto, finalista per BNL BNP Paribas con Lagazuoi Col dei Bos.
Tra le gallerie straniere, forte evidentemente la presenza francese, nell’ambito della quale abbiamo scelto la galleria parigina Galerie Courcelles dov’è esposto l’interessante lavoro di Vincent Descotils, noto in Francia, molto raffinato e pittorico, quasi delle miniature su marmo o stampa su carbone con dittici o pannelli che formano una serie soprattutto di ritratti femminili dal sapore antico anche per la tecnica di lavorazione manuale nella rifinitura dei particolari. Nato nel 1965 in Bretagna, è fotografo, visual artist, scenografo, designer, che lavora in molti ambiti performativi. Il suo universo ci conduce al limite della fiaba, là dove la donna è ancora bambina, minacciata dal divenire. Ci apre un universo onirico che vira sul nero, cogliendo le giovani donne in una dimensione di sogno. Le sue foto sono un universo in bianco e nero che evoca il sapore del tempo e il senso della memoria.
a cura di Ilaria Guidantoni